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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


giovedì 24 aprile 2014

Non ho messo, come Tommaso, le mie dita nel posto dei chiodi, né la mia mano nel tuo costato, ma io credo!



«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Domenica in Albis, seconda domenica di Pasqua 27 aprile 2014
 
 
Dal Vangelo secondo Giovanni 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno

perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».


Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».


Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».

Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu

hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Parola del Signore!

Mariella: Gli Apostoli se ne stavano chiusi nel Cenacolo per paura. Paura di perdere la loro vita e la loro tranquillità, paura di essere rimasti orfani del Maestro, senza più guida e sostegno.

Erano tristi e rassegnati, tanto da dubitare perfino delle donne che recatesi al sepolcro e avendolo trovato vuoto, avevano annunciato loro la resurrezione di Gesù.


Ma Gesù li rassicura e li incoraggia ad affrontare la missione:  “Pace a voi”

Al vedere il Signore - scrive Giovanni - i discepoli gioirono e furono ripieni di Spirito Santo. Furono trasformati profondamente come da una nuova e irresistibile energia interiore. Non erano più come prima, ora lo Spirito Santo operava in loro e ad essi era dato il potere di perdonare i peccati.  La loro gioia era grande, subito lo riferirono a Tommaso: "Abbiamo visto il Signore!"


Ma Tommaso non volle credere alle loro parole: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". È il dubbio di un uomo aperto a Dio ma con orizzonti molto limitati.

Per lui esiste solo ciò che vede e tocca. Potremmo dire che è l'atteggiamento dell'uomo esteriore, che non crede a quello che non riesce a toccare, a ciò che è lontano da sé e dal proprio interesse.


Otto giorni dopo la Pasqua, Gesù ritorna in mezzo ai discepoli. Questa volta c'è anche Tommaso. Gesù, dopo aver ripetuto il saluto di pace, invita Tommaso a toccare le sue ferite.

In verità è Gesù che tocca il cuore incredulo del discepolo chiamandolo per nome ed invitandolo: "non essere incredulo, ma credente". Queste parole piene di affetto e di tenero rimprovero fanno cadere in ginocchio Tommaso: non ha più avuto bisogno di toccare, perché è stato toccato lui stesso nel cuore dall'amore misericordioso del suo Signore.


L'episodio dell'apostolo Tommaso, c'invita a riflettere sulla nostra fede e su quella di tante persone che vivono sia all'esterno che all'interno delle parrocchie o dei nostri gruppi. Molti di noi per credere pretendono delle prove, vorrebbero "toccare con mano" per sapere veramente se Gesù è Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra salvezza.


L'agire di Tommaso ci fa riflettere su due aspetti fondamentali della fede. Il primo è che ogni vera esperienza di fede non può che essere vissuta se non in prima persona,

Nessuno può sostituirti, nessuno può credere al posto tuo, devi essere tu ad incontrare il Signore, a voler fare esperienza della sua presenza, fino a giungere al momento di poter esclamare come Tommaso:  “Mio Signore e mio Dio”  e quindi a decidere di mettere tutta la tua vita nelle sue mani.


L'altro aspetto è che la fede deve essere comunicata nel modo più credibile possibile. Chiediamoci come mai Tommaso abbia avuto difficoltà a credere che Gesù fosse veramente vivo.

La sua incredulità sarà frutto solo della sua volontà o anche dall'incapacità degli altri discepoli di sapergli trasmettere la gioia nell'aver incontrato il Maestro e aver ricevuto il dono dello Spirito?

Forse si saranno limitati a raccontare la loro esperienza solo a voce e non con il cuore, come capita a tanti cristiani dentro alle nostre comunità che testimoniano Gesù  senza entusiasmo, senza gioia, senza quel coinvolgimento che non lascia dubbi sulla loro fede?


La Chiesa dovrebbe essere il luogo in cui la narrazione del Vangelo non viene raccontata come una bella favola, ma come una storia, un vissuto che continua a vivere ancora oggi nei suoi testimoni viventi, che ricevendo il dono della pace da Dio, la sanno vivere e far crescere, e con la forza del dono dello Spirito sanno essere strumenti di amore, di misericordia, di carità.

Se viene meno questo aspetto essenziale, se manca l'attenzione verso i fratelli specie i più bisognosi, se non riusciamo a scorgere nei poveri il volto di Cristo, ecco allora neppure noi potremo essere convincenti e coinvolgenti

Infatti, è necessario mettere le mani nei tanti corpi feriti, malati e indeboliti che noi incontriamo, se si vuole incontrare il Signore risorto.


Enzo: Due momenti, due apparizioni di Gesù risorto per portare fede, pace e gioia ai suoi discepoli e donare lo Spirito Santo.

Fede in Lui risorto: sappiamo che senza risurrezione vana sarebbe la nostra fede. Gesù mostra le mani e il fianco trafitti come per dire come altre volte: Sono io, non temete.

Porta la pace, dono messianico per eccellenza, frutto dei suoi comandamenti e della vittoria riportata sulla morte;

porta la gioia ai suoi che fino a qual momento erano avvolti nella tristezza e nella delusione, gioia per tutti coloro che crederanno in Lui affinché nessuno dei suoi discepoli viva nella tristezza.


