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sabato 25 giugno 2016

Il vero discepolo dimentica il passato ed è proteso verso il futuro


La sequela di Gesù non sopporta rinvii, né distrazione, né uscite di sicurezza

Tredicesima domenica del T.O - Anno C

INIZIO «DEL VIAGGIO VERSO GERUSALEMME»




Dal vangelo secondo Lc 9,51-62

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Parola del Signore!


Enzo: Ritengo necessaria una premessa al brano per meglio capire il contenuto della prima parte.

Luca ha iniziato il racconto della missione pubblica di Gesù con il rifiuto degli abitanti di Nazareth, suoi paesani (Lc 4,16-30). Ora introduce il viaggio dalla Galilea, dove l'attività di Gesù si era conclusa, verso Gerusalemme dove l'attende l'“ora” che porrà fine alla sua missione:“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto”, cioè crocifisso.
Durante questo percorso doveva attraversare la Samaria, zona nemica da secoli di Israele per motivi religiosi: qui andrà incontro al rifiuto dei samaritani.

L’inimicizia fra giudei e samaritani era di lunghissima data. Sargon II aveva conquistato Samaria, capitale del Nord nel 722 a. C. Secondo il costume politico degli Assiri, egli aveva deportato gli abitanti del luogo sostituendoli con popolazioni straniere. Si parla di questo in 2 Re 17,24ss: Il re di Assiria fece venire gente da Babilonia, Chuta, Avva, Camat, e Sefarvàim: fece dimorare tutta questa gente nella regione di Samaria al posto dei figli d’Israele. Presero possesso di Samaria e abitarono nelle loro città”.
I nuovi arrivati, secondo il costume dell’epoca, accettarono il Signore, il Dio venerato da Israele, ma nello stesso tempo continuarono ad adorare i loro idoli (2 Re 17, 34-41).
L’ostilità trova dunque la sua ragione nella diversità di razza e nel sincretismo religioso. Gli avvenimenti successivi non hanno fatto altro che accrescere questa ostilità già esistente.
I giudei nel 538 a. C. tornano dall’esilio babilonese e i samaritani offrirono il loro aiuto per la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, ma Zorobabele, Giosuè e gli altri capi dei giudei risposero sdegnosamente: “Non c’è nulla tra voi e noi perché edifichiate una casa per il nostro Dio; noi soli dobbiamo edificarla per il Signore Dio d’Israele, come ci ha comandato Ciro, re di Persia” (Esdra 4,3).
Infine l’ostilità fu totale quando i samaritani costruirono un loro tempio sul monte Garizim nel 325 a. C.
Dopo questa nota storica, torniamo al racconto che l'evangelista Luca ci propone.

Gesù si incammina deciso, “mandò messaggeri davanti a sé”: si tratta di Giovanni e Giacomo. Chiedendo ai discepoli di preparare la sua venuta in un villaggio di samaritani, Gesù rompe l’ostilità giudaica nei confronti di questo popolo dal sangue misto, che aveva il Pentateuco come Sacra Scrittura, ma il culto locale del Garizim costituiva una sfida permanente per il tempio di Gerusalemme.

Il villaggio samaritano nega l'ospitalità a Gesù. I due discepoli reagiscono come se avessero ricevuto un torto personale e si sentono investiti dello stesso furore di Elia, il quale per essere riconosciuta la sua missione di uomo di Dio, aveva fatto scendere il fuoco dal cielo che aveva divorato un centinaio di uomini mandati ad arrestarlo.

Gesù non è d'accordo con questo atteggiamento e rimprovera i discepoli perché non comprendevano assolutamente nulla della sua missione e del suo insegnamento di amore verso i nemici.
I samaritani infatti rifiutano non tanto la persona di Gesù, quanto piuttosto Gerusalemme, avendo saputo che la destinazione del suo viaggio era appunto Gerusalemme.
Ricordo che Gesù parlerà bene dei samaritani, come rivelano la parabola del buon samaritano e l'episodio del lebbroso samaritano che torna a ringraziare Gesù.

Nella seconda parte del brano Luca parla invece della sequela di Gesù, come essere in sintonia con lui. Inserendo questo episodio nel contesto del cammino verso Gerusalemme, Luca fa emergere l'esigenza che il discepolo segua il maestro incondizionatamente sulla via della croce,ad imitazione del Maestro.. Al rifiuto dei samaritani seguono tre parole di Gesù sulla sequela, parole che colpiscono per la loro particolare radicalità.

