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giovedì 29 maggio 2014

«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,



Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Domenica dell’ascensione di Gesù al Cielo: 1 giugno 2014



Dal vangelo secondo Matteo 28,16-20

"Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva

loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si

avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate

dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.

Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".


Parola del Signore!

Enzo: Da una prima lettura di questo brano notiamo che i discepoli, gli undici, si recano in Galilea su un monte che Gesù stesso aveva loro indicato. Il monte, un monte senza nome, sta ad indicare che  da lassù Gesù  farà una nuova rivelazione. Il monte era sempre stato luogo di rivelazione di Dio. Ricordiamo la rivelazione di Dio nell’AT sul monte Sinai; la rivelazione di Gesù sul monte delle Beatitudini che sono il programma del Regno, ora da un monte invierà i suoi discepoli a diffondere  il Vangelo a tutte le genti.



 L’incontro con i suoi discepoli non è dei più entusiasmanti: “quando lo videro, si prostrarono, però dubitarono”. Poche parole per descrivere un atteggiamento interiore ancora debole, insicuro dell’uomo che non capisce ancora le vie del Signore: del resto era logico che i discepoli si chiedessero perché Gesù li aveva fatti andare su un monte. Non bastava che apparisse loro ancora a Gerusalemme? Perché in Galilea?

L’evangelista Matteo forse  vuol far comprendere  che Gerusalemme aveva cessato di essere il centro del culto e della religiosità. Non aveva detto Gesù alla Samaritana: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre…Viene l’ora in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità…”? Dopo Gesù l’accesso a Dio non sarà circoscritto ad un luogo ma farà riferimento a una persona, alla persona di Gesù, il Cristo, l’unto del Signore.

Ma tutte queste cose lo Spirito Santo le renderà chiare e trasparenti nella mente degli Undici, il giorno della Pentecoste.



Su quel monte della Galilea, rimasto senza nome, Gesù manifestando la sua autorità e la sua missione rivela quanto aveva ricevuto dal Padre: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”.

Si avvera la profezia di Daniele 7,14:

“Ecco apparire sulle nubi del cielo uno, simile a un figlio di uomo…

…Gli furono dati potere, gloria e regno;

tutti i popoli, nazioni e lingue lo serviranno:

il suo potere è un potere eterno,

che non finirà mai;

e il suo regno non sarà mai distrutto”.



E’ un momento solenne: Gesù dichiara, con le sue parole, di essere il compimento della profezia di Daniele e, proprio dal potere che gli deriva da questo potere universale, affida ai suoi discepoli una missione importante, una missione con la pienezza dell’universalità, che ha come finalità essenziale il discepolato per ogni uomo, per tutti gli uomini: possiamo dire che Gesù oggi getta le fondamenta della sua Chiesa quale comunità di salvezza.



“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato”.



Andate: in tutto il mondo, avvicinate tutti i popoli, come io ho fatto in Palestina in mezzo al popolo eletto dal Padre mio.

Fate discepoli: non si tratta di offrire un messaggio, ma di fare instaurare una relazione stretta e personale con Gesù, impegnandosi  a condividere il suo progetto di vita, il suo amore per noi.

Battezzate: è il sacramento di ingresso per fare parte del discepolato grazie allo Spirito Santo e di conseguenza della comunità dei discepoli.

Insegnando: insegnando solo tutto ciò che Gesù ha comandato e come Lui lo ha trasmesso nelle parole e nelle azioni.



Una assicurazione finale che certamente rialzerà il morale di quegli undici discepoli ancora increduli e timorosi: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo», il Dio con noi, l’Emmanuele annunciato da Isaia.



L’evangelista Matteo con questo brano termina il suo vangelo, mentre Luca così descrive la festività che  celebriamo oggi, chiudendo il suo vangelo:

  Poi li condusse verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li  benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.



E qui lascio la parola al papa emerito Benedetto XVI, dal suo libro Gesù di Nazaret:

“ Questa conclusione ci stupisce. Luca ci dice che i discepoli erano pieni di gioia dopo  che il Signore si era allontanato definitivamente da  loro. Noi ci aspetteremmo il contrario. Ci aspetteremmo che essi fossero rimasti sconcertati e tristi. Il mondo non era cambiato. Avevano ricevuto un compito apparentemente irrealizzabile, un compito cha andava al di là delle loro forze. Come potevano presentarsi davanti alla gente in Gerusalemme, in Israele, in tutto  il mondo e dire: “Quel Gesù, apparentemente fallito, è invece il Salvatore di tutti noi?”

Ogni addio lascia dietro di sé un dolore. Anche se Gesù era partito da Persona vivente, come poteva non renderli tristi il suo congedo definitivo? Eppure si legge che essi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e lodavano Dio. Come possiamo noi capire tutto questo?...

…Evidentemente sono certi di una presenza nuova di Gesù. Sono sicuri che il Risorto ( come, secondo Matteo) Egli aveva anche detto proprio ora è presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente…

…La gioia dei discepoli dopo l’ascensione, corregge la nostra immagine di tale evento. L’ascensione non è un andarsene in una zona lontana del cosmo, ma è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così forte da trarne una gioia durevole”.


Sperimentiamo anche noi questa vicinanza permanente di Gesù in modo da trarne una gioia durevole? Quelle parole di Gesù sono dirette anche a noi, suoi discepoli come gli apostoli che avevano assistito alla sua dipartita. Diceva Sant’Agostino: siamo tutti condiscepoli alla stessa scuola del Maestro. Sforziamoci di essere discepoli di serie “A” o "B" o.... importante è esserlo e con insistenza.


