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giovedì 31 ottobre 2013

Zaccheo cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura...



Per questa domenica pubblichiamo in prima pagina due commenti al brano del vangelo: questo che vedete è il risultato delle nostre riflessioni del mercoledì sera; l'altro che siamo riusciti ad avere è di Padre Augusto Drago, da noi stimato troppo bello ed emozionante per cui lo proponiamo alla vostra riflessione. Potrete vederlo nel blog domenica.


Gesù e Zaccheo
Domenica 3 Novembre 2013

 

Dal vangelo di Luca 19, 1-10

Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di

nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non

gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e,

per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando

giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché

oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.

Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma

Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».


Mariella: Siamo di fronte ad una bellissima pagina di Vangelo che ci aiuta a comprendere meglio il meraviglioso rapporto d'amore che Gesù intesse con ciascuno di noi se solo sappiamo rivolgerGli lo sguardo.

Questa volta il Vangelo ci presenta Zaccheo,  un ebreo, funzionario delle tasse per i Romani, uomo ricco e odiato perché  sfrutta il popolo, i poveri in particolare, per arricchirsi.

Il vangelo non fa misteri sul suo passato tumultuoso: è un 'pubblicano', anzi 'capo dei pubblicani' che è come dire un grande peccatore pubblico.

Eppure quest'uomo 'piccolo di statura'  nasconde in cuore un desiderio segreto, che lo spinge a cercare una via d'uscita dalla propria umiliante e penosa situazione, vuole vedere Gesù.


Le folle però si accalcano intorno al Maestro, impedendogli di accostarsi a Lui. Non gli resta che una possibilità: arrampicarsi su un albero, elevarsi dalla folla per tentare di vederlo.

Lo vediamo salire su una pianta lungo la strada che attraversa l'oasi di Gerico; potremmo pensare che è gesto poco indicato per uno che dovrebbe mantenere un certo contegno.

Infatti,  probabilmente voleva vedere Gesù  senza esser visto.

Ma a Gesù nulla sfugge, lo vede, il suo è sempre uno sguardo intenso e coinvolgente, certamente lo stava cercando per primo, voleva incrociarne lo sguardo, voleva entrare nella casa del suo cuore, cambiare la sua vita, restituirgli la dignità di figlio!

Lo chiama addirittura per nome: “Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.


Tutto questo non passa inosservato neppure ai suoi compaesani, essi osservano stupefatti mentre scende dal sicomoro, e si avvia verso casa con il Maestro di Nazareth.

La meraviglia dei suoi "vicini" diventa critica e disprezzo, che non risparmia neppure Gesù: "è andato ad alloggiare da un peccatore!" dicono, mormorando contro quella nuova coppia di amici.


Gesù e Zaccheo entrano in piena sintonia. L'incontro con Gesù cambia la vita di Zaccheo. Gesù veramente non dice nulla ma questi comprende: «Ecco, Signore, dò la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto».

L'esattore delle tasse manifesta subito un impegno serio di cambiamento. Zaccheo vuole ricominciare, riprendere da capo e con criteri nuovi la sua vita. Vuole tornare ad essere una persona giusta, fedele a Dio e alla sua Alleanza.


Gesù coglie e conferma questa nuova disponibilità, e sembra suggellare la nuova nascita di Zaccheo: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa"

È lui stesso "la salvezza", il salvatore di tutti gli uomini, anche di noi oggi, che come Zaccheo desideriamo incontrare il suo guardo ed aprirci a vita nuova; abbiamo bisogno di ritrovare noi stessi nel silenzio di una intimità con Dio.  Gesù ci cerca, vuole venire a casa nostra!

Gesù aspetta solo che lo vogliamo, che prendiamo le distanze da quanto ci acceca e ci assorda, che saliamo un gradino più alto della mediocrità ricorrente, per percepire il sussurro dolce della sua voce che c’invita a cambiar vita.

Anche noi possiamo sentirci chiamare per nome e ripetere come a Zaccheo: oggi devo fermarmi a casa tua!

Siamo disposti a lasciarci salvare? a riconoscere il male presente nella nostra vita?



"Signore, mi riconosco 'piccolo di statura',

e talvolta ho quasi timore che questo

possa impedirmi di accostarmi a te.

Tu invece mi solleciti a spalancarti le porte

perché la mia povertà non ti spaventa,

vuoi prendere dimora presso di me,

vuoi inondarmi della tua gioia,

vuoi stabilirmi nella tua pace.

Chiamami per nome

e ancora una volta riconoscerò

la tua voce

fra mille inutili voci!




Enzo: Luca ritorna su un argomento che gli sta particolarmente a cuore: Gesù è venuto per cercare e salvare i peccatori…E questo è il messaggio del brano di Vangelo di domenica. La tolleranza  e la bontà di Gesù verso i poveri avevano spesso scandalizzato i benpensanti giudei, provocando reazioni indignate. Ma è  costui il messia che aspettavamo? Dov’è la gloria di Israele?

Luca tiene conto della situazione della Chiesa del suo tempo: la maggioranza dei giudei persisteva nel rifiuto ostinato del messianismo attuato da Gesù in favore dei poveri e degli emarginati.


