Ed ecco, io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Domenica dell’ascensione di Gesù al Cielo: 1 giugno
2014
Dal vangelo secondo Matteo
28,16-20
"Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea,
sul monte che Gesù aveva
loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi
però dubitarono. Gesù si
avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere
in cielo e sulla terra. Andate
dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli
nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare
tutto ciò che vi ho comandato.
Ed ecco, io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
Parola del Signore!
Enzo: Da una
prima lettura di questo brano notiamo che i discepoli, gli undici, si recano in
Galilea su un monte che Gesù stesso aveva loro indicato. Il monte, un monte
senza nome, sta ad indicare che da lassù
Gesù farà una nuova rivelazione. Il
monte era sempre stato luogo di rivelazione di Dio. Ricordiamo la rivelazione
di Dio nell’AT sul monte Sinai; la rivelazione di Gesù sul monte delle
Beatitudini che sono il programma del Regno, ora da un monte invierà i suoi
discepoli a diffondere il Vangelo a
tutte le genti.
L’incontro con i suoi
discepoli non è dei più entusiasmanti: “quando lo videro, si prostrarono, però
dubitarono”. Poche parole per descrivere un atteggiamento interiore ancora
debole, insicuro dell’uomo che non capisce ancora le vie del Signore: del resto
era logico che i discepoli si chiedessero perché Gesù li aveva fatti andare su
un monte. Non bastava che apparisse loro ancora a Gerusalemme? Perché in
Galilea?
L’evangelista Matteo forse
vuol far comprendere che
Gerusalemme aveva cessato di essere il centro del culto e della religiosità. Non
aveva detto Gesù alla Samaritana: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su
questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre…Viene l’ora in cui i veri
adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità…”? Dopo Gesù l’accesso a Dio
non sarà circoscritto ad un luogo ma farà riferimento a una persona, alla
persona di Gesù, il Cristo, l’unto del Signore.
Ma tutte queste cose lo Spirito Santo le renderà chiare e
trasparenti nella mente degli Undici, il giorno della Pentecoste.
Su quel monte della Galilea, rimasto senza nome, Gesù
manifestando la sua autorità e la sua missione rivela quanto aveva ricevuto dal
Padre: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”.
Si avvera la profezia di Daniele 7,14:
“Ecco apparire sulle nubi del cielo uno, simile a un figlio
di uomo…
…Gli furono dati potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo serviranno:
il suo potere è un potere eterno,
che non finirà mai;
e il suo regno non sarà mai distrutto”.
E’ un momento solenne: Gesù dichiara, con le sue parole, di
essere il compimento della profezia di Daniele e, proprio dal potere che gli
deriva da questo potere universale, affida ai suoi discepoli una missione
importante, una missione con la pienezza dell’universalità, che ha come
finalità essenziale il discepolato per ogni uomo, per tutti gli uomini: possiamo
dire che Gesù oggi getta le fondamenta della sua Chiesa quale comunità di
salvezza.
“Andate
dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del
Figlio
e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò
che vi ho comandato”.
Andate: in tutto il mondo, avvicinate tutti i popoli,
come io ho fatto in Palestina in mezzo al popolo eletto dal Padre mio.
Fate discepoli: non si tratta di offrire un
messaggio, ma di fare instaurare una relazione stretta e personale con Gesù,
impegnandosi a condividere il suo
progetto di vita, il suo amore per noi.
Battezzate: è il sacramento di ingresso per fare
parte del discepolato grazie allo Spirito Santo e di conseguenza della comunità
dei discepoli.
Insegnando: insegnando solo tutto ciò che Gesù ha
comandato e come Lui lo ha trasmesso nelle parole e nelle azioni.
Una assicurazione finale che certamente rialzerà il morale
di quegli undici discepoli ancora increduli e timorosi: “Ed ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo», il Dio con noi, l’Emmanuele
annunciato da Isaia.
L’evangelista Matteo con questo brano termina il suo
vangelo, mentre Luca così descrive la festività che celebriamo oggi, chiudendo il suo vangelo:
“ Poi li condusse
verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva
portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a
Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.
E qui lascio la parola al papa emerito Benedetto XVI, dal
suo libro Gesù di Nazaret:
“ Questa conclusione ci stupisce. Luca ci dice che i
discepoli erano pieni di gioia dopo che
il Signore si era allontanato definitivamente da loro. Noi ci aspetteremmo il contrario. Ci
aspetteremmo che essi fossero rimasti sconcertati e tristi. Il mondo non era
cambiato. Avevano ricevuto un compito apparentemente irrealizzabile, un compito
cha andava al di là delle loro forze. Come potevano presentarsi davanti alla
gente in Gerusalemme, in Israele, in tutto
il mondo e dire: “Quel Gesù, apparentemente fallito, è invece il
Salvatore di tutti noi?”