Non meno importante, Gesù dona lo Spirito Santo dopo il mandato apostolico e li assimila alla sua missione: “come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Riappare il “soffio”, rievocazione della creazione dell’uomo da parte del Padre, adesso soffio di santificazione per i suoi apostoli col mandato di perdonare i peccati: ricevono così l’abilitazione all’insegnamento, all’annuncio del Vangelo a tutte le genti, il potere della misericordia di Dio.


Lo Spirito Santo scenderà sugli apostoli il giorno della Pentecoste, li renderà forti fino alla morte a causa del vangelo: la Pentecoste darà inizio, alla grande, alla missione universale degli apostoli.


Toccherà al discepolo Tommaso insaccare il rimprovero di Gesù, rimprovero anche per coloro, forse anche noi, che non ci contentiamo di ascoltare per credere e poi operare, ma spesso chiediamo dei segni, dei miracoli… incapaci di donarci completamente e nutrire la speranza . Ma, ”Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto.


Nel suo messaggio Urbi et Orbi della Pasqua del 2007 Benedetto XVI proponeva una riflessione tanto intensa quanto attuale:

«Ciascuno di noi può essere tentato dall’incredulità di Tommaso. Il dolore, il male, le ingiustizie, la morte, specialmente quando colpiscono gli innocenti - ad esempio, i bambini vittime della guerra e del terrorismo, delle malattie e della fame - non mettono forse a dura prova la nostra fede? Eppure paradossalmente, proprio in questi casi, l’incredulità di Tommaso ci è utile e preziosa, perché ci aiuta a purificare ogni falsa concezione di Dio e ci conduce a scoprirne il volto autentico: il volto di un Dio che, in Cristo, si è caricato delle piaghe dell’umanità ferita.


 Tommaso ha ricevuto dal Signore e, a sua volta, ha trasmesso alla Chiesa il dono di una fede provata dalla passione e morte di Gesù e confermata dall’incontro con Lui risorto. Una fede che era quasi morta ed è rinata grazie al contatto con le piaghe di Cristo, con le ferite che il Risorto non ha nascosto, ma ha mostrato e continua a indicarci nelle pene e nelle sofferenze di ogni essere umano.


“Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24), è questo l’annuncio che Pietro rivolgeva ai primi convertiti. Quelle piaghe, che per Tommaso erano dapprima un ostacolo alla fede, perché segni dell’apparente fallimento di Gesù; quelle stesse piaghe sono diventate, nell’incontro con il Risorto, prove di un amore vittorioso. Queste piaghe che Cristo ha contratto per amore nostro ci aiutano a capire chi è Dio e a ripetere anche noi: “Mio Signore e mio Dio”. Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede». 

Queste cose furono scritte perché anche noi credessimo, gioissimo nella pace senza aver visto i segni che Gesù fece in mezzo ai suoi e alle folle.

Come in punta di piedi Gesù “venne a porte chiuse” per ben due volte: il suo corpo glorificato non è più soggetto ai tempi e i modi della vita umana. Egli è sempre con noi. 
Crediamo e professiamo questo?

Padre Augusto:"Perché hai visto, hai creduto, Tommaso! Beati quelli che credono senza aver visto!" Fratello, sorella, chiunque tu sia, queste parole che Gesù dice all'incredulo tommaso, sono rivolte anche a noi tutti. Credere è vedere con gli occhi del cuore, di un cuore che ama! La vista del cuore si chiama Amore! Ama e vedrai quello che con gli occhi della carne non riesci a vedere!



Tu sai Tommaso…

Pure per noi sia Pasqua, Signore:

vieni ed entra nei nostri cenacoli,

abbiamo tutti e di tutto paura,

paura di credere, paura a non credere...




Paura di essere liberi e grandi!

Vieni ed abbatti le porte dei cuori,

le diffidenze, i molti sospetti:

tutti cintati in antichi steccati!



Entra e ripeti ancora il saluto:

«Pace a tutti», perché sei risorto;

e più nessuno ti fermi: tu libero

di apparire a chi vuoi e ti crede!



Torna e alita ancora il tuo spirito

come il Padre alitò su Adamo:

e dal peccato sia sciolta la terra,

che tutti vedono in noi il Risorto.



Credere senza l'orgoglio di credere,

credere senza vedere e toccare!...

Tu sai, Tommaso, il dramma degli atei,

tu il più difficile a dirsi beato!
(D. M. Turoldo)

                                                                                              Ma io credo!

Signore, non ho visto,

come Pietro e Giovanni,

le bende per terra e il sudario

che ricopriva il tuo volto,

ma io credo!

Non ho visto la tua tomba vuota,

ma io credo!

Non ho messo, come Tommaso,

le mie dita nel posto dei chiodi,

né la mia mano nel tuo costato,

ma io credo!

Non ho condiviso il pane con te

nel villaggio di Emmaus,

ma io credo!

Non ho partecipato alla pesca miracolosa

sul lago di Tiberiade,

ma io credo!

Sono contento, Signore,

di non avere visto,

perché io credo!