Oggi,  molti si allontanano dalla pratica religiosa, dall’osservanza della Parola, diventano peggiori degli stessi giudei del tempo di Luca, almeno loro le leggi le rispettavano: oggi con le parole accettiamo la Parola ma con i fatti la rinneghiamo, forse dando preferenza ad un messia del benessere a tutti i costi, all’edonismo, al tutto facile, al tutto possibile. Non vediamo più, non sentiamo più la mano di Dio che bussa nei nostri cuori. Eppure Lui è qui…aspetta chi lo cerca per mostrargli le meraviglie, l’ amore del Padre: il Messia è venuto a cercare ciò che era stato perduto, oggi parla soltanto a chi veramente lo cerca.


Zaccheo, superando l’ostacolo della sua statura, sale su una pianta per vedere, conoscere quel Gesù di cui tutti parlavano. Oggi la nostra curiosità  è tale da superare ogni ostacolo pur di studiare, abbracciare la Parola?

Gesù premia la curiosità di Zaccheo, quella curiosità porta la salvezza: Oggi per questa casa è venuta la salvezza…


Gesù entra in casa nostra e  se cercato si autoinvita e siede a tavola con noi, fa comunione: il suo ingresso porta gioia, trasforma i cuori… rivoluziona la vita di chi l’accoglie… dà il potere di annunciarlo agli altri, a coloro che si contrappongono e giudicano la Parola.


Le parole rivolte a Zaccheo da Gesù sono rivolte anche ai presenti…. Sono rivolte a noi che ascoltiamo oggi la sua voce.

Con la frase conclusiva Gesù indica la sua missione di buon pastore che va in cerca della pecorella smarrita per riportarla all’ovile, com’era previsto dalle scritture:

Ez 34,16 “ Andrò in cerca della pecorella perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia”.


“Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto»: Gesù non disse e non dice ancora oggi che la sua missione è affidata a chi lo segue?


Ha scritto don Primo Mazzolari commentando questo testo: «Io posso anche non vedere il Signore: lui mi vede sempre, non può non vedermi. Io posso scantonare, lui no. L'amore si ferma sempre e viene inchiodato dalla pietà. Io guardo e mi scandalizzo, guardo e giudico, guardo e condanno, guardo e tiro diritto: lui mi guarda, si ferma e si muove a pietà».


E aggiungo: Lui è paziente, rispetta la mia libertà, la nostra stupidità!

 Anna: Due sono i momenti di meditazione che ho interiorizzato e ho riflettuto semplicemente  :

Zaccheo agisce in modo sicuro e deciso , non è pauroso , non dubita ,  sale su un albero per vedere Gesù  , è mosso da un grande desiderio creativo cercando una soluzione nuova. Corre Avanti in alto.

che bello questo movimento, questo atto, lo immagino … !!

Correre per primi , correre per  ottenere << il Tutto>> ,correre da Lui , come un bambino che non teme, che ama la sua mamma  e apre le sue braccia.


Zaccheo  è l’uomo  che ha detto a se stesso << voglio vedere il Suo  volto>>  :

Penso  al nostro modo di essere:  quante volte corriamo senza una meta , o verso una meta che non porta frutto ?

Quante volte pensiamo che il primo passo sia sempre dell’Altro?... Quante volte vedendo Gesù nell’Eucarestia  non facciamo tempo a vedere il Suo Volto ?


Quante volte non riusciamo a guardare in alto vedendo il nostro prossimo a casa, in famiglia ? Quante volte perdiamo la speranza senza guardare  in alto fiduciosi soli di noi stessi ?

Guardare in alto  è sentire dal profondo che la vita ha un senso vero se guardiamo prima che a noi stessi a quell’Amore  che vede prima noi cercandoci in una effusione <<tra Amante e Amato>>.

Gesù Ama  L’uomo  con le sue piccolezze , con il suo peccato con la sua povertà.


Credo che la bellezza, la grandezza di Zaccheo deve diventare la nostra: come ?

Prima dobbiamo incontrare Gesù e attendere nel silenzio del cuore per vedere nascere  la conversione.

E ‘ così che potremmo cenare sempre alla sua tavola con familiarità , con gioia per mettere nelle sue mani tutto il nostro cuor , le nostre speranze, le nostre attese la nostra vita sempre e incondizionatamente  ….

Il salmo  di Domenica ci incoraggia e corona il nostro Amore , la nostra preghiera, cantando con gioia  :

O Dio  mio Re voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre .


Giuseppe: Oggi “impariamo” il metodo Gesù per raggiungere la salvezza! Zaccheo, venuto a sapere che Gesù ha fatto ingresso nella sua città, sente risvegliarsi il desiderio di vederlo e sale su un albero.

La fede farà sì che Zaccheo smetta di essere un “traditore” al servizio di se stesso e dell’Impero, e divenga cittadino di Gerico, anzi lo trasforma “dentro”, non vuole più compromessi, situazioni che pongono distanze, baluardi tra lui e il Signore.


Così è pure successo a Bartimeo: quando il Signore gli concede la grazia che desidera, egli smette di essere un emarginato e si trasforma in protagonista della sua stessa storia, in cammino con Gesù,

non può più smettere di testimoniare e, per testimoniare fedelmente deve vivere “dentro” queste sue meraviglie.


Lo stesso con il racconto dell’emorroissa che, attraverso la sua fede viene a incorporarsi in una società che discrimina la gente “diversa”e non si fermerà più.


Così tutti i testimoni del Vangelo, i santi, i martiri che non hanno mai voluto tradirLo.


Ed ecco questo Gesù, che se ne va per città e paesi “facendo del bene”. Questo è Gesù, anche adesso, un Dio che vive nella nostra città, accanto a noi e ci aiuta a vincere quotidianamente le sfide che ci vengono poste.