Ogni addio lascia dietro di sé un dolore. Anche se Gesù era
partito da Persona vivente, come poteva non renderli tristi il suo congedo definitivo?
Eppure si legge che essi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e lodavano
Dio. Come possiamo noi capire tutto questo?...
…Evidentemente sono certi di una presenza nuova di Gesù.
Sono sicuri che il Risorto ( come, secondo Matteo) Egli aveva anche detto
proprio ora è presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente…
…La gioia dei discepoli dopo l’ascensione, corregge la
nostra immagine di tale evento. L’ascensione non è un andarsene in una zona
lontana del cosmo, ma è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in
modo così forte da trarne una gioia durevole”.
Sperimentiamo anche noi questa vicinanza permanente di Gesù
in modo da trarne una gioia durevole? Quelle parole di Gesù sono dirette anche
a noi, suoi discepoli come gli apostoli che avevano assistito alla sua
dipartita. Diceva Sant’Agostino: siamo tutti condiscepoli alla stessa scuola
del Maestro. Sforziamoci di essere discepoli di serie “A” o "B" o....
importante è esserlo e con insistenza.
Mariella: Il
brano che abbiamo appena letto è il capitolo finale del Vangelo di Matteo, in
esso troviamo subito alcune cose che non possono lasciarci indifferenti e che
vogliamo tentare di capire.
Anzitutto diciamo che si parla di undici discepoli e non
dodici. Essi sono il soggetto del brano
e stanno a rappresentare la Chiesa nascente.
Il fatto che non siano più i dodici sta a ricordare
l'esperienza drammatica della Passione di Cristo tradito proprio da uno di
loro. E' una Chiesa dunque che non può dimenticare la fragilità della natura
umana e che per questo non può camminare senza fissare lo sguardo verso il suo unico e vero Pastore,
Gesù Cristo, la cui Parola è fonte di verità e deve essere continuamente
ascoltata e vissuta sotto la mozione dello Spirito Santo
Seconda osservazione , si legge nel brano "Gli Undici
discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato":
Il simbolismo del linguaggio di Matteo richiede questo
paesaggio teologico, incentrato nel monte. Dal monte delle tentazioni, a quello
delle Beatitudini, della Trasfigurazione, del Golgota, Matteo crea un
concatenamento simbolico nel quale l'evento di Gesù Cristo si esprime in
pienezza.
Verso questo monte tutto converge: su questa, che è la
settima montagna di Matteo, trova compimento la missione del Signore Gesù
Cristo e inizia la missione dei suoi
discepoli nel mondo: il nuovo popolo di Dio, la sua futura Chiesa, comunità dei
credenti.
Così Gesù inizia a parlare ai suoi indicando il fondamento
del suo potere universale: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla
terra": l’autorità offertagli da Satana nel deserto fu accordata
effettivamente solo dopo aver compiuto il cammino del Servo sofferente. Già
durante la sua vita terrestre abbiamo visto la potenza divina che agiva in lui,
ma soltanto dopo la Risurrezione Gesù vien costituito Signore e Re
dell’universo.
Ora Gesù, prima di tornare dal Padre, con pieni poteri
consegna ai suoi discepoli il compito di continuare la sua missione:"Andando
dunque, fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli e insegnando loro ad
osservare tutto ciò che vi ho comandato".
Gesù dunque comunica ai suoi discepoli la volontà di
"fare discepoli tutti i popoli". Anche questo ha un significato
nuovo: i discepoli di Gesù sono coloro che gustano la potenza del suo
Amore e vivono la sua esperienza di “figlio”
che riceve tutto dal Padre.
Poi aggiunge: “battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo”: la Chiesa viene dunque dalla Trinità, riflette, vive in
sé la comunione trinitaria.
L'ultima frase di Gesù, che l’evangelista Matteo ci
riporta è la sintesi del suo grande
amore verso tutta l'umanità: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo".
Gesù è il Dio con noi, Egli resta con noi ogni giorno ed
accompagna ogni uomo in ogni situazione lieta o triste della vita. Egli non ci lascia orfani, vuole che nasca
nel cuore di tutti la certezza che va a prepararci un posto e che ritornerà a
prenderci.
