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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


giovedì 28 novembre 2013

Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.




Tenetevi pronti perché…viene il Figlio dell’uomo


Domenica 1 Dicembre 2013


Dal Vangelo secondo Matteo  24,37-44
Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.

Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano,

prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca,

e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche

la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà

portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata

via e l’altra lasciata.

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.

Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte

viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi

tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.


Mariella: Con la liturgia della prossima domenica muoviamo i primi passi nel tempo dell'Avvento

Inizia, con questa domenica anche un nuovo Anno liturgico, un lungo arco di tempo, durante il quale, contempleremo, e celebreremo con la Chiesa, tutto il Mistero di Cristo nostro Redentore.

Tempo prezioso per la conversione di ogni cristiano, chiamato a rivedere la propria vita alla luce del Vangelo, guidato, passo, passo, a ricostruire quella immagine divina, iscritta nel suo essere, ma offuscata dal peccato e spesso dalla lontananza da Dio.



Il Signore viene proprio per questo perché vuole stare con noi. Viene perché ci vuole bene, perché vuole salvarci indicandoci la via che porta a Lui.

Rivestirsi di Cristo dunque  l'impegno fondamentale di ogni credente, simboleggiato da quell'uomo, prudente e saggio, di cui oggi il Vangelo ci parla.



Le parole del Signore, che l'evangelista Matteo riporta, possono, a prima vista, incutere paura, col ricordo di quel diluvio inatteso che inghiottì tutti, ma l'ammonimento ha come unico obiettivo la salvezza, e non la minaccia; ed è per questa ragione, che Egli ci richiama alla realtà della vita, perché la viviamo non da incoscienti, ma nel giusto modo, col desiderio dell'incontro con Dio attraverso suo Figlio nostro salvatore.



Nel Vangelo di Matteo abbiamo un quadro attualissimo della comune mentalità dell’uomo che vive lontano da Dio, cercando soltanto di soddisfare i propri istinti e i piaceri più terreni.

Gli uomini ai tempi di Noè, «mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito» semplicemente vivevano tentando di rispondere alla comune domanda di felicità immediata. Niente di diverso sotto certi aspetti, di come molti oggi interpretano la vita.



Il tempo d'Avvento ci prepara a dare respiro diverso alla nostra esistenza .

«Due uomini saranno nel campo, uno sarà preso e l'altro lasciato... ». Sui campi della vita uno vive sull'orlo dell'infinito, uno dentro il circuito breve della sua pelle. Tra questi due, uno solo è pronto all'incontro. Uno solo sta sulla soglia, a vegliare in attesa del ritorno del Signore. L'altro «non si accorge di nulla».

Questa purtroppo è la dura realtà dell'uomo di tutti i tempi, la frase chiave di questo Vangelo potremmo proprio dire che è la seguente: " e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti".



Accorgersi che il Signore viene!

La più grande tragedia dell'uomo d'oggi è proprio il non accorgersi, il non mettersi in attesa, il non essere pronto, non vegliare sul proprio cammino, restare in balia del nulla e della superficialità e banalità di una esistenza terrena fine a se stessa

A volte può addirittura sembrare che il Signore sia distante, disinteressato a quello che accade nel mondo. Spesso di fronte all'ingiustizia, alla violenza o alla malattia ci domandiamo: perché Dio non viene? Perché ci lascia soli? Perché non ci libera dal male se ci vuole bene? Questo tempo di avvento ci aiuta a capire la vicinanza di Dio. Egli viene perché tutti possano trovarlo, perché tutti possano accorgersi della Sua esistenza!

Il nostro è un mondo ormai deluso e stanco, ha bisogno di speranza, non di rassegnazione e pessimismo.



Quanti motivi abbiamo oggi per non sperare, per gettare la spugna, per ritirarsi in difesa!  La paura ci condiziona.

Quante volte non cambiamo per paura! Quante parole non diciamo per non sbagliare, per paura di essere giudicati, per paura di comprometterci! Quante occasioni perdiamo per aspettare che siano gli altri a fare il primo passo!

Dio non ha paura e viene a riempire il nostro cuore di speranza. Il mondo può cambiare! Gli uomini possono cambiare.



La speranza e la fede vincono la paura. C'è bisogno di uomini e di donne forti nella fede, che non  smettano di sperare e di amare col cuore di Dio e così facendo sappiano cambiare il mondo.

Se scegliamo di vivere la mitezza e l’umiltà  invece dell’aggressività, così come c'insegna Cristo, se scegliamo di rispondere al male con il bene, di aiutare chi è più povero, se smettiamo di guardare solo i nostri interessi e fregarcene degli altri, se iniziamo a cambiare noi stessi inizierà a cambiare il mondo.

L'Avvento c'invita a non restare prigionieri della paura e dell’indifferenza, ma  essere uomini e donne che vivono già oggi la speranza di Dio!  Buon Avvento a tutti noi!




Anna: Con l’inizio dell’Anno Liturgico, la Chiesa ci propone il cammino di Avvento.

Avvento: farsi prossimo, stare accanto all’altro, camminare verso l’altro.

L’uomo dell’Avvento è colui che sa ascoltare la voce del Padre. L’Uomo dell’Avvento è colui che sa riconoscere i Passi di Dio, dell’Uomo  Dio …il cammino per arrivare a Betlemme …

L’uomo dell’Avvento è il tratto di strada che percorre i trent’anni di Gesù che prende la sua croce e lo segue sul Calvario.