Proseguendo il viaggio un tale vuole seguire Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”ma...
Ad un altro Gesù dice «Seguimi», anche qui c'è un “ma” come risposta
Un terzo dice a Gesù: “«Ti seguirò, Signore; prima però lascia che...”

Tre sono le risposte di Gesù:
  • «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». (Gesù non ha fissa dimora perché la sua missione è universale e non può fermarsi in nessun posto).
  • «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio».(Seppellire i propri morti era considerato un dovere essenziale, di fronte al quale anche le pratiche religiose passavano in seconda linea: “Chi si trova davanti a un suo parente morto è dispensato dalla recita dello schemà, dalla preghiera delle diciotto benedizioni e da tutti i precetti nominati dalla “torah”. Ma per Gesù l’annuncio del Regno viene prima di tutto, senza eccezione, viene anche prima delle legge).
  • «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». La sequela non sopporta rinvii, né distrazione, né uscite di sicurezza
Per Gesù non ci sono se o ma...
Parole dure quelle di Gesù: intimoriscono, fanno paura alla fragilità umana, sembrano parole che creeranno divisioni, malintesi forse, dinieghi, superficialità. Soltanto credendo in Lui il Salvatore che darà la vita eterna beata si potrà seguire le sue orme.
«Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Il discepolo è colui che non guarda mai indietro, né per rimpiangere quanto ha lasciato, né per compiacersi di quanto ha fatto seguendo il Cristo. È come Paolo «dimentico del passato e proteso verso il futuro» (Fil 3,13).


Mariella:
Mettersi in cammino verso Gerusalemme significa decidersi senza esitazioni ad affrontare le prove decisive della vita, anche quando queste sono dolorose e pesanti. Gesù sapeva bene che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio che lo avrebbe portato sul Calvario, eppure non ha esitazione alcuna, Egli indurisce il suo volto come pietra e s'incammina senza indugio verso la città che lo avrebbe respinto, umiliato ed ucciso, perché decisa ad annientare ogni novità ritenuta pericolosa, ogni opinione fuori dal coro. Coloro che vorranno essere i suoi discepoli dovranno seguirlo sulla stessa strada della determinazione e mitezza, del coraggio e del sacrificio.
"Seguimi” è l'invito che Gesù rivolge a tutti quelli che sono pronti a fidarsi di un Dio nelle cui vene scorre solo amore. Amore che si fa eredità, amore che diventa missione, Amore che salva nella piena libertà di pensiero e di anelito al bene.

A tutti coloro che desiderano seguirlo, il Signore ricorda una duplice esigenza:

- in primo luogo mettere in pratica la volontà di Dio, ossia mettere Lui al centro di ogni pensiero e di ogni azione sempre e in Lui amare ogni creatura che ci è dato incontrare lungo il nostro pellegrinaggio terreno.
  • In secondo luogo siamo chiamati a riconoscere in Cristo l'umanità stessa di Dio, perché solo se lo sapremo riconoscere come vero Figlio di Dio, unico ed autentico Maestro della nostra vita, potremo affidarci senza indugio alla sua sequela.
La sequela è esigente, chi decide di seguirlo deve sapere che è discepolo di un “povero” che non ha dove posare il capo, di un uomo che non ha mai avuto timore di annunciare la verità e testimoniarla con la vita, che non è stato schiavo di niente e di nessuno, ma ha saputo agire in piena libertà per raggiungere lo scopo della sua missione, non si è guardato alle spalle, non si è piegato al compromesso, non ha rinnegato la sua vera identità.

La vita dietro a Gesù non è una passeggiata, è un impegno che dura tutta la vita, che richiede molta energia, molta verità con noi stessi, molta libertà di scelta e di pensiero.
L'aratro di cui parla Gesù è un attrezzo agricolo che non si limita a smuovere il terreno, ma ne rompe le zolle, portando alla luce quello che prima era nascosto, facendo rifiorire la vita proprio là dove era solo aridità e deserto.