(Credo Signore! Professioni di fede per ragazzi e giovani, Leumann, Elle Di Ci, 2001, 52).
Riportato da Catechista 2.0


La fede nei segni della Risurrezione




Pasqua non è passata: continua...

Seconda domenica di Pasqua, in Albis 27 aprile 2014


Questa settimana proponiamo due post nel nostro blog: quello di oggi è di Padre Augusto Drago, che già tutti abbiamo conosciuto attraverso i suoi commenti; il secondo invece come al solito è frutto della nostra riflessione del mercoledì sera. Speriamo di fare cosa gradita a chi ci legge ogni settimana per la maggior gloria di Dio e per la nostra e vostra edificazione.

Commento al vangelo di Giovanni 20,19-31 di Padre Augusto Drago

Pasqua non è passata! Continua. Essa entra nella storia di tutti i tempi, nella nostra storia, anche quella personale.  La seconda domenica di Pasqua celebra anche la festa della Misericordia, voluta dal Papa Giovanni Paolo II, di cui domenica la Chiesa dichiarerà la santità davanti a tutto il mondo. Dobbiamo capire, nel corso della nostra riflessione, perché il Santo Padre Giovanni Paoli II scelse questa domenica per celebrare la misericordia divina.  Certo, fu spinto dalle rivelazioni di suor Faustina: ma oltre alle rivelazioni della santa, c'è nel testo del vangelo la ragione teologica. E la vedremo.

Il tema dominante di questa Domenica è la fede nei segni della Resurrezione. Per questo predomina il verbo "vedere"     Come fu per gli apostoli e poi per l'incredulo Tommaso, si arriva alla fede per mezzo di un vedere "fisico".     Ma c'è una fede più vera e più profonda, che è di quelli che hanno creduto senza vedere, non con gli occhi materiali, ma con gli occhi del cuore, quegli occhi che scrutano il mistero di Dio e se ne lasciano affascinare.

"Il primo giorno della settimana": siamo nello stesso giorno in cui Gesù è apparso alla Maddalena. Domenica scorsa, la prima domenica del mondo, si parlava di lei: "il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro”...così iniziava il Vangelo domenica scorsa il giorno di Pasqua. Si può allora pensare,  in maniera toccante, che la liturgia ci fa comprendere che l'evento di Pasqua continua a tutti gli effetti con l'ottava di Pasqua e, a seguire, con tutto il tempo di Pasqua.

Se andate ora a guardare quale vangelo si leggerà il giorno di Pentecoste, vi accorgerete che è lo stesso della prima parte del Vangelo di domani. E' come dire che da Pasqua a Pentecoste sfavilla un grande arcobaleno liturgico che segna un unico grande giorno:  "Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso" (Salmo 118).

Questa unità temporale ora sarà messa in rilievo in maniera molto chiara al versetto 26 del nostro brano:Otto giorni dopo...E qui abbiamo l'evento della conversione di Tommaso. Un unico medesimo incontro con il Signore risorto, quello che va da Maria di Magdala ai discepoli, e dai discepoli a Tommaso, a chi è stato battezzato la Notte di Pasqua, e noi tutti , di ieri, oggi e domani!

Gesù è Vivo ed "appare" sempre nei suoi sacramenti pasquali, soprattutto il battesimo e l'Eucaristia. Questo è reso evidente dallo stesso modo con cui Gesù si incontra con i discepoli, poi con Tommaso, dal ripetersi delle stesse identiche parole. (Vedere i versetti 19 e 26)  "Essendo chiuse le porte....venne Gesù e stette in mezzo a loro".  "E disse: Pace a voi"           Quale pace? Gesù lo aveva già detto precedentemente ai suoi discepoli ed apostoli: "Vi lascio la pace, vi do’ la mia pace. Non come la dona il mondo io la dono a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Giovanni 14,27). La Pace di Gesù non è come quella del mondo. E' la "sua Pace": quella che è la sintesi di tutti i beni messianici: la salvezza, la guarigione, i doni dei sacramenti, il dono grandissimo della Parola... Il mondo dona invece una falsa pace: infatti la pace degli uomini, spesso serve a preparare un'altra guerra!

Gesù entra a porte chiuse.   A parte l'incorporeità del nuovo modo di essere di Gesù, l'entrare a porte chiuse, significa che Gesù penetra e vuole di fatto penetrare nei cuori più chiusi, più raggomitolati in se stessi. Egli entra anche se noi teniamo le porte del nostro essere più profondo ben chiuse. Il punto è poi quello di saperlo accogliere. Il testo ci dice che i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Egli infatti si era collocato nel centro della stanza del cenacolo.    Ecco dunque: occorre che quando entra nei nostri cuori e ci viene a visitare, senza che noi lo avessimo invitato, lo accogliamo e gli permettiamo di collocarsi al centro vitale della nostra vita!