L’uomo dell’Avvento crede che dopo il Calvario c’è la resurrezione e la morte non prende il sopravvento.



Spesso si parla del Natale come una festa da bambini … no, non è così …. Non bastano i regali, la tradizione, le emozioni i sentimenti delle famiglie che intercorrono in questa festa meravigliosa.

Il Natale ci ricorda che Gesù vuole trovare nel nostro cuore una tenda dove dimorare, una famiglia, piccola Chiesa dove stabilirsi per sempre.

Quella tenda deve diventare ogni giorno Tabernacolo del Dio vivente che si è fatto bambino:

un amore che è luce nelle tenebre, un amore che si mette nelle nostre mani sperando che queste mani siano pronte ad accoglierlo e capaci di donare.



Il Vangelo ricorda e ci fa riflettere questa sera su ciò che era accaduto ai ' giorni di Noè.

Essi erano solo impegnati a vivere, <<semplicemente vivere>>.

Anche noi oggi tendiamo a far scorrere il tempo presi da mille affanni che alla vita si presentano: corriamo di qua e di là, scontrandoci con le persone, correndo contro il vento senza nessun senso …. nel vuoto …. non sapendo guardare oltre l’orizzonte ….

senza saper ascoltare …. condividere ….  dare spazio all’altro ….



Il Vangelo di stasera ci invita a non vivere senza mistero quando non ci accorgiamo dell'ingiustizia, della mano tesa, degli occhi che ci cercano e delle lacrime silenziose che vi tremano, della solitudine di chi abbiamo vicino, della sofferenza interiore nel cuore del mio fratello che va cercando speranza… e parole di luce e conforto …o solo un momento di condivisione.



Quando non sappiamo gustare i giorni e i mille doni che ogni giorno ci vengono regalati da chi ci ha creati a sua immagine e somiglianza; quando non sappiamo rispettare l’opera che è in noi e in ciascuno, e non mi accorgo di quanta luce e generosità, Dio vive in noi.



Il male di ogni uomo è quello di non rendersi conto di quanto è meraviglioso e bello …. di quanto si potrebbe fare per essere luce che consuma solo per Amore.



Avvento: tempo per vegliare, perché qualcosa o qualcuno manca.  per desiderare Colui che manca

e che viene, dice il Vangelo di oggi, con una simbologia sorprendente, come un ladro, nel tempo delle stelle.

Che viene in silenzio, senza rumore e clamore, senza apparenza: "Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte"se non accendiamo la luce del cuore cambiando noi stessi per far spazio al nostro Re nei fratelli .

Vieni Gesù!


Enzo: Gesù, dopo aver parlato degli ultimi avvenimenti e della venuta del Figlio dell’uomo, da una visione collettiva degli avvenimenti passa ad un richiamo individuale.

Gesù parla ad ognuno di noi, ad ogni uomo. Gesù ci invita a riflettere, ci invita a fare un test personale di comportamento, un esame di coscienza.

Leggendo questo brano possiamo rimanere perplessi, pensierosi…forse dubbiosi…

Ovvero indifferenti…O ancora contenti se  il nostro sguardo è rivolto alle cose beate che ci attendono…



Le parole di Gesù hanno dato una sveglia al mio torpore per farmi guardare in alto e sperare nella sua bontà?



Gesù invita ad una vigilanza come attesa operosa, consapevole della propria storia e dell’aspetto finale della stessa: cosa veramente mi attende? Cosa spero, cosa faccio? Credo ad un incontro importante desiderato del profondo del cuore?...

Tutte queste domande attendono una risposta, non domani ma oggi, in questo momento e domani alla stessa maniera: vuol dirci questo Gesù quando invita  a tenerci pronti?



Essere pronti caratterizzerà il discepolo di Gesù, l’essere cristiano: non importa quando verrà, noi speriamo nella sua promessa.




Mariella: abbiamo sicuramente focalizzato diversi elementi sui quali riflettere. Ci resta un mese a Natale per preparare i nostri cuori all'incontro col Signore.

L’avvento non è per nulla un tempo ripetitivo sempre uguale, perché, se così fosse, la nostra fede non avrebbe fatto progressi.

Ogni avvento è visto con occhi diversi, occhi di fede che dovrebbero aprirsi sempre di più al Mistero.

Cerchiamo dunque di vivere questo tempo di grazia con rinnovato entusiasmo e crescente volontà di conversione

illuminati dallo Spirito Santo potremo arrivare a Natale con una nuova gioia nel cuore, la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto!



giovedì 21 novembre 2013

IL RE CHE VINSE LA MORTE



Festa di Cristo Re

Domenica 24 Novembre 2013  





Dal Vangelo secondo Luca 23, 35-43: Quando io sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”(Gv 12.32)


Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato
altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo
deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re
dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei
Giudei».
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato
altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo
deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re
dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei
Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva
te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore
di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché
riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha
fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo
regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Enzo: Questo brano di vangelo, in questa ultima domenica del tempo ordinario, a prima vista sembra fuori luogo: festeggiamo Gesù, il profeta, il sacerdote, l’unto del Signore come Re e lo vediamo morente in croce. E che scena ai nostri occhi: il popolo stava a guardare lo spettacolo, sì lo spettacolo perché questa era l’usanza pagana, spettacolo pagano per  il popolo che ha sempre bisogno di un pezzo di pane e divertimento. I capi del popolo, sacerdoti, scribi farisei ( coloro che dicono di volere bene al popolo e a Dio) deridono Gesù.
Non parliamo dei soldati , omaccioni dediti alla guerra, duri, rudi, sanguinari che si prendono gioco di Gesù.
Per ultimo, ma non meno importante,  la volontà di Pilato, del pauroso Pilato, ordina una scritta in alto sulla croce che dice: Gesù  Nazareno Re dei Giudei. La scritta è stata messa ben in evidenza affinché tutti potessero sapere chi era quel condannato.
Improvvisamente ci si accorge che il condannato era un re, figlio di Dio che non può salvare se stesso, quello stesso, ma questo non tutti lo sanno, che di lui era stato scritto, Zaccaria 12,10: “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto” e che lo stesso Gesù aveva annunciato “Quando io sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”(Gv 12.32)
Ma noi uomini abbiamo la memoria corta.
Un re che aveva degli uomini, chiamati apostoli, discepoli al suo seguito che ai piedi della croce ne era rimasto solo uno, Giovanni e la madre del condannato Maria.
In questa scena , oltre a Maria e Giovanni, solo un soldato romano, un centurione che  dopo aver trafitto il costato di Gesù riconoscerà in Gesù il Figlio di Dio: sicuramente aveva sentito queste parole, Figlio di Dio, direttamente dalla bocca di Gesù, a me piace pensarlo.

Ecco il nostro Re! Gesù in croce: dimenticavo, che aveva in testa una corona, non di oro, ma di spine!

“ Davvero costui era Figlio di Dio!”.Lo disse il centurione , lo diciamo, affermiamo, anche noi oggi, a distanza di duemila anni e come allora l’apostolo Paolo, riteniamo di non sapere altro in mezzo a noi che il Figlio di Dio Gesù Cristo, e Cristo Crocifisso, è il nostro Redentore, il nostro Re.

Il nostro re, un re speciale, un re, il Re dei re, che perdona il vicino malfattore, che aveva perdonato tantissimi altri solo perché avevano creduto in lui, che dona la sua vita per i fratelli.
Il nostro Re che scusa i suoi carnefici nella preghiera al Padre…
Il nostro Re che ci affida la sua Regina-Madre prima di morire…
Il nostro Re che prima di dare l’ultimo sospiro grida al Padre la sua ultima preghiera: “ Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito”.
 Che tremenda ma bella morte quella del nostro Re! Che esempio…da un Re che ha voluto essere uno di noi, abbracciò l’unica strada per cambiare il nostro modo di pensare e di essere: sì, perché nessuno aveva parlato e parlerà mai come Lui, Lui solo aveva, ha, e avrà sempre parole eterne per ogni uomo di buona volontà che vorrà essere suo discepolo e testimone.

Lui, il nostro Re, aveva annunciato la sua morte ma anche la sua Risurrezione agli increduli discepoli: è risorto veramente e ci aspetta nel Regno dei cieli. La sua risurrezione è garanzia della nostra fede. Abbiamo di che far festa, gioire per lui con tutti gli angeli e santi del cielo.
A Lui, nostro Re, onore e Gloria!!

"Gesù Cristo, è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a Lui la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Ecco viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che Lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno il petto per lui. Sì! Amen.
Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente" (Ap. 1,5-8)
.
Giuseppe: La sfida dell’uomo a Dio. Quanto scellerati possiamo essere noi esseri umani. Se ci guardiamo attorno, se pensiamo a noi stessi, al nostro operare nel mondo, ci rendiamo conto del dramma immenso che si consuma ogni giorno.
Siamo davvero figli di Adamo ed Eva e del loro “bisogno” di onnipotenza. Gesù, pur avendo assunto la nostra umanità, non è come noi, muore come noi, muore per ubbidienza al Padre, muore per amor nostro per darci l’ultimo insegnamento.

E’ così che si è innalzato al di sopra di qualsiasi uomo, di tutti gli uomini. I santi martiri gli sono inferiori, perché come noi tutti hanno peccato nella loro vita, perché sono venuti dopo di Lui, perché hanno avuto bisogno del Suo primo esempio, della Sua Parola: sono allievi e non maestri.
Oh, il nostro Maestro!La sfida perduta. La sfida vinta. La sfida è anche nostra se seguiamo il suo esempio. Noi non arriveremo mai ad essere così grandi, nonostante la fede più grande che possiamo immaginare, siamo solo poveri esseri umani, fragili, deboli, imperfetti. Lui,nostro Re e Signore, ci vuole grandi al Suo cospetto.
La nostra fede, cocciuta, conclamata, continua, persistente ci salverà. Quella sarà, se lo vorremo e con il suo aiuto la sfida vinta.
Ecco perché questa è la solennità di “Cristo Re”: Lui elevato sulla croce ci ricorda, che è re per amore, e con  amore  sale a Lui la nostra adorazione, il nostro sì quotidiano. E’ finita la storia terrena del Figlio di Dio, è iniziata la storia regale del Signore nostro.

Dall’alto ora mi guardi, Signore.
In basso, a me accanto
Tu alberghi.
La mia storia dipani,
intrisa di Te,
mi mostri la strada,
mi prendi per mano
e io, il bimbo che sono,
mi lascio portare,
mi fido,
e vengo da Te.