Non si ottiene successo e gloria, non si raccolgono consensi ed applausi, non si ha vita facile, Gesù non ha cercato nulla di tutto ciò, ha annunciato la Parola di Dio mostrando al mondo il vero volto del Padre, anche a prezzo di umiliazioni e sangue.
Chi però accetta di vivere coraggiosamente questo cammino, è sicuro di trovare oltre la sofferenza e la croce di questo mondo, la felicità della vera vita, l'abbraccio eterno con l'Amore del Padre.



Per chi vuole ancora approfondire potrà trovare un altro commento nella pagina di Padre Augusto


venerdì 17 giugno 2016

«Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».


Ma chi è Gesù per me, per te fratello o sorella

Dodicesima domenica del tempo ordinario- Anno C



Dal Vangelo secondo Lc 9,18-24

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.
«Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.


Parola del Signore!

Enzo: Domenica scorsa abbiamo considerato la frase “La teologia di Gesù” come riferimento unico di fede essendo Lui la Parola del Padre che svela quanto a noi necessario per la salvezza che è venuto a portare all'uomo, sua creatura prediletta. Abbiamo visto come Gesù non fa distinzioni tra uomini giusti e peccatori, ricchi e poveri, tutti frequenta, a nessuno nega un gesto, una parola.

Il vangelo di questa dodicesima domenica del T.O. ci offre un altro episodio che conferma che la strada giusta è di sforzarsi di capire Gesù partendo da Lui stesso, da quanto egli dice e fa: mille prediche non valgono quanto una parola di Gesù. Attenzione dunque!

Luca ci racconta che Gesù “si trovava in un luogo solitario a pregare e i discepoli erano con Lui”.
Gesù era solito appartarsi in luoghi solitari per intrattenersi col Padre per parlare della sua missione, dei suoi discepoli e delle folle che lo seguivano: la sua preghiera era accorata, irrobustita dall'amore per la sua gente, che non voleva capire quanto rivelava, per i suoi discepoli fermi nel credere che Lui era il messia politico che tutti aspettavano.

Soltanto così possiamo spiegarci la solitudine, forse sconforto di Gesù che sentiva il bisogno di appartarsi in luoghi in cui lo stesso ambiente invitava alla riflessione e alla preghiera. Questa volta il suo ritiro in preghiera ha uno scopo preciso di prepararsi a confidare ai suoi discepoli il segreto della sua messianicità.

Finita la preghiera domanda ai suoi discepoli: “Le folle, chi dicono che io sia?”. Domanda inaspettata da Uno che conosceva a fondo il cuore delle persone. Abbiamo letto le risposte dei discepoli riguardo le convinzioni della gente. Noi sappiamo cheL'errore della gente era quello di pretendere, di capire Gesù confrontandolo con figure del passato, «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto».

Gli stessi discepoli non erano di meno; chiesto il loro parere Pietro risponde per tutti:” Il Cristo di Dio”, cioè ilMessia, l'unto da Dio. E questo è giusto, ma c'è da chiedersi quale Messia? Risposta incompleta che si presta ad essere fraintesa. Per questo Gesù “ordinò severamente di non riferirlo ad alcuno” . E, per togliere ogni possibile fraintendimento, Gesù stesso interviene, affermando di essere il Figlio dell’uomo che dovrà soffrire molto, essere rifiutato, ucciso e il terzo giorno risuscitare. E' la prima volta che Gesù rivela la sua passione e morte e risurrezione.

Il racconto di Luca è meno drammatico di quello che hanno tramandato Marco e Matteo nel confronto tra Gesù e i suoi, (vedi Mc 8,26 ss, e Mt 16, 13ss.), ma ha il pregio di concentrare tutta l'attenzione sulla Parola di Gesù, una parola che coinvolge sia il Maestro che il futuro dei discepoli di allora e di oggi: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”
.
Siamo sul finire dell’attività pubblica di Gesù in Galilea, come riferiscono Matteo e Marco. L’incomprensione delle folle e, soprattutto, l’opposizione sempre più violenta delle autorità, inducono Gesù a evitare le masse, per concentrare i suoi sforzi sulla formazione del  piccolo gruppo dei discepoli (ma anche questi sono lenti a capire). La strada che gli resta è quella della solitudine e del martirio. Ed è proprio qui che si manifesta tutta la sorprendente novità della scelta di Gesù.
In altre circostanze di rifiuto e di incomprensione altri si sono ritirati, isolandosi dagli altri: ricordiamo le parole di Gesù ai Dodici “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,66).
La via della Croce non è semplicemente il coraggio della solitudine e del martirio, ma è il coraggio di trasformare la solitudine e il martirio, di cui si è vittima, in un gesto di amore. Il popolo è “contro” Gesù, ma Gesù è “per” il popolo. L’essenza della via della Croce sta in questo contro e in questo per. Questa dovrà la vita della futura Chiesa di Gesù, la nostra.
La croce non sarebbe la via di Dio se non si concludesse con la risurrezione: Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». 
 