I discepoli gioirono! Oh! Come vorrei, fratelli carissimi che anche noi potessimo gioire, ogni uomo sulla terra potesse gioire, collocando il Cristo risorto al centro della propria esistenza.   Come tutto sarebbe radicalmente diverso!            
La gioia! Gesù l'aveva già promessa: Voi gioirete al vedermi! (16,22).       Questa gioia era stata già promessa nell'Antico Testamento: "Abramo, vostro Padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno: lo vide e fu pieno di Gioia" Così disse Gesù parlando di Abramo in Giovanni 8,56.     

Ma la promessa più grande che ora si compie è il dono dello Spirito Santo.   Gesù ripete gli stessi gesti che aveva compiuto il Signore quando creò l'uomo in Genesi 2,7: Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo, soffiò nelle sue narici un respiro di vita  e l'uomo divenne un essere vivente".    Soffio, Spirito e vita: questi tre elementi li troviamo sempre là dove il Signore infonde vita e calore in tutte le cose.   Comprendiamo allora che il medesimo Spirito che aveva dato vita ad Adamo ora ha ridato la vita a Cristo Gesù il quale, sempre per mezzo del medesimo Spirito, la dona agli uomini che credono in Lui!                  
Da qui il perdono, o meno, dei peccati. Dalla capacità di ricevere lo Spirito e di rimanere in Lui.

Chi rimane in Lui è perdonato, chi non rimane in Lui il suo peccato non viene rimesso.    La potenza della Pentecoste, la forza dello Spirito rende presente "nell'oggi" del cristiano l'azione salvifica del Signore.   

Ora entra in scena Tommaso.   Egli afferma, non crederà, se prima non "getterà, tufferà" le sue mani e le sue dita nelle piaghe del Signore, soprattutto in quella del costato. Non un semplice "io non credo!", ma un deciso "io non crederò!". A tutto questo risponde Gesù otto giorni dopo.   Ripete le stesse parole di Tommaso, gli stessi verbi: affonda le tue dita sulle mie piaghe, metti la tua mano nel mio costato...  Ed è qui, che constatiamo, che quelli che sembravano essere i presupposti peggiori alla fede, ora si rivelano proprio veicolo di fede.            

Una fede, quella di Tommaso, mai espressa da nessuno. Nel Vangelo Tommaso va oltre ogni aspettativa e adorandolo Gli disse: “Mio Signore e mio Dio!” 
E' la prima volta in assoluto che Gesù venga proclamato da un discepolo o apostolo con il titolo divino.   Mio Signore e mio Dio. Gesù è Signore è Dio!  

Mi vengono in mente alcuni passaggi del libro del Cantico dei Cantici che riporto:  
               
Mi sono addormentata, ma il mio cuore veglia
Un rumore! La voce del mio Amato che bussa alla porta:
Aprimi sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto.
Il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne.
L'amato mio ha mandato la mano nella fessura della porta
e le mie viscere fremettero per lui.
Mi sono alzata per aprire al mio amato e le mie mani stillavano mirra, fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia della serratura.
Ho aperto allora all'amato mio, ma l'amato mio se n'era andato, era scomparso...(Cantico 5,2.4.6).

Amante appassionato, Dio in persona è passato attraverso la porta del luogo dove erano riuniti i discepoli, ma trova chiusa quella di Tommaso. Ecco allora che, per forzare la nostra chiusura, come l'amato manda la mano nella fessura della porta, alla stessa maniera il Padre ha mandato il suo Figlio nel mondo.

Ecco la mano operante quella Divina Misericordia, celebrata in questa Domenica per volontà di colui che domani sarà proclamato Santo dalla Chiesa, Giovanni Paolo II.   Egli ha sottolineato un aspetto teologico della lettura di questa ottava di Pasqua.

Non è forse Misericordia entrare nel cuore? Non è Misericordia dare la mano, allungarla per metterla sulle nostre ferite? Non è Misericordia darci i segni della sua Pasqua?  Tutto è racchiuso nella misericordia. Dio in Gesù, è l'Amante amato e vuole essere amato, fino a mettere in gioco la sua faccia!  Perciò è detto, nell'ultima beatitudine pronunciata da Gesù:  "Beati quelli che crederanno senza aver visto"!

Senza aver visto con gli occhi della carne.   Ma che hanno visto e vedranno con gli occhi del cuore: gli occhi di luce che sanno leggere la Sua presenza in ogni evento della vita!


martedì 22 aprile 2014

PER IL CRISTIANO OGNI GIORNO E' PASQUA


La Pasqua continua nel tempo e nei nostri cuori: Gesù è veramente risorto: proponiamo un commento di Padre Augusto Drago, che già avete imparato a conoscere, come aiuto alla nostra riflessione

La risurrezione di Gesù attraverso la testimonianza dell’apostolo Paolo

Di Padre Augusto Drago

Nel testimoniarci la Risurrezione di Gesù Cristo, l’apostolo Paolo segue, per così dire, una duplice scansione narrativa. In un primo momento il fatto della Risurrezione viene presentato come un’apparizione personale all’apostolo stesso, ma poi via via si trasforma in un grande inno di fede viva, forte ed autentica.