Mariella: Vorrei aggiungere alcune riflessioni un po’ attualizzate con i fatti accaduti in questi ultimi giorni.
Ho a lungo riflettuto sulla potenza di Dio e sull'impotenza dell'uomo: un Dio che non interviene ma lascia fare, un Dio che non si manifesta con la forza, ma si percepisce con il cuore.
Torniamo al Vangelo di Luca:
Gesù, è un Re, che prende le vesti di un uomo sconfitto."...il popolo stava a guardare...", abbiamo letto.
Gesù, morente, è sotto gli occhi della folla che, ormai, non lo acclama più come fino ad alcuni  giorni prima. Il Cristo crocifisso, è, anche, sotto gli occhi dei capi ai quali quest'uomo aveva dato molto fastidio con la sua verità e la sua coerenza.
Potenti che non chinano il capo neppure di fronte al dolore estremo e alla morte, e manifestano la loro brutalità con la sfida e lo scherno, che risuonano nelle parole:”Ha salvato gli altri, salvi se stesso!”
Ma Egli tace.
Ecco il silenzio di Dio!
Un silenzio che si fa pesante e presente anche durante il cammino della storia;
un silenzio che anche oggi forse è difficile da accettare di fronte allo scatenarsi della natura che travolge cose e vite umane.
La sua divinità,la sua regalità  non sono rivelate da gesti strepitosi, perché il suo potere, non si esprime coi miracoli, ma è fondato, e si realizza nell'amore che si dona senza misura.
È in Lui, che ogni credente realizza la propria dignità, non fatta di potere, ma di amore che, umilmente e generosamente si dona.
Stiamo assistendo ad una generosa gara di solidarietà, come sempre avviene nelle catastrofi della storia.
Là dove alcuni gridano: dov'è Dio?, altri si rimboccano le maniche e scendono in campo per risollevare le sorti di questa umanità in nome di Cristo.

È questo lo stile della regalità di Cristo e, in Lui la regalità autentica dell'uomo, la sua grandezza e dignità si misurano sulla capacità di piegarsi sul bisogno dei poveri, dei piccoli, degli indifesi, degli emarginati, di tutti coloro che, in qualche modo, gli eventi della vita hanno condannato. Dio, per mezzo nostro s'incarna ogni giorno nella storia dell'umanità sofferente e torna a vivere la passione e la morte in croce:
è questo il Dio che vogliamo IMITARE, AMARE, LODARE !
  
Anna  Il primo pensiero di stasera che il Vangelo mi ha dato modo riflettere è stata la semplice domanda di chi è un Re.  E' colui che ha in sposa una bellissima regina, che si  fa servire, che possiede ricchezza, che ha sudditi,  che dispone di un’ impero e le sue leggi sono << la Verità >> che  ha una corona di diademi sul capo!! 
 E' colui che viene scelto da tutto il popolo per tutelare il bene della collettività, organizzarne la difesa e gestirne la giustizia, deve avere un forte carisma per saper tenere unito il popolo, promuovendo la solidarietà, e soprattutto: deve amare il suo popolo. Dopo un anno di cammino, la settimana prima dell'Avvento, la liturgia ci mette davanti agli occhi la novità scandalosa, l'inaspettata sovversione di un Dio che presenta la sua regalità dal trono della Croce.  Al centro del Vangelo di oggi c'è l'evento della Croce. La Croce  un legno dei chiodi !  Questo è il nostro Re   …La morte …un  abbraccio di Luce la Resurrezione … l’Eternità  ……Un bel cammino forte di Fede di Speranza e sublime Carità.  Quell'uomo appeso alla croce, abbandonato e tradito è il nostro Dio, è il nostro Re.Un Re insolito ,  Egli è il Figlio di Dio come ci dice Gesù e come noi recitiamo nel  Credo  assumendo la nostra natura umana, predica il regno di Dio lo costruisce con i suoi gesti di amore, diventa il nostro Salvatore con il Sacrificio della Croce e la potenza della Risurrezione.
Il suo trono però dopo la culla di Betlemme, è la croce,
quel legno che l'uccide, ma che è la nostra salvezza,
che esprime il massimo dell'amore con il dono della vita,
che non toglie il dolore ma lo condivide,
che non ci salva dalla morte ma nella morte,
che perdona e persino giustifica i suoi assassini,
che sceglie come primo inquilino del nuovo Regno il malfattore crocifisso al suo fianco,
che muore abbandonato da tutti i suoi amici,
che nella solitudine più totale e straziante non maledice
ma consegna il suo spirito al Padre.

Un Re con la corona di Spine che si rivela Uomo-Dio, Dio-Amore e con il suo donarsi e proprio nel suo donarsi ha manifestato  Se stesso, il suo volto salvando,  guarendo rimettendo in piedi , trasfigurando chi lo ha riconosciuto come il Messia e completando la Storia di Salvezza.

Sarai con me !
Ti terrò con me !

Questa è  La Certezza  , la Veridicità del nostro Re ! Sappiamo e siamo convinti che tutti siamo suoi e che ci terrà sempre con Lui !!!  Seguiamo Gesù  fino alla Croce spogliandoci  dal nostro egoismo , dall’arrivismo e servendo chi ci passa accanto spezzando il pane nell’Unità
Ecco il nostro Re , un Re che si fa Presente sempre nella Celebrazione Eucaristica nell’Ostia Consacrata e in quel Calice versato per la liberazione e Salvezza di ogni uomo,  che ci innesta nella sua sofferenza e Amore e acquisisce per noi il Vero Senso di  figliolanza e appartenenza al Padre.

Potete leggere il commento di Padre Augusto Drago sulla festa di Cristo Re nella pagina a Lui dedicata

giovedì 14 novembre 2013

Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.