Luca precisa che Gesù si rivolge a tutti. Il progetto della Croce è per tutti e non soltanto per gruppi particolari o per vocazioni scelte.


Mariella: “Ma voi chi dite che io sia?” questa domanda ci rimbomba nel cuore e ci sollecita una risposta. É rivolta a tutti, nessuno escluso, ogni discepolo di Gesù è chiamato ad interrogarsi sulla vera identità del Maestro di Nazareth. La risposta non è data una volta per tutte, ma si rinnova di giorno in giorno. E' una risposta che esige una relazione personale con Gesù.

Ma chi è Gesù per me, per te fratello o sorella che stai leggendo?
Dobbiamo seriamente interrogarci sul posto che Gesù occupa nel nostro cuore, Egli è veramente l'asse attorno al quale ruota tutta la nostra vita con le sue scelte ed il suo agire?

E' facile riconoscere a parole che Egli è il Cristo, ma tuttavia questa affermazione, per essere vera, deve essere testimoniata con uno stile di vita sempre conforme ai suoi insegnamenti, soprattutto quando il dolore, qualunque esso sia anche il più pesante da accettare, bussa alla nostra porta e la salita al Calvario si fa più faticosa.

Chi vuol essere mio discepolo prenda la propria croce e mi segua” non basta dunque riconoscere Gesù, bisogna assimilare e vivere il suo stesso cammino, solamente se la nostra vita si fa dono, allora la sentiamo riempita di significato. Viceversa una vita ripiegata su se stessi si spegne, si svuota, si spreca.

Se veramente sapremo vivere non per la gloria presente, ma per quella futura, solo allora risplenderà la forza della nostra fede e l'amore che nutriamo per Lui, solo allora potremo veramente riconoscerlo come unico Salvatore nostro!

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Per i più volenterosi potranno trovare un commento molto bello nella consueta pagina di Padre Augusto Drago





venerdì 10 giugno 2016

La teologia è così e anzitutto il Verbo stesso, Gesù l'inviato dal Padre

 
La fede medica, guarisce, ricostruisce la nostra vita, ci restituisce la pace e la gioia che il mondo ci ha tolto.

Undicesima domenica del tempo ordinario -Anno C




Dal Vangelo secondo Luca 1-36-50;8,1-3



In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».

Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
1In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

Parola del Signore!

Enzo: L'evangelista Luca con questo episodio ci mostra ancora una volta la rivelazione di Gesù come profeta: Gesù invitato da un ricco fariseo a mangiare a casa sua si mostra amico di tutti, frequenta la compagnia dei poveri e dei peccatori, le case degli osservanti e dei ricchi. Mentre i peccatori, coloro riconosciuti tali pubblicamente, riconoscono Gesù, i farisei rifiutano il suo carattere profetico.

In questo brano vengono posti a confronto due modi di guardare. Di fronte alla stessa donna e allo stesso gesto, il fariseo vede in lei la peccatrice e basta, Gesù invece scorge in lei il pentimento, la riconoscenza e l’amore. Il fariseo pensa che un vero uomo di Dio non debba contaminarsi coi peccatori, ma al contrario debba evitarli, distinguendo bene tra giusti e peccatori, credenti e pagani.

Gesù invece è di parere opposto: egli sa che Dio è un padre che ama tutti i suoi figli, buoni e cattivi e non allontana i peccatori ma li cerca. Da una parte si costruiscono barriere, dall'altra si cerca il dialogo, si vogliono costruire ponti.
Gesù cerca di far cambiare il suo punto di vista al fariseo raccontandogli una breve parabola: il condono dei cinquanta e dei cinquecento denari. I segni d’amore di questa donna verso Gesù sono la prova che le è stato perdonato molto, perché ha amato molto. L’amore perfetto ha il potere di perdonare i peccati.