E questo è anche il nostro “compito in classe” di ogni giorno che possiamo farlo solo se crediamo davvero, fino in fondo. E lui passa continuamente nella mia vita, mi parla e mi interroga, vuole farsi conoscere da me..


Ecco allora che:“Come Zaccheo, la buona notizia che il Signore è entrato nella città ci dà slancio e ci spinge a uscire per le strade”.

(tratto  da: Papa Francesco  dal libro “Gesù nella città” – ed. San Paolo).


Lui ci chiamò

con voce suadente,

non capivamo,

non dicemmo niente.

Ancora chiamò,

e ancora.

D’impulso il sì

noi dicemmo.

All’improvviso, però

per sempre

la nostra vita cambiò.





Mariella: vorrei completare  questa meditazione con una piccola osservazione:

quello che è fondamentale in questo incontro fra Zaccheo e Gesù, è la discesa dall'albero conseguente alla chiamata.

Finché restiamo sul ramo dell'albero, in perpetua ricerca,  riusciremo al più a soddisfare una curiosità, ma non a fare l'esperienza dell'Incontro che salva. Per questo Gesù ci chiama e ci chiede di scendere e di accoglierlo nella nostra casa, nella nostra vita.



lunedì 28 ottobre 2013

Festa di tutti i santi, di tutti coloro che hanno creduto e credono in Gesù



Festa di tutti i santi, 1 novembre 2013

 
I santi non sono solo quelli che vengono "ufficialmente proclamati tali dalla Chiesa", ma anche quelli che già fin da questa terra spargono nel mondo il buon odore di Cristo.

Proponiamo per la festa di tutti i Santi, che celebriamo il primo Novembre, un commento di Padre Augusto Drago: in altre occasioni pubblicheremo altri suoi commenti in questa pagina e altri suoi scritti nella pagina a lui riservata. 
Dal vangelo secondo Matteo 5, 1-12


In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi
perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni
sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è
la vostra ricompensa nei cieli».


Parola del Signore !



Fratelli e sorelle, pace a voi. Anche quest’anno apriremo il mese di Novembre
celebrando la solennità di tutti i santi.
Che cosa significa questa celebrazione?
Dobbiamo chiedercelo seriamente, anche perché, nella mentalità comune, questa celebrazione
altro significato non ha, se non quella di ricordare i santi, che durante l'anno liturgico non
hanno avuto una celebrazione propria.


Invece il primo giorno di novembre celebriamo un grande mistero.
Ricordate cosa recitiamo nel Simbolo degli Apostoli? Nell'ultima parte, verso la fine,professiamo:

"Credo la santa Chiesa cattolica, LA COMUNIONE DEI SANTI, la remissione dei peccati...la
vita eterna" Dunque celebrare i santi significa entrare dentro il mistero della Chiesa.
Essa, come ci ricorda il Catechismo della Chiesa universale al numero 954 e seguenti, ha tre
stadi:


- c'è la Chiesa pellegrina ancora nel mondo e che cammina nel tempo, aspettando il Suo Signore;

- c'è la Chiesa di coloro che vivono in uno stato intermedio, in attesa di purificazione prima di
essere ammessi dinanzi al Volto del Signore.
Questa è la Chiesa "purgante" costituita da coloro che sono ancora nel "purgatorio" in attesa
di ulteriore purificazione.

- C'è infine la Chiesa della Gloria: essa è costituita da coloro che già, pienamente purificati, sono eternamente ammessi alla visione beatifica di Dio.



Questi tre stadi del mistero della Chiesa non costituiscono tre "Chiese diverse": ma sono un
unica ed indissolubile Chiesa.
Da qui nasce quella che in ecclesiologia si chiama "Communnio sanctorum", la comunione
dei santi. Per mezzo del Battesimo tutti siamo stati santificati in Cristo perché ci siamo rivestiti di lui.
Ma questa santità, che già possediamo, va ricostruita giorno per giorno soprattutto attorno al mistero Eucaristico.

Conseguentemente c'è il cristiano in cammino e pellegrinante, bisognoso di essere sostenuto
nel suo cammino, c'è il cristiano che, lasciata questa terra di esilio, prima di essere ammesso
alla Gloria di Dio ha bisogno di purificarsi.


Questi cristiani hanno bisogno della preghiera dei cristiani ancora itineranti.


Poi c'è il cristiano, che già purificato, contempla il Volto della Bellezza del Signore e diventa un orante che intercede per i fratelli ancora in cammino.
Questa è la Comunione dei Santi.

Domani celebriamo questo grande mistero: la comunione dell'unica Chiesa.
Se ne deduce che non può esistere una vera devozione ai santi senza prima sentirsi dentro
questa profonda comunione.


Mi piace moltissimo questa solennità: sento vibrare nel mio cuore la gioia dell'unità della Chiesa nel suo mistero di luce e di salvezza. Cristo sta al centro di questo mistero: Lui e solo Lui è la gloria della Chiesa.


Detto questo, per me molto necessario per vivere bene la solennità dei Santi, vorrei aggiungere altre interessantissime considerazioni.

Chi sono i santi? Quelli che sono già in cielo e contemplano il Volto di Dio?
Certo! Ma non solo essi.
Tutti noi siamo chiamati, in virtù del Battesimo a divenire Santi ad imitazione del Santo che ci
ha chiamati. Dunque celebriamo anche il ricordo della nostra chiamata alla santità.
Quelli che hanno raggiunto ormai la meta, in cielo, diventano non solo i nostri intercessori, ma
sono anche il "modello" su cui modellare il nostro cammino. Essi sono icone di santità, davanti alle quali siamo chiamati a ricordare l'urgenza di diventare quelli che loro già sono. La santità allora comincia su questa terra.