"Io vi darò parola e sapienza"
Domenica 17 Novembre


Dal Vangelo di Luca 21,5-19 Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e

quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.

Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.



Parola del Signore!

Mariella: L'anno liturgico volge al suo termine e i brani biblici di queste ultime domeniche orientano  verso gli avvenimenti finali della storia, sia a livello universale.

Questo discorso, che l'evangelista colloca immediatamente prima del racconto della passione, assume il valore di un vero e proprio testamento che il Maestro prima di essere condotto al Calvario per la sua missione salvifica, vuole lasciare ai suoi discepoli di tutti i tempi e di tutti i luoghi.


 In questo testamento, Gesù solleva in qualche modo il velo sul futuro che l’umanità attende fino al termine della storia, quando Egli verrà nella gloria, per radunare i dispersi e ricomporre le tribù.

È’ l'ultimo discorso pubblico di Gesù, il suo addio a Gerusalemme, di cui annuncia  la distruzione con parole raggelanti: “sarà ridotto a un cumulo di macerie”.


Gli uditori, sbalorditi e increduli, chiedono a Gesù quando questa profezia si sarebbe attuata e quali fossero i segni che avrebbero preceduto quel tragico avvenimento. Ma Gesù nella sua risposta è meno interessato alla sorte di Gerusalemme, quanto piuttosto gli sta a cuore il destino dei suoi discepoli e la condotta che essi dovranno tenere nel tempo lungo dell'attesa.

In primo luogo mette in guardia i suoi dai falsi profeti che annunciano prossima la sua venuta. La fede dei discepoli fin dagli inizi sarà sempre minacciata da falsi profeti, da presunti rappresentanti di Dio. Bisogna vigilare dunque, per non lasciarsi ingannare da chi vuole allontanarci dalla retta via.


Gesù chiede ai suoi discepoli di ogni tempo, ossia a noi oggi, di accettare con coraggio il tempo che viviamo, di guardare in faccia alla realtà, per saperla affrontare. Il coraggio è  necessario soprattutto di fronte all'odio e alla persecuzione che accompagnano l’annuncio del Vangelo.  Per questo esorta i suoi a seguirlo senza paura anche sulla via della Croce se fosse necessario, perché la sequela non può essere disgiunta dalla testimonianza.


"Questo vi darà occasione di rendere testimonianza". Infatti coloro che rimangono  fedeli a Gesù anche nella sofferenza più estrema, offrono un’efficace ed incisiva testimonianza agli altri. Gesù stesso e lo Spirito Santo  metteranno sulla loro bocca parole efficaci per controbattere quanti si accaniranno contro di loro.

Quando si troveranno odiati da tutti, traditi e abbandonati perfino dai loro famigliari, potranno sempre contare sulla protezione del Padre, che nella sua attenzione amorosa curerà anche il più piccolo particolare: "Nemmeno un capello del vostro capo perirà!"


E Gesù conclude rassicurandoci: "Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime".

Il termine "perseveranza" più propriamente significa: pazienza, costanza, coraggio, fiducia, soprattutto resistenza di fronte alle tante prove della vita. Si tratta di rimanere fedeli alla parola di Gesù, alla volontà di Dio che ci chiede di vivere quotidianamente nel suo Amore e per amore.

Ci chiede di scoprire e attuare il significato del lavoro umano dell’operosità. San Paolo ci esorta a vivere il tempo della nostra esistenza non in oziosa agitazione, ma "lavorando in pace"

E possiamo tranquillamente affermare che l'attesa del mondo futuro non consente alcuna evasione dagli impegni terreni, ma sollecita a migliorare la nostra società.


Leggendo questo brano del Vangelo di Luca è facile pensare esclusivamente agli avvenimenti della fine del mondo che chiuderanno la storia umana: la fine del mondo, la vittoria del Signore, il giudizio ultimo. E invece non si tratta soltanto di questo.

Non si tratta nemmeno di valutare le cose che stanno succedendo tutt'ora e quelle che nel corso degli anni abbiamo visto succedersi.

La prospettiva di questo discorso di Gesù è in un certo senso capovolto: a partire dalla certezza del suo ritorno glorioso e del giudizio finale, Gesù concentra l'attenzione dei discepoli sul presente nel quale vivono.

Preghiamo perché il Signore ci faccia conservare una fede lucida, di fronte allo scatenarsi della violenza nel mondo e al dilagare dello strapotere del male

e perché ci aiuti, attraverso le vicende liete e tristi di questo mondo,a vivere il presente nel migliore dei modi, così come Lui desidera da noi!


Giuseppe: Questo brano evangelico mi conduce lungo il sentiero della vita, che ognuno di noi sta provando. Problemi. Drammi. Anche la preannunciata distruzione del tempio ne è un esempio. Oggi possiamo vedere la distruzione del “tempio spirituale” che è assai peggio, ma che gli ebrei del tempo non potevano capire.


Ricordo una frase del cardinal Ratzinger, poi divenuto sommo pontefice: “la crisi della predicazione cristiana, che da un secolo sperimentiamo in misura crescente, dipende in non piccola parte dal fatto che le risposte cristiane trascurano gli interrogativi dell’uomo”. Ed ecco allora la “lezione” pratica di questo vangelo calata ai nostri giorni, la sua risposta.