Una donna non invitata entra nella sala del banchetto, non è un'intrusa perché quando in casa si dava una festa, i vicini potevano entravare a vedere e a curiosare.Questa donna, conosciuta da tutti come peccatrice va oltre, va direttamente da Gesù: portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.

Il padrone di casa vedendola, pensa che un vero uomo di Dio non debba contaminarsi coi peccatori, ma al contrario debba evitarli, distinguendo bene tra giusti e peccatori, credenti e pagani.

Ho letto qualche giorno fa questa frase sulla rivista Concilium che diceva così: “Gesù è la teologia”.
Quanta verità in questa frase! Spesso leggendo il vangelo siamo così superficiali da badare soltanto al racconto, magari meravigliati per le belle azioni di Gesù e le sue parole e niente di più. Spesso nelle prediche una piccola spiegazione sul vangelo e poi tante raccomandazioni a noi fedeli. In sostanza non entriamo nel merito della Verità rivelata, della Parola di Dio fatta uomo trasmessa a noi per abbracciarla e farla nostra: l'esempio di Gesù, il suo parlare e il suo operare può e deve collaborare con ogni popolo e cultura, creare pace per mezzo nostro suoi discepoli, guidati dallo Spirito.

Ogni parola, ogni azione, ogni miracolo di Gesù ci parla del Padre e della nostra salvezza, perché parola di amore, di giustizia, di pace. Abbiamo mai pensato quanti ponti, incontri, ha costruito Gesù per fare incontrare noi uomini tra di noi per arrivare al Padre? Cerchiamoli nei vangeli...aumenteranno la nostra fede!

Una donna peccatrice aveva sentito parlare di Gesù, lo va a cercare e lo trova ricevendo perdono, pace e fede; un ricco fariseo lo invita a pranzo e Gesù acconsente ma la sua presenza non fa il miracolo della conversione perché la legge supera l'amore, ognuno al suo posto ben distinto creando così divisioni, barriere. La teologia di Gesù fa creare ponti, incontri, salvezza: Gesù fa da ponte, è incontro, è salvezza.

La teologia di Gesù può creare scandali come per i commensali del ricco fariseo: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Perdonare i peccati è una prerrogativa del solo Dio: ci si ostina a non riconoscere, nonostante i segni, il Figlio di Dio, il Profeta, il Messia.
E ancora : con Gesù vivevano i dodici apostoli e alcune donne: “C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni”. Gesù fa comunità, crea comunione,vive da uomo tra gli uomini, non disprezza nessuno, ama tutti allo stesso modo: questa è teologia, teologia dell'amore che crea pace.

Gesù è teologia e noi viviamo di lui e con lui quando non vogliamo imporre le nostre verità anche se religiose, ma rispettando ogni uomo o donna che non crede come noi, quando riusciamo a collaborare con ogni uomo per il bene e la pace nel mondo: da questo ci conosceranno come discepoli di Gesù e tutti ci arricchiremo gli uni gli altri.

Seguendo Gesù dobbiamo “cercare l'unità del genere umano, che è un progetto da costruire insieme a tutti in una tensione creativa, e non un in sé predeterminato al quale ognuno dovrebbe corrispondere rinunciando a cio che è” ; la teologia è così e anzitutto il Verbo stesso” (Thierry.Marie Courau) che incarnatosi camminò e continua a camminaare per il mondo.

Mariella: Luca in questo brano vuole mettere in evidenza l'atteggiamento Misericordioso di Gesù rivolto, apparentemente alla donna, ma in concreto coinvolge e avvolge TUTTI indistintamente
Simone è un fariseo a cui piace la presenza di Gesù, lo invita a mangiare con lui, cerca di comprendere le sue qualità, ma non vuole che Gesù gli sconvolga la vita e la coscienza, non cerca l'intimità che trasforma ed eleva. Gesù entra nella sua casa, ma non nella sua vita e nemmeno nel suo cuore, perché Simone non si sente un peccatore, si ritiene un giusto, per questo non cerca il perdono e non si lascia riscattare dalla misericordia del Signore. A lui interessa solo valutare l'aspetto umano di Gesù, ma ignora la sua appartenenza divina.