La strada ci è indicata dalla grande pagina del Vangelo che proclameremo, quella delle Beatitudini.
Camminando su quella via, quella delle Beatitudini del Regno, arriveremo, già fin da adesso, a
costruire la nostra santità. I santi non sono solo quelli che vengono "ufficialmente proclamati
tali dalla Chiesa", ma anche quelli che già fin da questa terra spargono nel mondo il buon odore di Cristo.

Fratelli e sorelle, soltanto i santi, quelli che hanno abbracciato le Beatitudini come programma di vita, cambiano il mondo. Essi rigenerano l'umanità.
Essi sono capaci di cambiare il corso delle cose.
Essi segnano le grandi svolte della Chiesa terrena, rivelandone il Volto.
I Santi salvano la Chiesa dalla mediocrità, la riformano, la indirizzano verso ciò che deve
essere.


I pagani di oggi non potranno essere evangelizzati che dai santi, gli uomini e le donne
delle Beatitudini.


Non c'è Parola più forte per fare udire ai sordi La Parola, non c'è luce più splendente per far
rivedere agli occhi il Sole!
I Santi, gli uomini e le donne delle beatitudini, sono rimasti i più umani tra gli uomini, poiché la luce di Cristo ha penetrato la loro umanità.



Giovanni Paolo II, un giorno, durante un raduno di giovani, lanciò un grido: "Diventate santi per la gioia di Dio e la felicità degli uomini!" "Non abbiate paura di diventare santi !"
I santi, uomini e donne delle Beatitudini, sono il Vangelo in carne ed ossa.
La loro luce penetra la mia carne come diceva uno scrittore russo esiliato in Francia:
"Visto dall'alto, un santo è tutto intessuto di luce, visto dal basso, non cessa mai di lottare!"
In questa maniera le beatitudini passano dalla partitura scritta all'oratorio cantato, come
affermava Daniel Ange, alla danza della vita.


Ognuno con il suo strumento, nell'immensa orchestra della Chiesa.
Essi, uomini e donne delle Beatitudini, traspongono il tema unico musicale nella vasta gamma del quotidiano.

Fratelli e sorelle, vuoi essere tu, voglio essere io, donna uomo delle beatitudini?
Aspettando cieli nuovi e terra nuova, per prepararne l'avvento, affrettarne il Giorno:
noi non saremo dei santi isolati, diventeremo santi insieme. E per diventarlo canteremo, ascolteremo, veglieremo: la preghiera non si estingue.


Staremo di guardia, profetizzeremo, testimonieremo: La verità non si avvizzisce.
Noi giocheremo, danzeremo, ameremo:
L'amore non è mai stanco! Tutto questo lo vivremo come fanciulli. L'avvenire, quello di Dio e quello degli uomini, non spetta ai fanciulli.

Riceveremo la nostra infanzia nuova: l'infanzia non appassisce. La gioia di vivere le Beatitudini ce la scambieremo gli uni gli altri. La doneremo a Dio.


Non deluderemo la sua speranza. La soddisferemo a pieno. Lasceremo che ci riempia: la santità non si sciupa! E regale sarà la nostra gioia!
Per conservarla, la trasmetteremo: la gioia non invecchia! Un giorno, in Dio, saremo come Lui, santi: Gioia eterna!

Fratello e sorella, affascinate tutto questo! Facciamoci attrarre da questa bellezza, da questa
chiamata. Diventiamo uomini e donne delle Beatitudini e domani, celebrando la nostra festa,
celebreremo anche la possibilità di diventare anche noi santi, oggi, adesso! Amen!

Padre Augusto Drago

NB:  Nella pagina di Padre Augusto Drago potrai trovare un commento esegetico al brano delle Beatitudini...Buona lettura!!

giovedì 24 ottobre 2013

Io non sono come gli altri uomini...




Parabola del Fariseo e del pubblicano
Domenica 27 Ottobre 2013-10-19



Dal Vangelo secondo Luca 18,9-14 : non sono come gli altri uomini…

Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di
essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare:
uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé:
 “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri,
e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le
decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza,
non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
 Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

PAROLA DEL SIGNORE!

Enzo: Chissà quante volte abbiamo letto o ascoltato questo brano, tanto da saperlo quasi a memoria.

Gesù racconta una parabola, un esempio per fare capire l’atteggiamento da tenere nella preghiera. Gesù non ci carica sulle spalle tutto in una volta: sapientemente ci ha insegnato cos’è la preghiera, come pregare. Con questa parabola faremo nostro l’atteggiamento da tenere durante la preghiera.

Ma ciò che colpisce che ancora, dopo tanti anni, dobbiamo riconoscere che non abbiamo fatto nostri i suggerimenti di Gesù.


Pessimismo?...No.

La debolezza umana è sempre presente in noi come presente è l’infinita misericordia di Dio. Debolezza e misericordia che dobbiamo riconoscere: (debolezza nostra) e ad essa ricorrere (misericordia divina) per progredire nella nostra vita di preghiera.


Non dobbiamo fare nostra la convinzione dei farisei di essere persone giuste: è una pretesa che ci spinge ad essere giudici degli altri, a santificarci da soli, rifiutando inconsapevolmente la giustificazione divina, adottando un atteggiamento farisaico, vivendo una religiosità distorta.