Ed ora meditiamo bene questo insegnamento che ho ricavato
leggendo alcuni commenti sul brano evangelico in questione:
“L'Ascensione significa che tutta l'umanità di Gesù è
afferrata dalla potenza di Dio perché la nostra umanità, di conseguenza,
diventi capace di accogliere questa stessa potenza”.
Vi prego di rileggere quest'ultima frase riflettendo sul suo
profondo significato, lo trovo essenziale nel cammino di fede di ciascuno di
noi
La gloria di Cristo che celebriamo nell'Ascensione,
preannuncia la nostra gloria, e illumina il senso finale dell'esistenza
dell'uomo e dell'universo, ossia ascendere al cielo e vivere nel cuore di Dio
dal quale proveniamo e ci siamo formati.
Prende senso così l'esistenza cristiana, come tensione
dinamica tra la situazione presente e la prospettiva del Regno di Dio verso il
quale siamo attirati, evitando di lasciarsi rinchiudere dentro le preoccupazioni
del mondo.
In conclusione cosa ci deve lasciare nel cuore questo brano
evangelico?
La certezza che Gesù è con noi sempre, anche quando il
nostro cuore è nel dubbio Gesù c'invita a sperare ed alzare gli occhi al cielo,
Cristo ascende al cielo perché assieme al Padre, potesse
inviare a noi lo Spirito d’Amore per vivificare la storia dell'umanità, la vita
dell'uomo, la nostra vita.
Se riusciamo a comprendere questi concetti molto importanti
e significativi, forse potremo vivere la festa dell'Ascensione con una gioia
grande pari a quella dei primi Apostoli!
Anna: Leggendo ciò che avete scritto con tanta
preparazione e meditazione mi sono lasciata guidare dallo Spirito e il mio
primo pensiero è stata la gioia che Gesù
lascia ad ogni uomo, ad ognuno di noi e non solo agli undici ......
Gesù ci dona fiducia , ha fiducia in me , in noi , nel cuore dell’uomo più di quanto noi ne
abbiamo in noi stessi ....
Sa che possiamo lasciare il nostro egoismo , il nostro io ,
per poter essere portatori di Verità della Parola , di poter essere Testimoni
Veri e Concreti dell'Amore ....
Accogliamo la sua promessa: ”
io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Proponiamo ancora questo commento di Padre Augusto Drago: conoscendo padre Augusto siamo certi di fare cosa gradita a chi ci segue settimanalmante in queste rifllessioni evangeliche. Grazie a tutti voi che ci seguite.
FESTA DELL'ASCENSIONE commento di Padre Augusto Drago
Fratelli e sorelle abbiamo la gioia di celebrare la solennità di Cristo Gesù, solennemente
asceso al cielo. Oggi la Parola ci chiama ad un cammino di luce e di gloria. Ci fa
comprendere a quale "speranza" siamo stati chiamati, anzi continuamente chiamati.
Chiamati nel continuo ripetersi incessante, del dinamismo pasquale, nella nostra vita di
credenti.Oggi la Parola ci indica con chiarezza "il tesoro di gloria" che ci attende come
eredità, ben più prezioso di tutti i beni terreni che quotidianamente scorrono sotto i nostri
occhi.
Oggi la Parola ci dimostra "la straodinaria ricchezza e grandezza della potenza" di Gesù,
verso di noi, quella potenza tante volte da noi invocata in aiuto alla nostra debolezza.
Oggi Gesù consegna un mandato, in virtù del suo Potere ed Autorità.
Un Potere ed un'Autorità che gli provengono dall'essere stato resuscitato per mezzo della
gloria del Padre. E' il Risorto, é colui di cui aveva profetato il profeta Daniele quando vide in
visione un Figlio di Uomo avvicinarsi accanto al trono, glorioso mentre ne assume il Potere.
E' un potere che non mette paura o soggezione: Gli è stato dato dal Padre.
Ora rifulge sul monte dell'Apparizione mentre i discepoli si prostrano a terra per adorarlo,
anche se ne hanno ancora un timore reverenziale. Gesù, in virtù del suo Potere, consegna
loro un mandato:
"Andate in tutto il mondo..." "Siate miei testimoni fino ai confini della terra".
Battezzate nel Nome del Padre, del Figlio, dello Spirito santo. Fate discepole tutte le genti!
Detto questo li lascia. E svela in tal modo l'ultimo tassello del disegno.
Come se dicesse: "Ora tocca a voi, con la forza dello Spirito, del Paraclito, che verrà su di
voi"! Ora fate voi la vostra parte...