Mariella: Il brano che abbiamo appena letto è il capitolo finale del Vangelo di Matteo, in esso troviamo subito alcune cose che non possono lasciarci indifferenti e che vogliamo tentare di capire.

Anzitutto diciamo che si parla di undici discepoli e non dodici.  Essi sono il soggetto del brano e stanno a rappresentare la Chiesa nascente.

Il fatto che non siano più i dodici sta a ricordare l'esperienza drammatica della Passione di Cristo tradito proprio da uno di loro. E' una Chiesa dunque che non può dimenticare la fragilità della natura umana e che per questo non può camminare senza fissare  lo sguardo verso il suo unico e vero Pastore, Gesù Cristo, la cui Parola è fonte di verità e deve essere continuamente ascoltata e vissuta sotto la mozione dello Spirito Santo



Seconda osservazione , si legge nel brano "Gli Undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato":

Il simbolismo del linguaggio di Matteo richiede questo paesaggio teologico, incentrato nel monte. Dal monte delle tentazioni, a quello delle Beatitudini, della Trasfigurazione, del Golgota, Matteo crea un concatenamento simbolico nel quale l'evento di Gesù Cristo si esprime in pienezza.



Verso questo monte tutto converge: su questa, che è la settima montagna di Matteo, trova compimento la missione del Signore Gesù Cristo e inizia la  missione dei suoi discepoli nel mondo: il nuovo popolo di Dio, la sua futura Chiesa, comunità dei credenti.



Così Gesù inizia a parlare ai suoi indicando il fondamento del suo potere universale: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra": l’autorità offertagli da Satana nel deserto fu accordata effettivamente solo dopo aver compiuto il cammino del Servo sofferente. Già durante la sua vita terrestre abbiamo visto la potenza divina che agiva in lui, ma soltanto dopo la Risurrezione Gesù vien costituito Signore e Re dell’universo.



Ora Gesù, prima di tornare dal Padre, con pieni poteri consegna ai suoi discepoli il compito di continuare la sua missione:"Andando dunque, fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli e insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato".



Gesù dunque comunica ai suoi discepoli la volontà di "fare discepoli tutti i popoli". Anche questo ha un significato nuovo: i discepoli di Gesù sono coloro che gustano la potenza del suo Amore  e vivono la sua esperienza di “figlio” che riceve tutto dal Padre.

Poi aggiunge: “battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”: la Chiesa viene dunque dalla Trinità, riflette, vive in sé la comunione trinitaria.



L'ultima frase di Gesù, che l’evangelista Matteo ci riporta  è la sintesi del suo grande amore verso tutta l'umanità: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".

Gesù è il Dio con noi, Egli resta con noi ogni giorno ed accompagna ogni uomo in ogni situazione lieta o triste della vita.  Egli non ci lascia orfani, vuole che nasca nel cuore di tutti la certezza che va a prepararci un posto e che ritornerà a prenderci.



Ed ora meditiamo bene questo insegnamento che ho ricavato leggendo alcuni commenti sul brano evangelico in questione:



“L'Ascensione significa che tutta l'umanità di Gesù è afferrata dalla potenza di Dio perché la nostra umanità, di conseguenza, diventi capace di accogliere questa stessa potenza”.

Vi prego di rileggere quest'ultima frase riflettendo sul suo profondo significato, lo trovo essenziale nel cammino di fede di ciascuno di noi

La gloria di Cristo che celebriamo nell'Ascensione, preannuncia la nostra gloria, e illumina il senso finale dell'esistenza dell'uomo e dell'universo, ossia ascendere al cielo e vivere nel cuore di Dio dal quale proveniamo e ci siamo formati.



Prende senso così l'esistenza cristiana, come tensione dinamica tra la situazione presente e la prospettiva del Regno di Dio verso il quale siamo attirati, evitando di lasciarsi rinchiudere dentro le preoccupazioni del mondo.



In conclusione cosa ci deve lasciare nel cuore questo brano evangelico?

La certezza che Gesù è con noi sempre, anche quando il nostro cuore è nel dubbio Gesù c'invita a sperare ed alzare gli occhi al cielo,

Cristo ascende al cielo perché assieme al Padre, potesse inviare a noi lo Spirito d’Amore per vivificare la storia dell'umanità, la vita dell'uomo, la nostra vita.



Se riusciamo a comprendere questi concetti molto importanti e significativi, forse potremo vivere la festa dell'Ascensione con una gioia grande pari a quella dei primi Apostoli!

Anna: Leggendo ciò che avete scritto con tanta preparazione e meditazione mi sono lasciata guidare dallo Spirito e il mio primo pensiero è stata la gioia che Gesù

lascia ad ogni uomo, ad ognuno di noi e non  solo agli undici ......

Gesù ci dona fiducia , ha fiducia in me , in noi ,  nel cuore dell’uomo più di quanto noi ne abbiamo in noi stessi ....

Sa che possiamo lasciare il nostro egoismo , il nostro io , per poter essere portatori di Verità della Parola , di poter essere Testimoni Veri e Concreti dell'Amore ....

Accogliamo la sua promessa: ” io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.



Proponiamo ancora questo commento di Padre Augusto Drago: conoscendo padre Augusto siamo  certi di fare cosa gradita a chi ci segue settimanalmante in queste rifllessioni evangeliche. Grazie a tutti voi che ci seguite.