Il fariseo, il giusto!  non è giustificato perché a forza di osservare la legge alla lettera e anche più, ha trascurato il comandamento più importante quello di amare Dio e il prossimo.

Gesù porta come esempio il pubblicano per ribadire che la giustificazione è un dono gratuito che solo Dio può dare., “ Io vi dico…”, Dio che vede nei cuori esalta l’umile e umilia, condanna il superbo.

Dal cuore umile, che sa riconoscere le proprie debolezze, scaturisce  la vera preghiera che giustifica,  rende giusti dinanzi a Dio dando la forza per rovesciare la situazione di peccatori e cambiare strada.


La preghiera che nasce dalla nostra debolezza diventa contemporaneamente forza che ci distoglie dalle tentazioni terrene e ci avvicina sempre di più a Dio e ai fratelli. Il fariseo e il pubblicano della parabola erano  vicini , tutti e due nel tempio, tutti e due pregavano, ma non facevano comunione:c’era disprezzo e presunzione nel primo e nel secondo una sincera preghiera personale, umile, desiderosa di cambiare vita.


Credo che al Signore piacerebbe se noi ogni volta che preghiamo ci ricordassimo di parlargli del nostro prossimo…. Ma non come il fariseo che voleva essere premiato, non come il pubblicano che pensava soltanto di essere perdonato…

Ecco perché Gesù ci ha insegnato a dire: Padre nostro…E’ una preghiera tutta al plurale…che ci impegna in prima persona.


Mariella:Anche in questa domenica la Parola di Dio ritorna sul tema della preghiera.

Domenica scorsa Gesù sottolineava due caratteristiche  essenziali della preghiera: la perseveranza e la fiducia. Oggi mette in luce un'altra indispensabile caratteristica: l'umiltà.

Infatti qual è la condizione necessaria perché la preghiera arrivi a destinazione? Solo l'umiltà fa sì che la preghiera oltrepassi le nubi e apra le porte del Cielo.

Per mettere a fuoco l’atteggiamento giusto col quale rivolgersi a Dio ed esaminare invece la posizione sbagliata da non imitare assolutamente, Gesù  ci mette di fronte  due differenti personaggi, il fariseo ed il pubblicano, molto diversi fra loro.



Il fariseo appartiene alla categoria più stimata ed influente, è un osservante scrupoloso della Legge, per questo viene considerato dalla pubblica opinione un modello di perfezione religiosa.

Incontrerebbe anche lui lo sguardo del Signore se solo sapesse chinarsi quel tanto che basta per riuscire a battersi il petto: allora diminuirebbe il suo "io" e forse vedrebbe Dio,

ma il suo sguardo è “oltre”, guarda sempre troppo avanti, sta troppo dritto, è troppo sicuro di sé!



Dall'altra parte il pubblicano, cioè un esattore delle tasse, appartenente alla categoria di uomini considerati strozzini, odiati da tutti e ritenuti pubblici peccatori perché sfruttavano la loro posizione sociale a proprio vantaggio.

A differenza del fariseo, lui sa di non meritare il primo posto di fronte a Dio, resta in fondo, non ha nulla di buono da presentare a Dio e neppure pensa a confrontarsi con altri, come fa il fariseo

Sa che la sua posizione è di un'estrema gravità s’inchina umilmente, si apre al Signore dando libero sfogo alla sua pena interiore, riesce solo a dire: "Pietà di me, peccatore".



Scopre che la sua supplica incontra l'amore di un Padre che si china su di lui e lo perdona.

Il pubblicano diventa esempio del vero credente, che non confida in sé, ma in Dio soltanto.



La conclusione "Chi si esalta sarà umiliato  e chi si umilia sarà esaltato" riprende l'affermazione, più volte ripetuta nel Vangelo, che l'umiltà tocca il cuore di Dio.

Come giustamente diceva Enzo sono tante le forme di fariseismo che minacciano la vita del cristiano e sulle quali dobbiamo vigilare:

il volere apparire più che di essere,

il  partecipare assiduamente al culto senza che questo però cambi il cuore e incida sul modo di vivere e agire,

il ritenersi autosufficienti e non invocare l’aiuto e la guida del Signore,

il ritenersi persone per bene che non hanno nulla da rimproverarsi rinunciando a quel minimo di inquietudine che ti costringe a pesare la propria miseria…



L’elenco potrebbe continuare all’infinito!

È una grazia saper riconoscere le contraddizioni ed i limiti della nostra umanità e permettere al pubblicano che è in noi, di rivolgere al Signore la sua invocazione sincera, umile e fiduciosa

Proviamo a chiederci: Gesù, guardando il mio modo di pregare, di pensare e di agire, mi collocherebbe nella categoria rappresentata a livello spirituale dal pubblicano o in quella rappresentata dal fariseo?




Annamaria: Mi è piaciuto un passaggio di mariella quando dice: “il ritenersi persone per bene che non hanno nulla da rimproverarsi rinunciando a quel minimo di inquietudine che ti costringe a pesare la propria miseria…l’elenco potrebbe continuare all’infinito!”

Intendo in particolare la “propria miseria” che tradurrei con la povertà.

Cioè non solo quella materiale ma soprattutto quella che ci dà la possibilità e la consapevolezza di essere dei salvati.

Il pubblicano è consapevole della sua "povertà": ed è questa consapevolezza che gli fa sgorgare dal cuore "O Dio abbi pietà di me...." ecco che allora entra in comunione col Signore e con la Sua Grazia.