Brevemente vediamo un po’ più da vicino questa duplice scansione.  Anzitutto Paolo rivendica con forza il fatto di avere “visto il Signore”. “Non sono forse libero io? Non sono forse un apostolo? Non ho visto Gesù Signore nostro?” (1Cor 9,1).
Al capitolo 15 della stessa lettera si annovera tra gli apostoli e tra quelli che hanno visto il Signore: “ultimo fra tutti gli apostoli, apparve anche a me come a un aborto.
 Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio” (1Cor, 15, 8-9). L’apparizione di cui parla Paolo è da riferirsi all’evento accaduto sulla via di Damasco, quando il Signore, sotto forma di luce abbagliante gli disse: “Saulo, Saulo, perché miperseguiti?”
E Paolo rispose: “Chi sei tu, Signore?”.
Ed Egli: Io sono Gesù che tu perseguiti. Ma tu alzati ed entra nella città, e ti sarà detto ciò che devi fare” (Atti, 9, 5-6). L’apparizione del Risorto determina e circoscrive la missione del futuro apostolo. (cfr, Galati 1,11-17).

La seconda scansione viene evidenziata da Paolo nella prima lettera ai Corinti (15, 3-5). la risurrezione del Signore viene presentata come una vera ed autentica professione di fede:  “Vi ho trasmesso anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè: che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che fu visto da Cefa e quindi dai dodici.  In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta…”
Questa di Paolo è la formula di fede sulla Risurrezione del Signore più completa perché abbraccia l’intero mistero Pasquale. Dalla testimonianza siamo così arrivati alla professione di fede. Una professione che Paolo non fa provenire da se stesso ma dalla Tradizione. Quindi il mistero di Pasqua nato, iniziato con una tomba vuota, proseguito con delle testimonianze personali o apostoliche, ora vive nella Tradizione e diviene il fulcro della fede della Chiesa.

Paolo prosegue: “Ora se si annunzia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, nemmeno Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede, e noi apostoli risultiamo falsi testimoni di Dio…Se infatti i morti non risorgono, nemmeno Cristo è risorto. Ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati”(1Cor, 15, 12-17).
Con ciò l’apostolo afferma che in Cristo risorto c’è inclusa anche la nostra risurrezione, e che c’è un rapporto strettissimo tra la risurrezione del Signore e la nostra.

Il mistero Pasquale allora è appena iniziato. Si compirà pienamente quando assumeremo, nel gran giorno della rigenerazione di tutte le cose, lo stesso corpo glorioso, celeste di Cristo Gesù, il Signore, e così saremo sempre con Lui e simili a Lui: “La nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo, come Salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”  (Filippesi, 3,21).

Cosa ci dice tutto questo, fratelli e sorelle?

 Il desiderio illimitato di verità, di bontà, di bellezza, in una Parola di vita, che abita nel cuore di ciascuno di noi, non è un’invocazione che non riceve risposta. Dire che Cristo è risorto significa dire con certezza che ognuno di noi è salvo, perché questa pienezza è raggiungibile.

Nonostante tutti i tradimenti, le sconfitte che possiamo subire: quello di tradire un amore che ti era stato donato, quello di non riuscire a trovare un lavoro, quello di vedere l’incredibile fragilità del bene dentro la nostra storia e dentro la storia umana.

Fratello, sorella, se sei certo della resurrezione di Cristo, sii assolutamente certo che tu puoi sempre ricostruirti pienamente nella tua umanità e ripartire verso la vita! Sempre!

sabato 19 aprile 2014

Oggi è Pasqua, culmine della nostra speranza e della settimana santa

Vogliamo porgere a tutti i nostri amici, che con tanta buona volontà hanno seguito i commenti di ogni domenica i nostri migliori auguri di una S A N T A   P A S Q U A,  convinti che Gesù è risorto, è veramente risorto come garanzia del suo operare e delle sue parole per la nostra salvezza eterna. La sua risurrezione di Gesù dà a tutti noi  la certezza della nostra fede, fede che non vacilla, capace di attrarre altri al nostro Redentore.

Oggi è PASQUA, passaggio dalla vita alla morte: proponiamo questo articolo di Padre Ermes Ronchi, certi che sia di vostro gradimento Ancora Buona Pasqua! Mariella, Anna, Giuseppe, enzo


Oggi è Pasqua di Padre Ermes Ronchi



Oggi è Pasqua, culmine della nostra speranza e della Settimana Santa. “Settimana autentica”, la chiama il rito ambrosiano. Autentica perché è svela­to il volto autentico di Dio e dell’uomo. Volete sapere qualcosa di voi e di Me? – dice il Signore – Vi do un appunta­mento: un uomo in croce. Volgete lo sguardo a Colui che è posto in alto.

Prima ancora, giovedì, l’appuntamen­to di Dio è stato un altro: uno che è po­sto in basso. Che cinge un asciugama­no e si china a lavare i piedi ai suoi.

Chi è Dio? Il tuo lava piedi. In ginocchio da­vanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come a Pietro, ci viene da di­re: ma Tu sei tutto matto. E Lui: sono co­me lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ri­torno ti lava i piedi. Ha ragione Paolo: il cristianesimo è scandalo e follia.
E io, nella vita, di fronte all’uomo che atteggiamento ho? Quanto somiglian­te a quello di Dio? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? So­no il lava piedi dell’uomo? Ve la imma­ginate una umanità dove ognuno cor­re ai piedi dell’altro? La globalizzazio­ne sì, ma degli inchini davanti all’uomo, non davanti ai potentati; dell’onore da­to a ogni più debole figlio della terra.