La donna del Vangelo invece percepisce il dono dell'amore che Gesù ha per lei, soprattutto comprende l'assenza di giudizio negativo che Egli ha nei suoi confronti, il desiderio di poterla riscattare agli occhi del mondo, la capacità di perdono dei suoi molti peccati, la salvezza che finalmente, grazie a Lui, entra nella sua vita e la riporta sulla buona strada. 
 
Questa donna ci aiuta a capire che l'amore di Dio è sempre un dono e mai un merito. Egli ci ha amati per primo ed è sempre pronto a perdonarci, restituendoci la dignità di figli ogniqualvolta la perdiamo, basta solo riconoscerci peccatori.



La tua fede ti ha salvato, và in pace!” Possiamo senza dubbio dire che la fede medica, guarisce, ricostruisce la nostra vita, ci restituisce la pace e la gioia che il mondo ci ha tolto.

E' davvero importante entrare nella bellezza del 
 racconto del Vangelo di oggi, perché, 

non solo mostra quanto Dio sia davvero buono e misericordioso, 
ma ci mette in guardia contro le nostre tante, troppe miopie. 


Il grande errore è proprio quello di non saper più comprendere il male presente nella nostra vita, adattarci ad esso, senza neppur più cercare di guarire.


Con Madre Teresa di Calcutta preghiamo:

"Signore, ti prego, dacci la luce per vedere, a volte, la cupa 

profondità della tentazione e del male. 

Donaci il tuo amore, affinché possiamo intravedere la ricchezza 

che Tu hai preparato per noi. 

Infondici lo Spirito Santo affinché possa vedere che ho bisogno di 

Te, e mi ami
 
e ho ancora uno scopo nella vita: quello di trasmettere l'amore e 

la misericordia che hai per noi".



In queste parole dell'apostolo Paolo,seconda lettura di questa domenica, la Teologia di Gesù applicata:

Fratelli, sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano.



Nota: Per chi volesse ancora approfondire questa pagina di vangelo, potrà andare nella pagina di Padre Augusto Drago che esamina più accuratamente i gesti, le parole dei personaggi e soprattuto svela l'essere e il fare di Gesù.



























venerdì 3 giugno 2016

Come si fa a non piangere di fronte ad un figlio morto?



Cosa ha fatto quella donna per meritarsi un così grande miracolo?
 
Decima domenica del tempo ordianrio – Anno C



Dal vangelo seconodo Lc 7,11-17

In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Parola del Signore!

Ciò che succede in questo brano è di una semplicità eccezionale, l'evangelista Luca è lapidario, freddo, almeno questa è la prima impressione, un racconto come un altro se non fosse presente il Maestro con una grandissima novità, ma le intenzioni di Luca sono altre, come vedremo.

Gesù, i suoi discepoli, una vedova e il figlio unico di questa, morto, e aggiungiamo la grande folla sono gli attori. Ma entriamo in merito dei significati profondi che da tutti i brani dei vangeli, ogni volta che ci soffermiamo a riflettere, ci giungono dallo Spirito che ci segue.

La tradizione evangelica ricorda tre miracoli di risurrezione: il figlio della vedova di Nain (7, 11-17), la figlia di Giairo (8, 50-56), Lazzaro (Gv. 11).Il loro intento non è anzitutto quello di mostrare la straordinaria potenza di Gesù, ma di mostrare che in Lui è la vita, che Lui è il padrone della vita.

Luca ha collocato questo episodio, riportato solo da lui, a questo punto del suo vangelo probabilmente per preparare la risposta di Gesù agli inviati del Battista, venuti a chiedergli i segni della sua messianicità. Fra questi segni c’è anche la risurrezione dei morti: ecco perché Luca ha posto qui, immediatamente prima,  la risurrezione del figlio della vedova. Questo episodio prepara e giustifica la risposta che Gesù darà alla delegazione del Battista, “i morti risuscitano”.

Il ragazzo morto è il figlio unico di una donna vedova. All’entrata della città Gesù si imbatte nel suo funerale. Gesù è accompagnato dai suoi discepoli e il feretro è seguito da molta gente. Così il miracolo è compiuto davanti a molti testimoni.