Questa è l'inquietudine che ci  dovrebbe essere compagna di vita.


Giuseppe: Sedevo, ieri l’altro in fondo alla mia chiesa, nella penombra. Tutto era pronto per un funerale. E io meditavo sul vangelo di domenica prossima e mi chiedevo: Sono io abbastanza pubblicano per essere gradito al mio Signore?

Perché io credo che è solo  nell’intimità più nascosta e sincera che noi possiamo trovare la risposta.



Oh mio Dio io sono peccatore e mi pento, io sono nulla rispetto al Tutto che sei tu. Ciò che dico, avvolto nella penombra  del tempio sacro, è un silenzioso dialogo formale?

Oppure il mio pentirmi è così forte e reale da coinvolgermi profondamente, da farmi cambiare strada, da accettare pure l’ironia del prossimo per amore del mio Signore? E provo amarezza, solitudine antica, ormai.

E mi ritrovo a giudicarmi, a definire la mia una fede imperfetta. So bene chi io sia, purtroppo, io che trovo sempre il sistema più comodo, lo vedo davanti agli occhi che faticano ad aprirsi a Dio.



Questa pagina del vangelo devo meditarla più spesso, non basterà nemmeno impararla a memoria perché prevede un mio diverso modo di agire e di pormi davanti al mondo, senza mai giudicare ma sempre operare secondo i consigli che segretamente il Signore ci sussurra continuamente alle orecchie dell’anima.



 E penso alla famiglia che Dio mi ha dato e continua ancora nella mia unica figlia rimasta.  Avrò insegnato un po’ di umiltà, sono stato io capace di far vivere nella mia famiglia la gioia semplice, quella che dona il Signore?

Quanti pensieri, quanti problemi ci poniamo noi, Gesù!

E non la smettiamo, mai contenti di ciò che abbiamo fatto perché moltissimo abbiamo ricevuto gratuitamente da Te!

Hai ragione dolce amica Teresa che in Avila vivesti accanto al tuo Sposo: “Solo Dios basta!”  Già, solo Dio, ma quanto è difficile!


Anna: Il Brano del Vangelo di stasera  di Luca  ci  immerge nella realtà di Gesù : tre parole mi fanno capire come ogni uomo per Essere Figlio di Dio ha bisogno di rivedere e cambiare il suo modo di vivere ,  tutto il suo essere, se desidera stare con  Gesù ed essere suo discepolo :

Io – tu – peccato... tre  paroline che cambiano la nostra vita .



Rifletto e penso alla  vita di tutti i giorni , nel nostro parlare , nei nostri atteggiamenti: quante volte iniziamo col dire …<< Io ho fatto – io dico – io decido – io sono – io  ho pensato  ….. e nel nostro discorso vogliamo vincere la partita con chi ci ascolta … io ho sempre ragione …io faccio così senza nemmeno  interpellare l’altro, senza neppure saper aspettare che l’altro ci ascolti …. questo capita nella  vita di coppia , nel rapporto con i figli ,  nella scuola  tra gli insegnanti , nelle relazioni con chi ci sta accanto,  nelle Parrocchie nei consigli Pastorali , tra catechisti



Gesù ci insegna  un’altra Parola: << il tu>> la parolina più antica del mondo <…. tu abbi pietà...>>

<< Il tu > è una parola di unione, di confidenza, ci mette a nostro agio, è familiarità e Gesù lo sa bene … 

Il Tu avvicina ogni uomo al Padre sapendo di  Essere Amati e di Amare  ,

Vita e preghiera percorrono la stessa strada in un incontro vero profondo  che solo Dio sa riconoscere nel silenzio in un intimità sublime  dove l’anima della creatura si fa Uno col Creatore e diventa Preghiera .



<<Peccatore>>  la terza parola : . In essa è riassunto un intero discorso: 'Sono debole, non sono degno, così non sto bene, non sono contento;  vorrei tanto essere diverso, ci provo ma ancora non ce la faccio; e allora  <<tu> perdonami  e aiutami! Donami Misericordia e Perdono, insegnami a cambiare …



Allora bussando alla porta del cuore di Dio  Onnipotente ed Eterno incessantemente   troviamo conforto e consolazione e pace interiore e un cuore aperto che sa rincominciare e diventare sempre Nuovo


Enzo: “Il pubblicano è un vero esempio del credente”,  ma era solo una parabola. La risposta di Gesù è per noi. Ad ognuno di noi capire e fare nostre le parole di Gesù. E' l'inquietudine di cui ci parlava Annamaria, per trovare in Dio " conforto e pace interiore e un cuore aperto che sa sempre ricominciare e diventare sempre nuovo" (Anna).


Annamaria: “ Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti”.

dal salmo 33

Anna: Benedirò  il Signore in ogni tempo sulla mia bocca sempre la sua Lode, questa è la risposta ad ogni spirito affranto.

Mariella: Bellissima conclusione per questa serata di meditazione: ci apre alla lode, al ringraziamento, alla fiducia nella Misericordia del Signore


Giuseppe: ... E nello zaino, Ti porterò per sempre con me!


Mariella: A noi è chiesto di farci piccoli, umili, poveri in spirito, bisognosi di perdono, il Signore riscatterà la nostra vita!

mercoledì 16 ottobre 2013

La vedova e la giustizia di Dio




La vedova e la giustizia di Dio

Domenica 20 Ottobre 2013





Dal Vangelo secondo Luca 18,1-8 La vedova e la giustizia di Dio


Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi
mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per
alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva:
“Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma
poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcun  dato che
questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga
continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice
il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno
e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro
giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla
terra?».