In questa settimana autentica, l’au­tentico Dio è così: è bacio a chi lo tra­disce.

Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue.



Non chiede più sacrifici a me, sacrifica se stesso per me. Non proibisce di prendere, co­me per l’albero del bene e del male, ma ordina: prendi e mangia, prende­te e bevete.



Dov’è la salvezza?

Quando io lo uccido e Lui mi guarda e mi ama. Quando, dal­la mia vittima, ricevo la sentenza di gra­zia. Dalla sua ferita aperta non esce rab­bia o rancore ma è feritoia da cui esco­no sangue e acqua. Sangue che è amo­re; acqua che è inizio e innocenza. Il fe­rito che ti ama ti converte. O ti accechi del tutto o ti umanizzi. Ne esce capo­volta ogni immagine di Dio e dell’uo­mo.



Dio ai tuoi piedi il giovedì.

Venerdì il pathos della ferita, feritoia d’amore.

Ieri, sabato, condivisione fino agli inferi della sorte dell’uomo.
E ora la Risurrezione, il tema più arduo e più bello di tutta la Bibbia. L’articolo di fede su cui poggia tutto l’edificio cri­stiano, « stantis vel cadentis Ecclesiae », con il quale la Chiesa sussiste, senza il quale si dissolve. Senza la Risurrezione non esisterebbe la Chiesa. Il ricordo, per quanto vivo, non basta a rendere viva una persona. Il ricordo di Gesù sa­rebbe stato sufficiente al massimo per creare una Scuola dove coltivare l’in­segnamento, il pensiero, l’esempio.

La Chiesa è nata da una presenza.
Il cristianesimo è l’unica religione fon­data sulla Risurrezione. Se Cristo non è risuscitato, l’annuncio cristiano è u­na scatola vuota, la fede è una cisterna senz’acqua, una conchiglia senza per­la, un violino senza corde.



La Risurre­zione non è un’invenzione dei disce­poli. Sarebbe stato mille volte più faci­le, più convincente, fondare il cristia­nesimo sulla vita di Gesù, tutta dedita al prossimo, alla guarigione, all’inco­raggiamento, al perdono dei peccati, a togliere barriere e pregiudizi. Una vita buona, bella e felice, da proporre.



Sa­rebbe stato molto più facile fondare il cristianesimo sull’insegnamento di Ge­sù, sul discorso della Montagna, sui di­scorsi d’addio, vette del pensiero uma­no e religioso che bastano a nutrire u­na vita. E persino fondarlo sulla Pas­sione, su quel suo modo di raccontare Dio, di porsi davanti al potere religioso di Caifa, al potere politico di Pilato, e di metterli a nudo. Sul suo modo di mo­rire perdonando.



 La Risurrezione come fondamento del­la religione cristiana non è una scelta degli apostoli, è un fatto che si è impo­sto. La sera di Pasqua un grido sale a Gerusalemme: «Il Signore è veramen­te risuscitato!» (Luca 24,34).
Veramente: e non apparentemente, come se fosse presente attraverso il ricordo e la nostalgia; come se la Risurrezione fosse qualcosa accaduto dentro i discepoli e le donne, e non a Gesù.



Veramente: e non probabilmente, come se la cosa non fosse sicura ma plausibile, una ipotesi che può spiegare il corpo assente dal sepolcro. Veramente: e non simbolicamente, come se la Pasqua indicasse le energie del cosmo e dell’uomo che si sprigionano e portano la certezza che la vita vince sulla morte. L’autentico Dio in questa settimana autentica: Dio non è mai se stesso come quando fa risorgere. La Risurrezione è «la tangente di Dio che sfiora il nostro mondo mortale» (Karl Barth). Siamo presi per il polso da Gesù (nelle icone orientali della Risurrezione Cristo afferra Adamo per il polso, là dove si sente pulsare la vita e battere il cuore), trascinati in alto dal Risorgente in eterno: chi vive in Lui, chi è in Lui compreso, è preso da Lui nel suo risorgere.
Cristo non è semplicemente il Risorto: egli è la Risurrezione stessa. L’ha detto a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita» (Giovanni 11,25). In quest’ordine preciso: prima la risurrezione e poi la vita. Ci saremmo aspettati il contrario, invece prima viene la risurrezione, da tutte le nostre tombe, dal nostro respiro insufficiente, dalla vita chiusa e bloccata, dal cuore spento, dal gelo delle relazioni.



 Prima la risurrezione di noi, né caldi né freddi, né buoni né cattivi – «di noi, i morti vivi», scriveva Charles Peguy –, poi la vita piena nel sole, la vita che meriterà finalmente il nome di vita. La Risurrezione non riposerà finché non sia spezzata la tomba dell’ultima anima, e le sue forze, come cantava Mario Luzi, non arrivino all’ultimo ramo della creazione:




«Tu, tutto in tutti,
il mondo intero
carne risorta
per la Tua carne,
crocefisso amore».