Io, il cristiano, il protagonista della storia di oggi, io che mi proclamo credente, sono invitato da Gesù Cristo a prendere coscienza, in modo attentissimo, ma anche tenero ed appassionato, di me stesso per riuscire a spalancare gli occhi dell’anima, disporre di me stesso secondo la mia fede, riconoscere persino nell’aria che respiro quel Gesù, e viverlo in me.  “e il Verbo si fece carne”, come anche noi siamo carne, per cui parla e vive come dobbiamo vivere noi.

E’ un’avventura bella, la nostra vita, questo nostro immergerci nella Sua Presenza, che è reale “e il Verbo si fece carne”, è l’esperienza che porta al traguardo finale, l’eternità nella casa della creazione, l’eternità alla presenza del Padre.

Ed è questo che la società di oggi non comprende e non comprendendo rifiuta. Prendere sulle nostre spalle  gli interrogativi della società dei nostri giorni è l’unica strada possibile. I veri mattoni del nostro tempio sono al di là e al di sopra di noi, eppure li possediamo. Dobbiamo farne l’uso per cui ci sono stati donati con il cuore, la vita e il sangue di Cristo, nostro redentore, colui che ha le chiavi del tempio indistruttibile.

Chiediamoci, allora:

- abbiamo davanti a noi il traguardo da raggiungere?

- stiamo costruendo il tempio santo, quel mondo nuovo che Lui ci ha promesso?

 Nella nostra risposta sta il presente e il futuro della Storia della Chiesa.


Enzo: A chi di noi non è capitato visitando le tante cattedrali o tempi del nostro bel paese e non rimanere  ammirati della loro maestà e bellezza? Ma, forse, nessuno ha mai pensato alla loro distruzione. Per gli ebrei che seguivano Gesù oltre la meraviglia sicuramente si univa nel loro animo l’orgoglio: il Tempio di Gerusalemme era per loro il segno della presenza di Dio, il luogo dal quale Dio protegge il suo popolo, il tempio del Dio delle promesse.

Sicuramente con questo animo religiosamente orgoglioso i presenti ai quali  Gesù si rivolgeva non capirono le sue parole.


Gesù sembra voler frenare quel commento entusiasta, consapevole dell’imminente distruzione e del tempio e della stessa distruzione. Ma non è la distruzione del tempio che Gesù mette in primo piano e ne decreta la fine, ma le parole che seguiranno riguardano anche altri “edifici”: tutto l’uomo in particolare nelle sue scelte e decisioni; l’amicizia tradita; le famiglie sconvolte per altri interessi; omicidi, persecuzioni e odio generalizzati…E tutto questo per chi crede nel nome di Gesù!

Alla domanda dei presenti dei tempi futuri Gesù risponde solo in parte manifestando i segni che li precederanno. Segni terribili, apocalittici allo stile dei profeti, così terribili che Gesù stesso pianse su Gerusalemme pensando a ciò che l’attendeva.

Dalle sue parole è chiaro il suo pensiero rivolto ai discepoli: importante è la vostra Vita che “salverete con la vostra perseveranza”: Vita con la “V” maiuscolo.

..Luca quando scrive sicuramente ha presenti le prime comunità cristiane segnate da precarietà e persecuzioni, anche interne alle famiglie. A loro ricorda le parole di Gesù: “io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere”.


io vi darò parola e sapienza” , “salverete la vostra vita con la vostra perseveranza”.


Sono anche per noi queste parole?



La Chiesa, comunità dei credenti, così come la conosciamo, con le sue chiese, cattedrali, organizzazioni e strutture, è segnata dal limite umano, da una fede spesso precaria, lontana da quella “Parola e Sapienza” che Gesù vuole darci, da quella “Perseveranza” di oggi, di ogni giorno, che è frutto di fortezza che  soltanto lo Spirito può dare: perseveranza che è attenzione continua, discernimento come conoscenza e opposizione alle forze del male.

Mi viene da fare una domanda: cosa vuol dire Gesù con “perseveranza”? Non vorrà forse dire che quella fine che si prospetta orrenda incomincia proprio adesso, in questo momento per noi che abbiamo ascoltato la sua parola, nel presente, e che nemmeno un capello del nostro capo sarà perduto?


Abbiamo bisogno di una Fede che, per essere vera, è testimonianza, manifestazione di quello a cui crediamo; che non teme di perdere questa vita per quella vera, futura, la vera Vita alla quale Dio ci chiama: salveremo la nostra Vita, quel futuro che Gesù chiama Regno dei cieli.


Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato non hanno un tono minaccioso ma di incoraggiamento: facciamole nostre con la fiducia che un simile Maestro merita. O no?


Mariella: Enzo tu chiedi a noi cosa vuol dire Gesù col termine "perseveranza?":

Io credo voglia dire non farsi prendere dalla paura, dai dubbi, dalle incertezze dalle abitudini e neppure dalla faciloneria, ma vivere consapevolmente la missione accettandone i rischi, nella consapevolezza che Dio c'è, è sempre al nostro fianco, nulla potrà mai separarci dal suo Amore e niente potrà cancellare il bene che ogni giorno abbiamo seminato.

L'importante non è perdere la vita terrena, ma importante è non perdere quella eterna


Giuseppe: Per me perseveranza è non tradire mali le sue parole. Mai.


Enzo: Grazie mari per aver ripreso il concetto della perseveranza. Era solo una domanda che mi sono fatta e alla quale in un certo modo abbiamo dato risposta. Ma aggiungo:

Una vera perseveranza non può fare a meno della Speranza unita almeno ad un "pizzico" d'amore.