Parola del Signore!

Enzo: Questo brano è collegato direttamente a quanto Gesù aveva detto precedentemente ai suoi discepoli riguardo alla fine dei tempi, l’avvento del Regno dei cieli.

La situazione e lo stato d’animo della  vedova potrebbero essere i nostri, il Giudice Dio. Il senso di questo brano lo troviamo in due frasi di Gesù: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto” e “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».


Ascoltate! Ascoltare per conoscere, capire bene il significato del nostro rapporto di cristiani con Dio Padre, conoscere il nostro giudice, Gesù, e poi confrontare la nostra vita con l’episodio della vedova e il giudice.

Ci è lecito guardare all’insistenza della vedova e copiarne l’atteggiamento?

La vedova fa una richiesta ben precisa: "Fammi giustizia...". Quale giustizia ci aspettiamo da Dio in questa terra e nell’aldilà?


Ascoltiamo e prestiamo attenzione: nel brano appena letto Gesù dice che gli eletti di Dio gridano giorno e notte  verso di Lui. Cos’è questo gridare?  Ci riteniamo eletti? Come gridiamo? Il nostro grido è lamentela o richiesta umile?

La vedova debole, fragile, ha vinto con la sua insistenza sul giudice onnipotente, arbitrario, disonesto: siamo capaci di gridare con insistenza al nostro Giudice?

Credo che a Dio non piaccia la parola giudice essendo Lui Amore. Quel grido che siamo invitati a lanciare notte e giorno avrà una risposta “prontamente”, parola di Gesù!, “Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente”,  risposta amorosa sempre, a meno che la nostra libertà non lo obblighi a dare un giudizio negativo  nei nostri confronti.


La giustizia di Dio non è come la giustizia umana. Quella di Dio è giustizia di un padre affettuoso, che dona serenità, che rende giusti e santi coloro che a Lui si rivolgono con umiltà, poveri di spirito, certi, sicuri di essere esauditi confidando nella sua infinita misericordia.

Ecco l’invito di Gesù ad una vera  preghiera, una preghiera che grida incessantemente in attesa della sua seconda venuta, grido di attesa e di speranza. Desideriamo veramente  congiungerci a Lui e attendiamo serenamente la sua venuta quando accadrà?


Una preghiera che grida: non è una preghiera tornacontista che sempre chiede e basta. La preghiera di richiesta o qualsiasi altro tipo di preghiera deve dialogare, esporre a Dio la nostra povertà e i nostri limiti  affinché ci facciamo conoscere e farlo intervenire e prestarci l’aiuto, darci la grazia di accettare le sue decisioni, ringraziare, adorare, perché tutto ci viene da Dio!


E quando preghiamo per i fratelli, preghiera comunitaria, gridiamo le loro situazioni, spieghiamo il loro stato di famiglia, sociale, politico, i loro problemi e ciò che li affligge, le cause insomma della loro sofferenza. Solo così possiamo essere credibili e accetti a Dio. E’ vero che Dio conosce ogni cosa ma Lui vuol sentire la nostra voce che parla e invoca per i fratelli,  voce che ama aiuta.


Ricordiamoci, quando preghiamo, che siamo figli suoi e non ”schiavi”, “figli eletti”: Dio si commuove quando veramente e affettuosamente lo chiamiamo “Padre!”, ci fa sentire il suo abbraccio, la sua approvazione.


In questa prospettiva dobbiamo ascoltare le ultime parole del brano di domenica prossima: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”

Questa frase di Gesù ci richiama alla motivazione di questa parabola che Luca introduce così:” “Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”.

L’importanza della preghiera come atteggiamento necessario nel tempo che  precede la seconda venuta di Gesù, preghiera vigilante e perseverante che testimonia una vita cristiana che continua a resistere e ad agire, segnata dalla certezza  della presenza di Dio in mezzo a noi: Gesù ci vuole gente di Fede!  


Tempo di attesa dunque, (“non conoscete né il momento né l’ora”), attesa di veglia e di preghiera, tempo per dare “ fiducia a Dio anche quando non comprendiamo, come Maria, Madre di Dio e nostra per farsi sorprendere da Dio” (Papa Francesco): solo così il Figlio dell’uomo troverà ancora fede quando verrà.


«Pregando, non sprecate

parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole» (Mt 6,7).





Mariella: vorrei sottolineare solo poche semplici cose:

Già domenica scorsa nel Vangelo era presente la preghiera nell’espressione del ringraziamento;

questa domenica ritroviamo la preghiera ma nella veste di domanda fiduciosa e perseverante.Il tema dominante tuttavia è la fede, fede che è in stretta unione alla preghiera, fede che si alimenta attraverso la preghiera e si trasmette con l'aiuto della preghiera, preghiera che sostiene e aumenta la fede, la apre ad orizzonti di speranza cristiana, orienta le nostre scelte e si affida al cuore di Dio.


In questo brano è chiaramente visibile che senza preghiera la fede si spegne, perché nella preghiera c'è l'essenza della speranza, senza speranza la fede si spegne, senza speranza non c'è perseveranza.

La preghiera, contrariamente a quanto possa sembrarci, ottiene sempre una risposta divina e non tiene lontano Dio dalle nostre ansie e dalle nostre difficoltà. Piuttosto lo rende partecipe dei nostri problemi per cui Egli si compiace di intervenire a nostro favore, non importa se molte volte questo avviene in modalità differenti da quelle che noi comunemente ci aspettiamo.