 FESTA DELL'ASCENSIONE  commento di Padre Augusto Drago

Fratelli e sorelle abbiamo la gioia di celebrare la solennità di Cristo Gesù, solennemente
asceso al cielo. Oggi la Parola ci chiama ad un cammino di luce e di gloria. Ci fa
comprendere a quale "speranza" siamo stati chiamati, anzi continuamente chiamati.
Chiamati nel continuo ripetersi incessante, del dinamismo pasquale, nella nostra vita di
credenti.Oggi la Parola ci indica con chiarezza "il tesoro di gloria" che ci attende come
eredità, ben più prezioso di tutti i beni terreni che quotidianamente scorrono sotto i nostri
occhi.


Oggi la Parola ci dimostra "la straodinaria ricchezza e grandezza della potenza" di Gesù,
verso di noi, quella potenza tante volte da noi invocata in aiuto alla nostra debolezza.
Oggi Gesù consegna un mandato, in virtù del suo Potere ed Autorità.
Un Potere ed un'Autorità che gli provengono dall'essere stato resuscitato per mezzo della
gloria del Padre. E' il Risorto, é colui di cui aveva profetato il profeta Daniele quando vide in
visione un Figlio di Uomo avvicinarsi accanto al trono, glorioso mentre ne assume il Potere.
E' un potere che non mette paura o soggezione: Gli è stato dato dal Padre.


Ora rifulge sul monte dell'Apparizione mentre i discepoli si prostrano a terra per adorarlo,
anche se ne hanno ancora un timore reverenziale. Gesù, in virtù del suo Potere, consegna
loro un mandato:
"Andate in tutto il mondo..." "Siate miei testimoni fino ai confini della terra".
Battezzate nel Nome del Padre, del Figlio, dello Spirito santo. Fate discepole tutte le genti!
Detto questo li lascia. E svela in tal modo l'ultimo tassello del disegno.
Come se dicesse: "Ora tocca a voi, con la forza dello Spirito, del Paraclito, che verrà su di
voi"! Ora fate voi la vostra parte...
 

Fratelli e sorelle: nella solennità che ci accingiamo a celebrare, Gesù sembra rivolgere anche a
noi le medesime parole: "Ora tocca a voi!" Sì, ora tocca a noi!
Abbiamo partecipato ai momenti drammatici della consegna di Gesù, della sua straziante
passione. Abbiamo contemplato, stupefatti, ed insieme pieni di gioia, il suo Corpo Glorioso
venirci incontro il mattino di Pasqua, poco più di quaranta giorni or sono.
Abbiamo mangiato e bevuto con Lui, alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue, lungo tutto
il cammino di questo tempo pasquale. Gesù è stato sempre con noi.
Ci è stato sottratto solo nei giorni della sua Passione e morte.
 

Dopo questa esperienza, così ricca della sua umanità, ci chiede ora un passo ulteriore:
"Ora tocca a te!" Io, il tuo Signore, resto nella misura in cui tu saprai rendermi visibile ai
fratelli, saprai farti trasparenza di me".Come potremmo altrimenti spiegare, fratelli e sorelle,
diversamente la promessa di Gesù: "Ecco, sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dei tempi?"
Promessa che Egli ci regala mentre ci lascia... 


Gesù è vivo in noi, attraverso di noi.
Cerca in noi la disponibilità a farci capacità di Lui, perché il mistero della sua Incarnazione
abbia pieno compimento. Riceveremo la forza dallo Spirito santo, che fra poco verrà a
fecondare di luce la Chiesa. Ad irradiare la nostra vita, ognuno di noi.
Ma oggi ci viene chiesta la disponibilità del cuore, della mente, di tutta la nostra persona, a
dare compimento al mistero.
 

Fratelli e sorelle, se sì, se accettiamo la sua proposta, allora, sì, si schiuderanno per noi i cieli,
e potremo contemplare il tesoro di gloria promesso, e sperimentare la grandezza della sua
potenza verso di noi.
Allora la nostra umanità si spalancherà ad accogliere nel vuoto di sé, quel vuoto che solo una
vita veramente evangelica è capace di ottenere. Vale a dire: il Dono dello Spirito Santo.
Allora sarà veramente piena la Pasqua, allora gusteremo quella gioia piena che è riservata ai
suoi santi, quell'unica gioia che nessuno potrà mai toglierci, come aveva già detto Lui
(Giovanni 16,23).


Fratello e sorella: allora? Sei pronto a sentirti dire: "Ora tocca a te?"


venerdì 23 maggio 2014

Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre






Se mi amate, osserverete i miei comandamenti

Domenica sesta di Pasqua: Gesù chiede amore



Dal vangelo secondo Giovanni 14,15-21

“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed
egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della
verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo
conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani:
verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete,
perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e
voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui
che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi
manifesterò a lui”.

Parola del Signore!


Mariella: Siamo nei cinque capitoli che compongono il cosiddetto discorso sacerdotale e che raccolgono i passaggi più importanti dell'intero insegnamento del Signore che sono: la rivelazione dell'infinito amore di Dio per gli uomini, la relazione che lega il Padre al Figlio, il comandamento dell'amore vicendevole, la promessa dello Spirito Santo agli Apostoli, l'annuncio del ritorno finale di Cristo, l'affidamento a Pietro del compito di essere suo successore all'interno della Chiesa che si sta per costituire.
Giovanni colloca tutto questo materiale all'interno dell'ultima cena, quasi a formare un vero e proprio  testamento spirituale di Cristo.