Giuseppe: Secondo me la perseveranza è in realtà la fede, che con speranza e carità sono le tre virtù teologali, tutte indispensabili. Che ne pensate?



Mariella: la perseveranza è sicuramente una virtù applicata alla fede..........



Enzo: Certamente le tre virtù non possono andare ognuna per conto proprio;

la perseveranza è intesa come risposta costante, assidua alla fede, fiducia nelle promesse divine.





Dopo la riflessione abbiamo pregato con il salmo 46, che proponiamo a chi ci leggerà.



Salmo 46

Questo salmo è il primo salmo dei cosidetti "salmi di Sion" che celebrano la città santa come dimora di Dio, e luogo ideale dove pulsa il cuore della fede d'Israele. E' una preghiera di fiducia in Dio rifugio e fortezza per il suo popolo.
Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.

Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.

Fremano, si gonfino le sue acque,
si scuotano i monti per i suoi flutti.

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell'Altissimo.

Dio è in mezzo ad essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell'alba.

Fremettero le genti, vacillarono i regni;
egli tuonò: si sgretolò la terra.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.

Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.

Farà cessare le guerre sino ai confini della terra,
romperà gli archi e spezzerà le lance,
brucerà nel fuoco gli scudi.

Fermatevi! Sappiate che io sono Dio,
eccelso tra le genti, eccelso sulla terra.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.


mercoledì 6 novembre 2013

Il dopo morte: come saremo?





ESSERE FIGLI DELLA RISURREZIONE


Domenica 10 novembre 2013



Dal vangelo di Luca 20, 27-38: Essere figli della risurrezione

Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione
– e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il
fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie
e dia una discendenza al proprio fratello.
C’erano dunque sette fratelli: il primo,
dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo
e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna.
La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette
l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono
moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e
della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non
possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della
risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche
Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di
Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono
per lui».

Parola del Signore!

Enzo: I SADDUCEI: erano un gruppo religioso-politico costituito dall’alto clero di Gerusalemme.Il gruppo rifiutava dottrine come la RISURREZIONE e la TRADIZIONE ORALE, ma accettavano solamente la legge di Mosè, la Torà, dove non si parla di risurrezione.

Pertanto la loro domanda ha una doppia motivazione: conoscere da Gesù se la risurrezione era  come una continuazione della vita terrena e la retribuzione nell’oltretomba.




Luca riafferma in questo brano la certezza della risurrezione, sottolineando la discontinuità tra l’esistenza terrena e quella  di coloro che “ saranno giudicati degni di aver parte a quell’altro mondo”: la risurrezione non consiste in una rianimazione del cadavere, bensì nella spiritualizzazione di tutto l’essere umano, reso simile agli angeli del cielo, per partecipare alla vita di Dio.



La contrapposizione tra figli di questo mondo e i figli della risurrezione è evidente: diverso è il modo di essere e di vivere. I figli di questo mondo sono soggetti alle leggi, alle loro tradizioni, a molti condizionamenti, alla morte. I figli della risurrezione godono di una vita eterna, una vita beata, sono figli di Dio, sono uguali agli angeli cioè vivono di una vita spirituale in Dio.



Una spiegazione della risurrezione è rivelata da Gesù svelando il rapporto di Dio per l’uomo dall’inizio della storia della salvezza: il Dio che parlò ad Abramo, Isacco, Giacobbe è anche il Dio di tutti coloro che credono in Dio non può essere un  dio dei morti, ma di tutti coloro che vivono in Lui, che hanno accettato il dono della fede, la speranza delle promesse, l’amore di Dio e “sono stati giudicati degni della vita futura”, “perché tutti vivono per lui». Vivono per lui, subito dopo la morte suggerisce l’idea di una relazione  vitale dei giusti con Dio prima ancora della risurrezione dei corpi.



Così anche per l’apostolo Paolo: “ Sono stretto infatti tra queste due cose:  ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo” Ef 1,23

“ La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose” Ef 3,20-21.



Noi crediamo nella risurrezione della carne e nella vita eterna fondata sull’evento pasquale di Gesù, morto e risorto per noi. “Se Gesù non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede”.



La liturgia in queste ultime domeniche ci ha fatto riflettere, quasi accompagnandoci per mano,verso la fine dell’anno liturgico, quale compimento della storia della salvezza, sul comportamento da tenere in questa vita stabilendo un rapporto intenso con Dio. Ricordiamo il ringraziamento del lebbroso (unico fra dieci), l’insistenza nella preghiera della vedova, la preghiera sincera del pubblicano, la festa di tutti i santi e la loro comunione con Dio e ancora ricordandoci la ricerca sempre assetata della Parola con Zaccheo.



Le prossime due domeniche segneranno la fine dell’anno cristiano e rifletteremo sulle tribolazioni degli ultimi tempi, e con la festa di Cristo Re, re crocifisso, Re redentore chiudiamo il ciclo liturgico di un anno.



La riflessione mi porta a pensare al nostro Re: ci ha accompagnato per un anno dalla nascita alla morte: non ci aveva detto “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”? Imparate da me: siate come me, seguitemi, fate la volontà del Padre come me. Ogni domenica abbiamo ricordato la Pasqua, la sua risurrezione: possiamo dire che veramente è tutto compiuto. Gesù ci aspetta!