Quando noi preghiamo sappiamo che ad ascoltarci c'è un Padre, un Padre che ci dà ciò di cui abbiamo bisogno nel nostro cammino di santità.

Possiamo certamente ritornare a ricordare la frase chiave del Vangelo di due domeniche fa:  "Signore, accresci la nostra fede!"

Ecco dunque che se manca la preghiera inevitabilmente il lume della fede nel mondo va spegnendosi.


Altra cosa che mi preme sottolineare è questa. Gesù dice: “ascoltate ciò che dice il giudice disonesto”. Perchè lo definisce "disonesto"? Credo di poter dire che il significato possa essere racchiuso nel fatto che questo giudice agisce ed opera in termini puramente umani e razionali, senza appellarsi a Dio

Noi non otteniamo perché combattiamo contro le ingiustizie, ma non chiediamo l'aiuto per ottenere giustizia.

Il buon esito dell'insistenza si fonda non sull'andare contro, ma sul vivere " per "combattere quindi per la giustizia.

Essere giustizieri nel mondo di oggi è facile, ma non porta a veri valori, non siamo noi a dover fare giustizia: ci gratifica soltanto momentaneamente.  Quel che dobbiamo fare è pregare il Signore, perché con il Suo aiuto avvenga il Regno di Giustizia: solo a queste condizioni la giustizia sarà sorgente benefica di pace per tutti.



Enzo: non ho capito questa frase:”Noi non otteniamo perché combattiamo contro le ingiustizie, ma non chiediamo per ottenere giustizia”, potresti spiegarla?

Mariella: sì, semplicemente volevo dire questo: noi confidiamo a volte più sulla giustizia umana e trascuriamo invece la necessità essenziale di ottenere giustizia secondo il volere di Dio ossia  mediante  la preghiera; è la preghiera che deve portarci alla giustizia.




Anna: Stasera Gesù attraverso questa Parabola ci offre tante belle perle preziose per cambiare il nostro rapporto, l’atteggiamento  con Lui e con il nostro prossimo .

Il primo punto è la  relazione che dobbiamo tenere con lui , con il Padre e lo Spirito Santo Amore attraverso  la Preghiera che è espressione di Fede, alimentata dalla Parola e dai Sacramenti

Gesù ci insegna a pregare sempre  e ci indica anche il modo ….“Quando Pregate dite Padre Nostro che sei nei cieli”…. Questa  preghiera rivolta al Padre è  la più completa, la più bella in assoluto  e la possiamo dire veramente tutti…perché ci accomuna come Figli dello stesso Padre nell’Unità tra tutti i popoli del mondo  .

E’ una preghiera  di lode al Padre alla quale noi ci inginocchiamo  per dire a Lui quanto  siamo piccoli e quanto desiderio , bisogno abbiamo di essere trasformati dal Suo Amore .

Se ami qualcuno  lo ami sempre , qualsiasi cosa si faccia : lavoro, studio, faccende di case , sul tram …. perché  il sentimento non cambia, cambia  solo l’espressione del sentimento.


Quante volte mi è capitato di ascoltare alcuni genitori che disperati mi dicono << Sai io prego ma non vengo mai esaudita >>

Dio Padre non è un dispensatore delle nostre richieste ….  Non è un Mago ….

Egli sa  di cosa ognuno ha bisogno: Fare la Sua Volontà  ( Nel Padre Nostro diciamo Sia Fatta la tua Volontà) significa esaudire Le sue parole …    per essere sempre donatori, per avere sempre costante il Suo sguardo Materno e Paterno presente nel nostro cuore .


Un  altro punto che mi ha colpito in questa parabola  è la stima che Gesù  ha per una  vedova,  una donna, sola che ha sofferto, che non si arrende all’ingiustizia, ma che  si pone di fronte alla Verità  con sicurezza , fede , speranza e decisione  . La vedova domanda giustizia  a chi amministra la giustizia e chiede al giudice di essere se stesso.

Beato l’uomo che retto procede e non entra a consiglio con gli empi  …..L ’incoraggiamento,  l’andare controcorrente in tutto e per tutto ed essere cura, sollievo pronto soccorso per chi è più debole di noi attraverso la nostra testimonianza .


Giuseppe:


Non parole, Signore,
non solo parole.


Giustizia ti chiedo
E Tu ben lo sai.
È il Tuo perdono
la giustizia che chiedo,
uno sguardo veloce,
della Tua veste il fruscio,


ne farò un dono
per gli altri
che alla Tua porta
bussare non sanno.


E dentro il mio cuore
suoneranno campane.


Io stanco, felice,
a Te giungerò,
sereno sarò.
E Tu, io lo so,
Tu l’aprirai,
quella porta


Misericordia sarà,
per gli altri,
per me.



"La preghiera fiduciosa e continua, non si preoccupa tanto dei risultati, cioè di ciò che sono i frutti della preghiera, quanto piuttosto godere della comunione che si crea tra chi prega e Dio cioè il fondersi in Dio, questo è il vero frutto della preghiera, al di là dei risultati ottenuti! ( Padre Augusto Drago)

«Pregando, non sprecate
parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole» (Mt 6,7).






Per un ulteriore approfondimento vi rimandiamo alla pagina di Padre Augusto Drago in questo blog, dove fra l'altro potete conoscere da un trafiletto, preparato da Mariella, chi è questo sacerdote che ci terrà spesso compagnia con i suoi articoli e riflessioni evangeliche.