Premesso questo, quel che conta non sono tanto i personaggi che animano la scena di allora e neppure il contesto nel quale ci troviamo, quanto piuttosto le PAROLE pronunciate dal Maestro, verso le quali dobbiamo prestare la massima attenzione.
Anche perché oggi, gli interlocutori di Gesù non sono più quelli del Vangelo ma siamo noi.
Il Signore si rivolge a noi, così come a loro, con le stesse parole, e suscita in noi le medesime reazioni: disponibilità, stupore, incredulità, incomprensione, indifferenza a secondo di quanto il nostro cuore sia disponibile ad accoglierlo.
Il suo messaggio è un messaggio d'amore e di speranza.  L'amore in fondo è una cosa bella che dona pace, armonia, unità, comunione, perché non vogliamo accoglierlo?
Perché molto spesso ci resta così difficile comprendere ed applicare le sua parole?

Anche la speranza è una parola che sembra uscita dal nostro vocabolario comune e registra un calo preoccupante. Invece di essere uomini e donne di speranza, siamo ormai tutti in preda alla rassegnazione per non dire alla disperazione.
E quando manca la speranza quale futuro possiamo costruire e promettere ai nostri figli?

Domenica scorsa nel Vangelo era scritto: "Chi ha visto me, ha visto il Padre" 
Ma cosa rende possibile che noi vediamo il Padre in Cristo?
Chi può illuminarci nella fede e farci comprendere che la sua è Parola di verità?

E' lo Spirito Santo, il Paraclito che Gesù stesso promette ai suoi discepoli dopo l'Ascensione.
Solo lo Spirito Santo è vincolo di unione fra il Padre e il Figlio e solo lo Spirito è in grado di far sì che noi concepiamo Padre e Figlio come una cosa sola, essendo Spirito di verità.
Gesù lo promette affinché nessuno di noi si senta orfano, ma tutti possiamo scoprire la presenza del Risorto, vederlo ed in Lui vedere il Padre, parole di Gesù!

Grazie allo Spirito Santo, chiunque lo riceve potrà credere e di vivere in Lui, potrà percorrere la via che Lui ci indica e perseverare nella sua Parola, osservare i suoi comandamenti, amarlo testimoniarlo con coraggio e perseveranza.
Sarà infatti grazie allo Spirito Santo che i discepoli, dapprima confusi e attoniti durante le apparizioni di Gesù, riusciranno a comprendere tutti gli avvenimenti ed avranno consapevolezza di ciò che il Maestro aveva insegnato loro.

Lo Spirito di Dio inviato a tutti gli uomini di buona volontà, vuol condurre anche oggi tutti alla verità, ma il mondo non lo vede e non lo conosce, troppo preso da uno spirito mondano e fasullo, non sa riconoscere la verità .
E noi da quale Spirito vogliamo essere abitati? Dallo Spirito Santo oppure dallo spirito del mondo?

Vorrei ancora sottolineare due cose importanti:
Gesù è datore di vita, è la Vita e questo è il suo obbiettivo: “io vivo e voi vivrete” dice il testo, la sua missione è anche un po' la nostra essere datori di vita, rispettare amare e servire la vita in tutte le sue fasi.

Seconda cosa: in questo brano è fortemente sottolineato il concetto di unione a Cristo, molte volte è ripetuto il verbo amare: se mi amate...questi è colui che mi ama...chi ama me sarà amato dal Padre ed anch'io lo amerò....
E' un amore che cambia la vita, uniti a Gesù siamo tralci che producono molto frutto, questo ci conforta.
L'uomo può dire no a Dio ma Dio non dirà mai no all'uomo, lo cercherà sempre, non siamo orfani, anche se una madre dimenticasse il suo bambino Dio non lo dimenticherà mai fino alla fine dei suoi giorni!
Possiamo essere indifferenti ad un amore così grande?

Enzo: In questo breve brano di vangelo Gesù, dopo aver parlato in precedenza dell’amore vicendevole tra i suoi discepoli “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”, ora chiede il loro amore per Lui. Amore che esige una sola cosa: l’osservanza dei suoi comandamenti. Non è solo obbedienza a delle regole ma adesione con amore alla sua parola, alla sua persona: “Questi è colui che mia ama”.

Poi dà delle garanzie, grande regalo come vedremo, ai suoi discepoli, non li lascerà soli: dopo di lui il Padre, invocato da Gesù, invierà in mezzo a loro “lo Spirito di Verità”: colui che aprirà la mente, gli occhi, ricorderà e farà capire, interiorizzare quanto Gesù aveva detto; si farà conoscere, lo vedranno, sarà il nuovo Paraclito, “un altro Paraclito” cioè prenderà il posto di Gesù, starà vicino, starà accanto come difensore, aiuterà, incoraggerà, consolerà, sarà l’avvocato difensore nelle difficoltà, nelle persecuzioni, sarà Colui che darà altre possibilità nella vita, si farà carico dei discepoli, metterà sulla loro bocca ciò che devono dire, annunciare. Il Paraclito sarà il secondo difensore dei discepoli, dopo Gesù, liberandoli, aiutandoli da tutto quello che  impedisce di essere in Dio.
Questo regalo di Gesù e del Padre, spesso non compreso, malamente presentato è alla base e guida della nostra vita dopo la morte, risurrezione e ascensione di Gesù al Padre.

I suoi discepoli, anche noi!, saranno dei privilegiati, non saranno come coloro che non hanno creduto in Gesù: i discepoli invece lo vedranno perché si creerà una comunione di intenti e di vita, faranno parte della stessa vita divina di Gesù: “perché io vivo e voi vivrete”.