Fratelli e sorelle: nella solennità che ci accingiamo a celebrare, Gesù sembra rivolgere anche a
noi le medesime parole: "Ora tocca a voi!" Sì, ora tocca a noi!
Abbiamo partecipato ai momenti drammatici della consegna di Gesù, della sua straziante
passione. Abbiamo contemplato, stupefatti, ed insieme pieni di gioia, il suo Corpo Glorioso
venirci incontro il mattino di Pasqua, poco più di quaranta giorni or sono.
Abbiamo mangiato e bevuto con Lui, alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue, lungo tutto
il cammino di questo tempo pasquale. Gesù è stato sempre con noi.
Ci è stato sottratto solo nei giorni della sua Passione e morte.
Dopo questa esperienza, così ricca della sua umanità, ci chiede ora un passo ulteriore:
"Ora tocca a te!" Io, il tuo Signore, resto nella misura in cui tu saprai rendermi visibile ai
fratelli, saprai farti trasparenza di me".Come potremmo altrimenti spiegare, fratelli e sorelle,
diversamente la promessa di Gesù: "Ecco, sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dei tempi?"
Promessa che Egli ci regala mentre ci lascia...
Gesù è vivo in noi, attraverso di noi.
Cerca in noi la disponibilità a farci capacità di Lui, perché il mistero della sua Incarnazione
abbia pieno compimento. Riceveremo la forza dallo Spirito santo, che fra poco verrà a
fecondare di luce la Chiesa. Ad irradiare la nostra vita, ognuno di noi.
Ma oggi ci viene chiesta la disponibilità del cuore, della mente, di tutta la nostra persona, a
dare compimento al mistero.
Fratelli e sorelle, se sì, se accettiamo la sua proposta, allora, sì, si schiuderanno per noi i cieli,
e potremo contemplare il tesoro di gloria promesso, e sperimentare la grandezza della sua
potenza verso di noi.
Allora la nostra umanità si spalancherà ad accogliere nel vuoto di sé, quel vuoto che solo una
vita veramente evangelica è capace di ottenere. Vale a dire: il Dono dello Spirito Santo.
Allora sarà veramente piena la Pasqua, allora gusteremo quella gioia piena che è riservata ai
suoi santi, quell'unica gioia che nessuno potrà mai toglierci, come aveva già detto Lui
(Giovanni 16,23).
Fratello e sorella: allora? Sei pronto a sentirti dire: "Ora tocca a te?"
Vivere lo Spirito nella dimensione dell'Ascensione è vivere nella certezza che a questo mondo, pur dimorando nella grande tribolazione, nella valle oscura che è questa valle di lacrime, noi siamo incamminati verso la Patria, la nostra patria celeste, di là aspetteremo il Signore che verrà a darci la pienezza della vita e ad introdurci nella pienezza della sua pasqua (Fil 3,20).
RispondiEliminaAvrebbe davvero poco senso per noi l'essere al mondo se fosse solo per dire che la vita e la storia vanno verso un baratro, verso un oscuro ignoto. Si coglie un tratto di malinconia in chi ritiene che la vita sia come un labirinto che non si sa dove andrà a finire. Perciò noi, con razionalità, dobbiamo cercare di trovare al meglio la strada, molte volte sbagliando e finendo magari in qualche angolo oscuro.
Anche per noi cristiani il discernimento non è facile; non è facile cercare di vivere la storia della salvezza in questo mondo così come si presenta. Ci è richiesta un'attenzione tanto come agli altri; ma è l'esito che ci rinfranca. Noi crediamo di andare incontro al Signore che viene, non al non so che cosa; noi andiamo incontro al compimento di questa storia e siamo certi che ogni cosa che abbiamo fatto, ogni palpito del nostro cuore, ogni fibra del nostro essere di carne avrà il suo compimento nel Signore. Nulla di noi stessi, né di tutti gli uomini, né di ogni briciola di materia andrà perduto: “Cieli nuovi e terra nuova” andremo a compiere (2Pt 3,13; Ap 21,1). Ed anche il più piccolo sforzo per rendere questo mondo più somigliante a quel mondo nuovo liberato dalla corruzione del peccato e della morte, sarà portato a compimento. Nulla andrà perduto, o sarà gettato via. Non un frammento della nostra vita sarà gettato via.
E dice poco questa bella speranza che crea la sintesi interiore del cristiano?
Mario Airoldi
brano tratto da un incontro all’Arsenale della Pace