Gesù prova compassione per la madre, e le dice di non piangere. L’iniziativa è interamente sua, completamente gratuita. La madre non gli chiede nulla, semplicemente mostra, piangendo, il suo dolore. Il sentimento che spinge Gesù è dunque la compassione, che fa riferimento all’amore materno. Si tratta di un sentimento profondo e partecipe che mostra Gesù come vero uomo. 
 
Gesù si lascia coinvolgere dal dolore della donna, prescindendo da ogni valutazione di merito. Cosa ha fatto quella donna per meritarsi un così grande miracolo? Nulla è detto e nulla si deve aggiungere. Gesù ha intuito il dolore di una vedova per la perdita dell’unico figlio, e questo gli è bastato per intervenire, non ha chiesto la fede in Lui come in altri incontri: è intervenuto spontaneamene per compassione di una mamma, nessuna invocazione al Padre, nessuna preghiera, nessun gesto, soltanto una piccola frase, un ordine: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Un miracolo completamente gratuito che ci dice che Dio prende sempre l'iniziativa, che la Parola di Dio salva.
Con questo miracolo Gesù svela la sua potenza divina.

Un’ultima annotazione: l’espressione ammirata della gente (“Un grande profeta è sorto in mezzo a noi”) fa riferimento all’episodio di Elia (2 Re 17, 17-24). Ma il racconto di Luca differisce dal modello dell’AT. Infatti mentre Elia per risuscitare  il figlio della vedova di Sarepta, “si distese tre volte sul fanciullo”, Gesù, invece, non ha bisogno di nessun gesto, ricorre solo alla sua parola: “Alzati!”.

La folla presente, dolpo una reazione di timore sacro, quasi di spavento, proruppe in un'acclamazioone corale di lode a Dio.Attraverso il prodigio straordinario compiuto da Gesù la folla intuì la visita di Dio al suo popolo. “ Dio ha visitato il suo popolo”. Una bellissima testimonianza cha aiuta la nostra fede a crescere:  
il nostro Dio ci vede, ci osserva, opera meraviglie, si dona: sta a noi scoprire le sue azioni per noi.



Mariella:  Questo fatto descritto nel brano di Luca succede a Naim, paese di pescatori al sud della Galilea. La situazione è realmente drammatica, una vedova che perde suo figlio è una persona ormai priva di sicurezze e di futuro. Gesù vede questa donna piangere, comprende il suo dramma, legge nel suo cuore lo smarrimento, prova per lei compassione e senza che la donna chieda qualcosa le dice solo due parole: “non piangere!” Come si fa a non piangere di fronte ad un figlio morto? Ma Gesù non intende solo consolare questa madre, Egli non resta spettatore, agisce ed opera un miracolo.

A questo punto si avvicina alla bara, non ha paura del giudizio della gente, non teme di essere considerato impuro, non si ferma di fronte alla legge, restituisce la vita con gesti gratuiti e colmi di tenerezza. Tocca la bara, o per meglio dire il defunto, (come prescritto dalla Legge, chi tocca un cadavere, o un oggetto che tocca un cadavere, come la bara, diventa impuro gravemente, e tutto quello che tocca diventa contaminato),
rivolge al ragazzo un invito: “dico a te, alzati!” E subito il giovinetto si siede e si
mette a parlare: due atteggiamenti che testimoniano il suo ritorno alla vita piena.

Questo episodio ci porta alla mente tante situazioni attualissime di giovani che anche oggi perdono la vita, non solo per malattie, ma per cause diverse, le più assurde e disperate. Quante madri ogni giorno piangono i loro figli senza più speranza...

Cosa possiamo imparare da questo brano evangelico? Molte volte anche noi ci troviamo coinvolti da fatti estranei alla nostra vita, ma che tuttavia ci immettono nella sofferenza altrui disarmante, di fronte alla quale preferiremmo fuggire... Nei momenti difficili, dinanzi a coloro che stanno affrontando qualsiasi dramma, non bisogna condividere il pianto, come la molta gente che stava intorno alla vedova. È necessario, invece, partecipare al dolore, assumere gesti che sappiano ridare vita e speranza all'angoscia, testimoniare che la morte non è l'ultima parola, ma che il Signore risorto è il vincitore della morte, manifestare la nostra fede glorificando Dio ed annunciando la sua Misericordia.

“In ogni dolore Gesù ci è sempre accanto, ci ripete: “dico a te, alzati!”e ci restituisce la certezza che l'Amore salva”