Gesù è un fiume di parole: sa benissimo che i suoi discepoli non capiscono ciò che sta dicendo loro ma sa anche che il Paraclito quando sarà inviato dal Padre aprirà loro la mente. Allora, “in quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio”, capirete come voi siete “ in me e io in voi”, e che non vi ho “lasciati orfani”, le vostre delusioni saranno illuminate da una nuova speranza, la vostra vita cambierà nella carità, nella dedizione a me e ai vostri fratelli.

Riflettendo su questo brano si aprono anche i nostri occhi, la nostra anima prende consapevolezza dell’amore di Gesù per noi. Bello questo!
Abbiamo capito che Colui che ci ha amati per primo chiede  di essere ricambiato nell’amore?  

Ma l’amore di Dio per noi non è semplicemente una restituzione perché Lui ci ha sempre amati, ma il nostro amore per lui ci ritorna ancora una volta gratuito e raddoppiato:” Chi ama me sarà amato anche dal Padre mio”e ancora otterremo la sua “manifestazione”, sentiremo palpabile la sua vicinanza, la sua vita in noi, “e mi manifesterò a lui”.
Mi manifesterò a lui. E’ bello e santificante crederlo!

Ma questo Paraclito santificatore è oggetto del nostro amore? Si chiedeva e chiedeva ai suoi fedeli sant’Agostino:
”Come può dunque il Signore, riferendosi allo Spirito Santo, dire: Se mi amate, osservate i miei comandamenti; ed io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito, dal momento che senza questo Spirito non possiamo né amare Dio, né osservare i suoi comandamenti? Come possiamo amare Dio per ricevere lo Spirito, se senza lo Spirito non possiamo assolutamente amare Dio? E come possiamo osservare i comandamenti di Cristo per ricevere lo Spirito, se senza questo dono non possiamo osservarli?”. Ecco l’importanza della devozione-adorazione allo Spirito Santo, purtroppo tanto disattesa e poco inculcata.

Abbiamo alla fine della nostra riflessione una visione trinitaria di Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo che abitano in noi e noi in loro. E’ il  mistero di Dio che ci circonda, e questo mistero rende più forte la nostra fede, più accetti al Padre perché abbiamo creduto senza aver visto!

“Lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce, voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi”. E’ sempre Pentecoste come  per gli apostoli anche per noi: ricevuto lo Spirito santo nel battesimo e cresima aspetta, attesa divina!, che noi ci rivolgiamo a Lui.

“In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”.
Oggi noi sappiamo che anche in questa terra possiamo, se lo vogliamo e crediamo, possiamo vivere in Dio, partecipare della sua stessa Vita, dove Vita uguale Amore.

Mariella: davvero c'è da rileggere attentamente e meditare tanto sulle parole contenute in questo brano evangelico, ci aprono nuovi orizzonti dello spirito  finora forse inesplorati!

Enzo: Sì, è vero. Ci sarebbe molto da dire, da immagazzinare, soprattutto la nostra fede nello Spirito Santo, sulla sua presenza nel mondo e in ogni credente, nel dialogo che possiamo stabilire con Lui, nel chiedere con forza i suoi doni per la gloria di Dio, contare sulla sicurezza dei suoi interventi.
E poi se il Padre e Gesù hanno voluto mandarcelo un grandissimo motivo lo avranno avuto, conoscendo la nostra debolezza. Non ci resta che acconsentire e fare la loro Volontà.

Mariella: verissimo Enzo! E soprattutto riflettere sul nostro grande errore di fondo, quello di
considerarci  autosufficienti o peggio incapaci, senza valutare che non siamo noi a governare il mondo, ma è lo Spirito di Dio che dobbiamo invocare sempre in ogni necessità!

Enzo: Dobbiamo abituarci a pensare, vivere assieme allo Spirito Santo perché in Lui scopriremo il segreto di una vita cristiana vissuta seguendo la Parola del Padre, Gesù.


Facciamoci guidare sempre dal soffio dello Spirito Santo

 






giovedì 15 maggio 2014

«Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».




 
Domenica quinta di Pasqua: 18 aprile 2014

Dal vangelo secondo Giovanni 14,1-12


Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto:“Vado a prepararvi un posto”?

Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».

Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».

Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».

Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.



Enzo: Continua in questo capitolo il discorso iniziato da Gesù durante l’ultima cena. Le parole di Gesù presentano una particolare e costante aria di commiato dai suoi,  sono una continua rivelazione del suo essere, della sua importanza nella storia presente e futura per chi crederà in Lui. Assistiamo a un Gesù teologo che parla della vita futura, dell’essenza di Dio e dell’identità di se stesso col Padre.


Gli apostoli non capiscono, sono in uno stato di profondo turbamento per le predizioni che Gesù ha fatto: tradimento di Giuda, la sua dipartita da questo mondo, rinnegamento di Pietro: qualcosa non quadra, si fa presente una forte delusione e amarezza: ma non doveva essere lui il liberatore d’Israele?


Domenica scorsa abbiamo meditato un  Gesù Pastore e Porta delle pecore, come salvezza per ogni uomo che deve passare da Lui.

Questa domenica vediamo un Gesù delle promesse ma anche rivelatore del suo essere Dio: deve andarsene per preparare un posto per i suoi discepoli,  Lui è la via, la verità e la vita, è una sola cosa con il Padre.


Non è facile capirne il senso per i suoi : gente semplice, gente abituata al lavoro faticoso, gente pratica, e  anche gente che si attendeva molto da Gesù Messia, liberatore d’Israele, gente che, dopo aver lasciato tutto per seguire Gesù, aveva posto la massima fiducia in Lui.