Speriamo di poter dire, quando toccherà a noi, come l’apostolo Paolo:

“Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione” 2 Tim 4,6-8



Annamaria: mi ha colpito il modo con cui i sadducei si accostano a Gesù: cos’ è cambiato da allora? Anche oggi si incontrano persone che hanno un simile atteggiamento con la Parola, credono a metà.
Manca la disponibilità ad accettare che la Parola ti converta, eppure senza quel cambiamento di mentalità non crediamo ad un Dio vivo in mezzo a noi.
Il Dio dei vivi sta in mezzo a noi, si coinvolge e ci coinvolge, ci infonde coraggio anche di fronte alla fatica di ogni giorno: si coinvolge come fece col popolo eletto che gridava (in Egitto) la propria pena.


Mariella: ai sadducei non importava un bel niente di sapere quale sorte sarebbe toccata, nell'aldilà a quella donna, per il fatto che non credevano nella Resurrezione.
Gesù parla "della risurrezione dai morti": cioè di una vita che non è quella assicurata dalla continuità della procreazione mediate il matrimonio, ma che nasce dalla "risurrezione dai morti", cioè che oltrepassa la vita di "questo mondo”.
Chi la vive non può più morire, perché è come un angelo, cioè vive in Dio, è  figlio di Dio. La vita del Cielo è una vita angelica, non terrena..
Nel cielo non ci si sposa. Non si prende marito. Non si generano figli. Nel cielo vi è una vita tutta spirituale.  La proposta di Gesù è di vivere intensamente "questo mondo" come tempo nel quale si costruiscono le basi per essere degni di appartenere all’eternità
Abbiamo appena meditato, nelle feste dei Santi e dei Morti, che il nostro cammino terreno non è un andare verso il nulla, ma verso l’eternità che Dio concederà a quelli che sapranno meritarlo:
è a questo che dobbiamo tendere, vivere la vita presente in funzione di quella che verrà se ne saremo degni.
La preghiera, soprattutto quella quotidiana, condisce la vita di una ricchezza spirituale attraverso la quale potremo guardare al Dio della vita con occhi diversi, con occhi nuovi, con occhi di eternità.
Tenersi lontano dai peccati poi, permette al cristiano di non esser trascinato nel baratro della menzogna e della falsità, ma di poter seguire la via di verità e sapienza che Dio ci indica.
Chiediamo pertanto al Signore una fede forte che non si lasci deviare dalle tante voci devianti di tutti i tempi, ma che ci assicuri l'ascolto dell'unica Voce che sola può parlarci dell'eternità a cui noi tutti aspiriamo!


 Anna: La vita Eterna ….

Stasera il Vangelo ci mette di fronte a questa Realtà ! Una realtà  vivificante, corroborante …
Per molti questo discorso è un po’ ostico , per alcuni infastidisce , per altri è meglio non pensarci …. altri  ancora saranno circondati da  amuleti   e alcuni diranno  <<È meglio stare con i piedi per terra … godere. la vita fino in fondo ….  La vita è una  sola …… >>.


Rifletto :  Perché si nasce ? Perché viviamo ? Dove andiamo ?
Sono questi i cardini della nostra vita : è bene pensarci per non trovarci delusi  e non pronti …quando busserà alla Porta  il Signore …che cosa gli regalerò?

Per ogni Credente la risposta è la Persona di Cristo in Dio Padre Dio e Spirito Santo.
E’ la nostra Centralità Spirituale e Dio è il nostro  inizio e il nostro fine realizzato nell’Eternità , nell’Incontro finale , nell’abbraccio del Padre, l’Eterno,  la Beatitudine .
E’  nel procedere nella vita terrena che si assapora il profumo dell’Eterno, del passaggio dalla morte alla vita .. dal Mar rosso alla Terra promessa …. L’oggi  è nel domani  …il nostro  andare è  morire  lentamente dalle nostre disarmonie  …. Imparando a tagliare il cordone ombelicale che ci tiene legati alle cose di questo mondo,  per essere Amore , per imparare a Vivere come Gesù ci  vuole con tutta la nostra  Umanità
Per questo amiamo , per questo doniamo  … per questo si Vive si lotta per un mondo migliore e fraterno nell’essere  tutti  Uno .
La Bellezza dell’Eternità è che ogni amore vissuto in terra si sommerà ad altri Amori con i quali abbiamo donato e diventeranno Il Tutto, senza gelosie, senza affanni …senza  difficoltà, senza esclusioni, ma con  intensità e profondità .
La Fede è Resurrezione, non è invenzione consolatoria contro le paure, le  inquietudini dell’uomo ma è bisogno del Papà del cielo che è un Padre Amoroso che tutto può, che tutto ci dona, che genera continuamente i suoi Figli
Dio non è il Dio  dei Morti ma è il Dio dei Vivi …..   perché  è un legame indissolubile e reciproco in quanto è appartenenza e ci qualifica con quanti Lui ha amato .

Enzo: Nel brano di vangelo che abbiamo letto, manca una frase che Luca riporta, ma che il liturgista forse ha dimenticato.
Alla fine del brano leggiamo:
“Dissero allora alcuni scribi:"Maestro, hai parlato bene". E non osavano più rivolgergli alcuna domanda”.
Assieme ai Sadducei erano presenti anche alcuni scribi, che al contrario dei sadducei credevano nella risurrezione e nella tradizione.
Pertanto, è da interpretare il comportamento dei sadducei come una provocazione agli scribi, e non una sfida a Gesù.
A quanto pare gli scribi rimasero contenti e i sadducei fecero silenzio dopo la risposta sapiente di Gesù, risposta basata sulle Scritture, che i sadducei ritenevano ispirata, cioè la Torà.