Commenti L’avvenire 8 aprile 2012

giovedì 17 aprile 2014

La Pasqua è inseparabile dalla settimana santa.



Lasciamoci guidare dalla gioia della risurrezione!



Domenica di Pasqua, 20 aprile 2014


Dal Vangelo di Giovanni 20,1-10



Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di
mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava,
e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove
l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al
sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di
Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò
i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli,
ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto
per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la
Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.

Parola del Signore!

Enzo: Tre personaggi: Maria di Magdala, Pietro e Giovanni.

Questo brano non ci parla esplicitamente della Risurrezione di Gesù, ma di un sepolcro trovato vuoto.

Maria di Magdala si reca al sepolcro, forse per devozione, per amore e riconoscenza per il Maestro: per lei avevano portato via il corpo del Signore. Non era sola, come si potrebbe pensare, ma assieme ad altre donne: “non sappiamo dove l’hanno posto”, riferisce a Pietro e a Giovanni.

Pietro e Giovanni vanno e vedono  “i teli posati là e il sudario”. Non conosciamo le reazioni di Pietro. L’evangelista Luca dice di Pietro che “tornò indietro pieno di stupore, perplesso”. Giovanni, il discepolo amato, dice di se stesso “vide e credette”.



“Vide e credette”: il discepolo Giovanni crede nelle parole di Gesù, e nelle Sacre Scritture. La Maddalena e Pietro avevano avuto comunanza con Gesù e conoscevano le Scritture, ma a loro non basta ancora per credere dinanzi al sepolcro vuoto. Essi «non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti». La loro speranza nel Messia si infrange?



Assistiamo così a tre modi di reagire di fronte alla  morte di Gesù e ad un  sepolcro vuoto.

Maria di Magdala è la prima che si avvicina al sepolcro, donna coraggiosa e fedele di fronte ad un avvenimento assurdo e scandaloso. Lei era stata ai piedi della croce, ha sentito la paura, l’angoscia della morte di Gesù che amava. Ora non può venerare nemmeno il corpo di Gesù, la sua vita ora è piena di solitudine e smarrimento.



Pietro rimane perplesso. Era stato assieme a Gesù il pescatore intraprendente, presuntuoso, debole, rinnegatore ma contemporaneamente possiamo dire l’uomo di fiducia di Gesù. Chiunque al posto suo avrebbe provato ciò che Pietro sentiva nel suo cuore martoriato, deluso, forse solo dubbioso: il suo andare verso il sepolcro era lento, pensoso, forse desideroso come in altri momenti dello sguardo comprensivo e affettuoso di Gesù. La sua fede e la sua speranza in Gesù vengono meno?



Giovanni, il discepolo amato sa vedere e credere. Nel cammino verso il sepolcro corre veloce,

intuisce qualcosa di nuovo, fa riferimento alle Scritture nel suo vangelo, i suoi occhi si aprono al Mistero di Gesù:  ha visto e nel silenzio, in cuor suo crede, spera dopo aver visto quell’”ORA” tanto citata nel suo vangelo, quell’ORA” di passione di Gesù. La fede di Giovanni forse non è quella della Nuova Pasqua, ma una fede nelle parole di Gesù che aveva udito e meditato, speranza nella risurrezione: Gesù l’aveva annunciata.

Assieme a Pietro torna a casa.



Maria, colei che ama; Pietro, il credente; il discepolo amato, colui che vede e vigila: tre modi diversi di camminare incontro al Risorto e di testimoniarlo nella fede. Ma tutti uniti da un unico desiderio: quello dell'incontro.



Noi abbiamo creduto senza aver visto, abbiamo creduto alla tradizione, abbiamo creduto alle Scritture, abbiamo creduto a Colui che disse di essere via, verità, vita, risurrezione, luce che illumina il mondo, a un Dio che si fa uomo come noi, affermiamo di essere discepoli di Gesù. perché lo abbiamo incontrato così anche noi.

Abbiamo anche ricevuto lo Spirito Santo come gli apostoli il giorno della Pentecoste, ma la nostra vita cristiana possiamo considerarla vicina a quella dei primi missionari del Vangelo?



Benedetto XVI così ci esortava nell’omelia del sabato santo del 2012: “Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi”.



Gesù è per noi risurrezione e luce: la nuova Pasqua inaugurata da Gesù con la sua morte e risurrezione, passaggio dalla morte alla vita,  suggerisce un messaggio di gioia per quanti desiderano vivere. Nel risorto ognuno trova motivazione e forza, letizia perché Dio è il nuovo orientamento dopo il buio del peccato, la speranza per chi ancora è vittima del male.



Gesù risorto è la vita piena per chi crede in Lui anche nella sofferenza, nelle privazioni, nel dolore, nelle ingiurie, nelle persecuzioni. Gesù risorto è la novità di Dio, è la vita perenne, eterna e beata.



Lasciamoci guidare dalla gioia della risurrezione: Gesù è vivo! La gioia della Pasqua ci renda aperti e sensibili verso quelli che soffrono, pensando che anche Gesù passò attraverso la sofferenza e che da questa ci è arrivata la salvezza. La Pasqua è inseparabile dalla settimana santa.