Ed ecco il pensiero degli impazienti e titubanti apostoli, prima Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?».

Poi Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”.


Le parole iniziali di Gesù in questo brano dovevano avere un carattere consolatorio in vista del suo ritorno al Padre, chiede fede in lui promettendo un posto nella casa del Padre.

Dal tema del posto si passa a quello della via:  e qui Gesù fa la rivelazione centrale del brano di domenica: Lui è la via come mediatore per arrivare al Padre; Lui è la verità personificata, parola del Padre, è la vita per chi, seguendolo, lo raggiunge.


«Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”: tutti dobbiamo passare per la Porta secondo le indicazioni del Pastore; riconoscere la voce del Pastore come parola del Padre; fare parte della vita eterna da lui promessa.


“ Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Come sono difficili queste parole: Gesù e il Padre la stessa cosa, ma quando Gesù ce lo ha mostrato?

Il contenuto teologico è particolarmente denso, Gesù lo sa, ma Lui deve rivelare quanto il Padre gli ha ordinato di dire a noi: il quadro si completerà con la venuta dello Spirito santo, che farà conoscere quanto non potevano capire gli apostoli e quanta fatica facciamo noi a stare dietro alle parole di Gesù!


Gesù sorprende ancora : “Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”. Cosa voleva dire allora Gesù e oggi a noi?

Lui se ne va e lascia ai suoi apostoli di ieri e di oggi il compito di continuare la sua missione nella sua Chiesa.

Avevano creduto gli apostoli allora e crediamo noi oggi di poter fare opere più grandi di quelle operate da Gesù?...ovvero siamo tutti “uomini e donne di poca fede”?


Lo Spirito santo illuminò la mente e la vita agli apostoli il giorno della Pentecoste, ci faremo anche noi illuminare , sconvolgere per seguire Chi è via, verità e vita?  



Mariella: Il Signore conosce bene lo smarrimento del cuore di chi sta per perdere la vera fonte della vita, percepisce la loro paura, il loro senso di abbandono, il loro  stordimento. I discepoli possono provare angoscia e tristezza per la separazione dal Maestro, ma Gesù li previene informandoli che la sua lontananza sarà solo temporanea. Il posto, di cui parla Gesù e che egli promette, non è visibile con gli occhi della carne, ma solo con quelli della fede: per questo Egli li esorta: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me».


Vuole così immergerli nei pensieri dello spirito, farli salire in alto, vuole aprir loro gli occhi dell'anima. E perché possano conoscere la strada del cielo, si propone come la «via, la verità e la vita» testimoniando con il suo esempio, la Parola che ha pronunciato.


Per giungere al Padre quindi ,bisogna passare attraverso il Figlio. Nessuno può arrivare a Dio con le sole proprie forze, né può servirsi di altri mediatori. Come nessuno può andare verso il Cristo  se non gli è concesso dal Padre così nessuno può giungere al Padre senza la mediazione di Gesù.

La fede è veramente l'unica forza per superare gli inevitabili turbamenti della vita. Possiamo superare le difficoltà, appoggiandoci non su di noi, ma esclusivamente sulla sua potenza

Gesù dice che va a preparare un posto nella casa del Padre.


Non dobbiamo pensare che il Signore vada in cielo a preparare un posto, come si va in un albergo a riservare una stanza ma che grazie a lui possiamo essere vicini a Dio, possiamo incontrarlo e contemplarne il volto.


Anche a noi Gesù forse questa sera vuole sussurrare al nostro cuore: “Non sia turbato il vostro cuore!” Molte cose forse ci sono state negate nella nostra esistenza, molte cose ci inquietano e ci fanno stare male, molti dubbi possono insinuarsi nella nostra mente. Tuttavia, nelle nostre vite c'è una presenza che ci permette di superare tutte le mancanze e le assenze

C'è nel nostro intimo una gioia diversa che ci permette di accettare ogni dolore o perdita,  è la silenziosa presenza del Salvatore, che non ci lascia mai soli, anche quando sembra non intervenire nel cammino della storia di ciascuno di noi.


La nostra beatitudine sta proprio nell'essere con Cristo. Solo dalla fede nella Parola di Gesù può nascere la vera speranza nei cuori. Solo da essa matura la gioia, la pace, la carità, la misericordia, il perdono e la compassione.


C'è poi un'interpretazione diversa di questo brano, più legata all'insieme di letture che sentiremo domenica, in particolare quando il Signore pronuncia queste parole: "Nella casa del Padre mio vi sono molti posti..." Queste parole di Gesù, ci richiamano prima di tutto al posto dove ogni cristiano è stato collocato nell'ambito della Chiesa.

La Casa del Padre è la Chiesa: qui ognuno ha una sua mansione, un suo compito, un suo ministero!

Qui Gesù ci ha preparato un posto  dove servire ed essere pronti a dare la nostra testimonianza, anche fino alla morte se fosse necessario.


Una Chiesa nella quale si debbono riferire le parole stesse di Gesù:  "chi crede in me compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste". Una Chiesa chiamata ad essere immagine stessa di Cristo che libera, risana, consola, perdona, apre gli occhi ai ciechi e fa udire i sordi di cuore.

Molti miracoli si sono compiuti in questi secoli nel nome di Cristo e per mezzo delle Spirito Santo!

Molti miracoli frutto dell'Amore misericordioso che Cristo stesso è venuto a seminare nel cuore di quanti hanno deciso di seguirlo.

Ma purtroppo dobbiamo anche constatare che molto spesso ci manca il senso della vera Pasqua che è un ritrovarsi nel posto che il Signore ci ha riservato per essere distributori di gioia, di speranza e di pace.


Signore Gesù: a questa Chiesa di oggi, a ciascuno di noi, ripeti le parole antiche e sempre nuove che dicesti quella sera ai tuoi sconfortati apostoli: "Non abbiate paura, non sia turbato il vostro cuore...!"

Donaci di credere a queste tue benedette e sante parole. Siamo travolti dal turbine di tante cose che ci allontanano da te e da noi stessi, dalla stessa nostra vita. L'inquietudine delle assurdità che facciamo accadere nella nostra vita solo perché abbiamo smarrito il posto nella Casa del Padre tuo!

Aiutaci a ritrovarlo, per ritrovare Te e con Te la nostra vera Pasqua di rinnovata speranza e di novità assolutamente insperate! Amen


Queste ultime riflessioni ed in particolare la preghiera finale sono tratte da una meditazione di Padre Augusto Drago che ho creduto bene riportare in questo contesto.


Commento di Padre Ermes Ronchi,  tratto dalla rivista A SUA IMMAGINE del 17 maggio 2014




 “Abbiate fede in me, io sono la via, la verità e la vita”. 

Tre parole immense. Che nessuna spiegazione può esaurire.
Io sono la via: la strada per arrivare a casa, a Dio, al cuore, agli altri. Una via davanti alla quale non si erge un muro o uno sbarramento, ma oriz­zonti aperti. Sono la strada che non si smarrisce ma va verso la storia più ambiziosa del mondo, il sogno più grandioso mai sognato, la conquista – per tutti – di amore e libertà, di bel­lezza e di comunione: con Dio, con il cosmo, con l’uomo.
Io sono la verità: non in una dottrina, né in un libro, né in una legge migliore delle altre, ma in un ‘io’ sta la verità, in Gesù, venuto a mostrarci il vero volto dell’uomo e il volto d’amore del Padre. La verità sono occhi e mani che ardo­no! (Ch. Bobin). Così è Gesù: accende occhi e mani. La sua è una vita che si muove libera, regale e amorevole tra le creature. Il cristianesimo non è un sistema di pensiero o di riti, ma una storia e una vita (F. Mauriac). 
Io sono la vita. Che hai a che fare con me, Gesù? La risposta è una pretesa perfino eccessiva, perfino sconcer­tante: io faccio vivere. Parole enormi, davanti alle quali provo vertigine. La mia vita si spiega con la vita di Dio. Nella mia esistenza più Dio equivale a più io. Più Vangelo entra nella mia vita più io sono vivo. Nel cuore, nella men­te, nel corpo. E si oppone alla pulsione di morte, alla distruttività che nutria­mo dentro di noi con le nostre paure, alla sterilità di una vita inutile.
Infine interviene Filippo: “Mostra­ci il Padre, e ci basta”. È bello che gli apostoli chiedano, che vogliano capi­re, come noi. Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre. Guardi Gesù, guardi come vive, come ama, come accoglie, come muore e capisci Dio. E si dilata la vita.




venerdì 9 maggio 2014

Il mio Signore è il mio pastore e la porta del Regno di Dio




«In verità, in verità io vi dico: io sono la
porta delle pecore.

Domenica quarta di Pasqua, 11 aprile 2014




Dal vangelo secondo Giovanni 10,1-10


In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 
E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei. 
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per
rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.

Parola del Signore!



Mariella: La liturgia della IV Domenica di Pasqua presenta il cammino di conversione che ogni uomo e donna deve compiere per giungere alla vita eterna.
San Giovanni sottolinea la nuova condizione di salvati.  Gesù, Figlio di Dio, fattosi carne per salvare l'umanità, è il nostro pastore.
Egli chiama le sue pecore per nome, si prende cura di ognuna di esse, le conduce fuori, cammina davanti ad esse per guidarle.
Gesù è in grado di porsi dalla parte delle pecore perché è stato egli stesso "agnello mansueto condotto al macello" e quindi in grado di compatire e partecipare delle nostre infermità, la sua è una voce sicura che chiama per indicare la via che conduce ai pascoli migliori, che amorevolmente risparmia e preserva dai pericoli le sue pecore.
La sua voce ben si distingue da quella menzognera di coloro che sono ladri e briganti e non entrano per la porta, non si curano del gregge.

Saper distinguere la voce del vero pastore da quella dei falsi pastori è il compito di ciascuno di noi, che siamo chiamati a vivere nel mondo senza essere del mondo.
Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da tante altre voci, a noi è chiesto un ascolto docile e fedele.  La proposta di seguirlo forse può apparire troppo difficile, eppure è la sola proposta sicura e vera, che ci conduce alla salvezza senza tramonto.
Solo aprendosi all'amore di Dio all'ascolto attento e meditato della sua Parola, si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni.

C'è un particolare in questo brano che bisogna notare, Gesù si definisce Pastore delle pecore e altrettanto Porta delle pecore. Come può essere Gesù insieme Porta e Pastore?
Il Vangelo sottolinea che coloro ai quali Gesù parlava "non capirono di che cosa stava parlando".
Gesù annuncia una radicale novità dell'autorità generata dall'Amore, in rapporto all'autorità normalmente interpretata come "potere" a vantaggio di interessi particolari.
Gesù è venuto per introdurre una legge nuova a completamento di quella antica, una legge che si basa sulla comunione e non sull'individualismo.