“Gesù Cristo, tu sei vivo, la morte non ti ha costretto in suo potere!

L’annuncio di questa notizia incredibile ci sconvolge.

Tu apri un varco dove tutto sembrava chiuso.

Con il tuo Spirito, soffi sulla nostra rassegnazione e la nostra amarezza.

Abbatti le divisioni tra gli esseri umani.

Ridoni dignità ai più poveri.

Ci invii nel mondo per portare la speranza di una nuova vita”. (frère Alois, Taizé)
                                                                                                  
Grazie Gesù!

Mariella: Come sappiamo la veglia pasquale è contraddistinta dal buio iniziale contrapposto alla luce che via via viene sempre più accesa. E’ un rito antichissimo e molto significativo, proviamo a riflettere sul suo significato.

La luce di Pasqua illumina la realtà dolorosa e buia della croce, è una luce che può e deve raggiungere ogni cuore che si apre alla realtà misteriosa di un Dio fatto carne e morto sulla croce.

Il Cristo grondante di sangue esanime del Venerdì Santo si manifesta nella gloria gioiosa del Risorto.



La conclusione di quella storia carica di incomprensibile dolore, non è la sofferenza e morte. Cristo, crocifisso è risorto, Egli è promessa di vita, di speranza, di giustizia e di amore per tutta l'umanità.

Il volto di Dio, che Gesù rivela nella sua passione e morte, è quello di un Dio silenzioso, ma che tuttavia parla, ci parla nel silenzio della nostra condizione umana, una realtà limitata, dolorosa, peccaminosa, fragile.



La Croce è il luogo dove Dio soffre perché ama, un Dio che si dona totalmente a noi fino ad accoglierci in sé.

Attraverso la morte, il Figlio, Cristo Gesù,  entra pienamente nel dolore dell'uomo, nella sua povertà, nella sua tristezza, nella sua solitudine, nella sua oscurità.

Il Padre ha scelto di offrire il Figlio perché l'umanità potesse conoscere un Amore che è al di sopra di ogni altro amore, un Amore che si rivela nell'umiltà della Croce, per far comprendere all'uomo quanto è bello e santo l'Amore vero, quello che salva dalle tenebre, che redime dal peccato, che libera dalla morte.



Il Padre infatti non ha lasciato il Figlio nel sepolcro: Gesù, ha trionfato sulla morte. Il Cristo morto cede il posto al Dio vivente!

Lo Spirito "consegnato" da Gesù nell'ora della Croce, è il Consolatore, effuso su ogni carne per essere il Consolatore di tutti i crocefissi della storia.

Dio si rivela tra le sofferenze dell'umanità, non lo troveremo mai negli splendori falsi ed illusori di questo mondo, non lo troveremo mai nel lusso sfrenato, nella cupidigia, non abiterà mai in cuori aridi ed egoisti.



Egli è il Salvatore, Colui che non ha disdegnato di assumere la nostra condizione umana più povera e umile, più dolorosa e disprezzata, per indicarci la via che conduce al Padre, per riscattarci dai nostri sepolcri di miseria e di morte, per illuminarci nelle oscurità peccaminose dei nostri cuori.

Egli è il Consolatore della passione del mondo: in questo modo, l'uomo è in grado di aprirsi all'amore infinito che gli è stato donato, ma senza il dono dello Spirito Santo, non riusciremmo a sfiorare questi misteri e non potremmo assaporare il dono dell'eternità.



Il Risorto, ora, è in grado di dare all'umanità una nuova identità. il Signore entra nella nostra vita: il Risorto unisce la nostra vita con la sua. Diveniamo una cosa sola con Lui e fra di noi: siamo chiesa, cioè comunione nell'unica fede, perché Dio vive in noi.



Alziamoci di buon mattino il giorno di Pasqua, immaginiamo di essere nei panni di Maria di Magdala e quelle prime donne che videro la pietra rovesciata ed il sepolcro vuoto;  di Simon Pietro e dell'altro discepolo, che colti da stupore, si accorsero che le bende erano appoggiate a terra.

Forse anche noi colti dall'emozione riusciremo a percepire l'invito di Gesù rivolto ai discepoli:”Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che sono risorto”.



Vivremo, attraverso la liturgia Pasquale, il segno della Croce e la speranza della risurrezione per la quale dobbiamo sforzarci di vivere.

Se viviamo in questo modo, saremo testimoni della gloria di Cristo che ha vinto il mondo, saremo testimoni di una Luce che restituisce senso alla vita più vuota e a quella più schiacciata dal dolore.



Quando tutto sembra perduto, quando la notte della vita sembra buia, quando nella mente non resta che un solo pensiero: "ormai non c'è più nulla da fare!", quando il cuore è schiacciato dalla pesante pietra del dolore e non trova la forza di amare, ecco che una Luce, quella Luce si accende e rompe l'oscurità, una mano asciuga le tue lacrime: la pietra del dolore rotola via lasciando spazio alla speranza. 
E sarà Pasqua di Resurrezione