Il Vangelo continua quindi chiarendo la natura dell'autorità ecclesiale: "In verità, in verità io vi dico: Io sono la porta..." Attraverso queste parole solenni, Gesù comincia a rivelare il mistero della sua presenza nella Chiesa: è la presenza inaugurata dalla sua risurrezione, dal suo passaggio da questo mondo al Padre attraverso un Amore che ha raggiunto il suo compimento nella Croce.

San Giovanni Crisostomo, uno dei grandi Padri della Chiesa, ha una felicissima spiegazione:
[La Porta rappresenta le Scritture Sacre: "queste infatti ci conducono a Dio ed aprono alla conoscenza di Dio. Egli si dice pastore e  porta secondo le diverse modalità della sua economia di salvezza: infatti quando offre noi al Padre,  si chiama porta, quando si prende cura di noi si chiama Pastore!"
E poi c'è da sottolineare la conclusione del brano: Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza .
La fede infatti è esperienza dell'incontro con Gesù  che chiama a percorrere con Lui il cammino della vita e a sperimentare che, pur dentro la fragilità umana, la vita ha una intensità inesauribile tanto da divenire vita "eterna".
Vogliamo fare questo cammino? Vogliamo riconoscerci sue docili pecore? Vogliamo passare attraverso questa Porta per entrare nel recinto di Gesù che è il Tempio del suo cuore?

Enzo: Col capitolo decimo Giovanni passa da un discorso cristologico (capitoli 7-9) a quello ecclesiologico: Gesù è il buon pastore che vive e agisce nella comunità attraverso lo Spirito. Le pecore simboleggiano il popolo di Dio. Gesù rivela ancora una volta  la sua identità, la sua persona la sua opera diretta al popolo di Dio, sua futura Chiesa e Tempio di Dio. La rivelazione di Gesù quale pastore diviene anche giudizio di chi è ladro, brigante, estraneo.
E’ un avvenimento solenne come denotano le sue parole: “In verità, in verità io vi dico”, per ben due volte con queste parole ascoltiamo una rivelazione diversa.
Bella la similitudine del recinto delle pecore. In questo recinto c’è anche una piccola porta riservata al pastore. Da questa porta il Pastore chiama per nome ogni pecora  e le conta una per una. Le pecore riconoscono la voce del pastore, ascoltano questa voce e lo seguono verso i pascoli..
Gesù si dichiara il Buon Pastore, altri non possono entrare dalla porta, ma solo scavalcando il recinto: si tratta di ladri che vogliono rubare portando via le pecore, sono i farisei che obbligano il popolo ad osservare delle leggi impossibili o molto dure, sono i falsi profeti.

Chi ascoltava le parole di Gesù non capisce la similitudine. Ecco che Gesù spiega e annuncia la seconda rivelazione: “In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore”, non del recinto, dichiarandosi così  mediatore della salvezza, l’unica via per giungere al Padre…Lui è la porta del Tempio di Dio. Sarà necessario passare attraverso Gesù per essere salvati, appartenere al suo ovile , la Chiesa, per poter entrare e uscire verso i pascoli, alimentarsi nella verità. Nella Chiesa di Gesù troviamo la certezza di  avere Gesù stesso come guida, pastore che va avanti segnando il cammino dando sicurezza a tutta la comunità sulle strade del mondo.

Sicuramente L’apostolo Giovanni aveva presente il capitolo 34 di Ezechiele  che presenta Jahwè come pastore accennando al futuro discendente di Davide, e adesso applica a Gesù ciò che Ezechiele dice di Dio Padre.

Ezechiele 34, 11-15:  
“Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano
disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.
Le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione. Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele.
Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio”.

Invito a leggere tutto il capitolo per capire bene il pensiero e l’opera di Dio.

. Un grandissimo gregge nascerà e vivrà unita seguendo Gesù verso una vita celeste beata.

Come non ricordare il salmo 23, preghiera solenne, riconoscente  per la  tranquillità che il Signore dona a chi lo segue anche nei momenti oscuri. L’anima trabocca di gioia perché bontà e fedeltà saranno compagne per tutti i giorni della vita.

Salmo 23: fermiamoci , recitiamo questo salmo lentamente, con fiducia.



Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.

 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
 Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
Amen! Amen!

Mariella: grazie Enzo per aver ricordato il bellissimo Salmo 23 che dovrebbe accompagnarci veramente ogni giorno della nostra vita e darci coraggio, forza e pace sempre, in ogni difficoltà ed in ogni attimo riconoscenti: siamo suo gregge, non erranti sperduti per le vie del mondo.
Questa è una grande certezza, la fede ci accompagni sempre nel cammino.

Enzo: E così speriamo che sia sempre.

Mariella: ancora una piccola cosa vorrei sottolineare che può sfuggire
Gesù conduce le sue pecore dentro, ma anche fuori dal recinto: in un certo senso si può interpretare come un mandato missionario.
Noi abbiamo il compito di portare la Parola di salvezza anche al di fuori dei nostri recinti, là dove ci sono pecore senza pastore, pecore sperdute.
Chiediamo allo Spirito Santo di darci questa capacità di testimoniare sempre con coraggio e perseveranza l'amore del Signore!

Enzo: Ai ministri e ai discepoli di Gesù tocca custodire il gregge nel recinto e aprirlo continuamente al bello del Vangelo, ma spesso c'è chi scappa... Ogni cristiano è il custode che apre la porta al Pastore. Spetta ad ognuno il bellissimo compito di aprire la porta  per  consegnare a Gesù dei fratelli con le nostre opere buone che puzzeranno di pecore...per dirla come papa Francesco, senza dimenticare quelle che non siamo riusciti a trattenere.