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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


venerdì 25 settembre 2015

Gesù era capace di proferire parole dure, di condanna rivolte alla coscienza di ognuno


A Gesù non toccategli le persone umili, deboli se non per fare loro del bene

Domenica 26ma del tempo ordinario Anno B : 27 settembre 2015





Dal vangelo secondo Mc 9,38-43.47-48

Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile... E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna... E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.

Parola del Signore!

Enzo: Forse tutti siamo abituati a vedere in Giovanni il discepolo buono perché era il discepolo che Gesù amava, che vedeva in lui tutte le predisposizioni di un ottimo discepolo, attento ad accogliere ogni parola o gesto del Maestro.

In questo brano l'evangelisa Marco ci mostra Giovanni con un comportamento focoso e intransigente in contrasto con l'atteggiamento di bontà, di accoglienza e tolleranza di Gesù. L'uso del nome di Gesù da parte di alcuni simpatizzanti sembrava una usurpazione indebita, forse un pericolo per la fede di coloro che seguivano Gesù.



Nelle parole di Giovanni possiamo scorgere quell'egoismo di gruppo (così frequente in ogni tempo ed epoca) che spesso si maschera di fede. Ma lo Spirito non soffia dove vuole? Spesso crediamo che lo Spirito di Dio sia solo in noi e nelle notre opere. Le opere buone non sono soltanto da attribuire ai credenti.

«Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.



Gesù passa a parlare dal mio della sua persona al noi della comunità nascente: i suoi discepoli che formeranno un tuttuno con Lui, li assimila Lui anche quando “Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”.



Tornano alla mente le parole di Mosè ai settanta anziani della prima letture della liturgia di questa domenica: “Fosse profeta tutto il popolo di Dio”,allora il popolo ebreo, oggi tutti gli uomini.



La seconda parte del vangelo di questa domenica sembra non avere a che fare con la prima parte: Gesù enuncia alcuni detti che si collegano al versetto 37 del capitolo nono concernente l'accoglienza dei bambini.

Gesù ammonisce i discepoli a non scandalizzare i “piccoli” cioè i fratelli immaturi nella fede allontanandoli dalla fede con una condotta scorretta o con idee incoerenti con il suo messaggio: riferimento alle parole iniziali di Giovanni?



Chi scadalizzerà uno di questi piccoli, chi farà vacillare la loro fede in Cristo, “molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”. Parole dure, di condanna severa rivolte alla coscienza di ognuno, alla libertà di ognuno: Dio non condanna nessuno, il suo amore per l'uomo è infinito, è l'uomo che si condanna da solo.



Seguono altre affermazioni con cui Gesù afferma l'esigenza di una decisione senza riserve per il Regno, l'assoluta necessità di porlo al primo posto. Se il tuo occhio... se il tuo piede...se la tua mano ti sono motivo di scandalo... tagliali..gettalo.. per non essere gettato tu nella Geenna...dove il verme non muore e il fuoco non si estingue.


La Geenna, luogo discarica dei rifiuti che bruciavano notte e 
giorno, simoboleggia il fuoco inestinguibile dell'inferno, l'eternità della pena, 
confermata con una frase di Isaia 62,24 dove il 
 verme che decompone il cadavere non muore designa la pena eterna. 
  


E vedranno i cadaveri degli uomini a me ribelli, che il loro verme non muore e il loro fuoco non si spegne”.
 

Essere gettato nella Geenna in contrasto con entrare nella vita, nel Regno, nella comunione con Dio.
Sicuramente sceglieremmo la seconda opzione.

Mariella: Proseguiamo la meditazione del Vangelo di Marco che in particolare vuole far comprendere ai suoi discepoli l’identità del vero cristiano.



Questo brano racchiude due importanti insegnamenti: il primo vuol far riflettere sul fatto che anche al di fuori della Chiesa possono esserci persone che, pur non facendo ancora parte della comunità dei credenti, nel loro agire s’ispirano a Cristo ed al suo esempio.

Il secondo insegnamento è mirato ad evidenziare la fedeltà che deve contraddistinguere un vero discepolo, fedeltà che non ammette contraddizioni, chi sceglie Lui deve essere disposto a tagliare tutto ciò che può indurre in tentazione e soprattutto il suo comportamento non deve diventare motivo di scandalo per gli altri, a partire da quanti sono più deboli e fragili nella fede.



Ma torniamo al nostro brano, Giovanni si rivolge a Gesù per sottoporgli il caso di un individuo che scacciava demoni in nome suo, ma non facendo parte del gruppo dei discepoli, glielo avevano impedito.

Questostesso problema potremmo considerarlo attualissimo, difatti se guardiamo oltre i confini della comunità cristiana, ci accorgiamo che c’è tanta gente che pur non facendone parte, compie del bene, o perché in qualche modo ha assimilato l’insegnamento cristiano, o perchè agisce correttamente secondo coscienza.



In tutti i casi, quando si tratta di bene, non va mai impedito, anzi il bene va sempre valorizzato, semmai dev’essere convogliato verso la fonte del vero bene, della vera sapienza. Ora questo personaggio che scacciava i demoni in nome di Cristo, in qualche modo credeva in Cristo e combatteva contro il male, egli non contrastava i discepoli, quindi permetteva in qualche modo a Gesù di agire per mezzo suo, per questo non doveva essere impedito, nè allontanato.

“Chi non è contro di noi è per noi” Colui che non agisce da nemico della comunità, è già in un certo senso parte della comunità stessa.



Il principale costruttore della comunità è Gesù, che è libero di agire, mediante lo Spirito Santo Egli può gettare ponti che allargano gli orizzonti del suo Regno.

Allo stesso modo Gesù riconosce come suoi anche coloro che aiuteranno i discepoli nella loro missione di evangelizzazione nel mondo:

“Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome…..non perderà la sua ricompensa” l'espressione: nel mio nome, sta a significare che chi in un qualche modo collabora, aiuta, favorisce l'annuncio della Parola è già mosso da interesse e desiderio di far parte della comunità dei credenti e dunque già ama Gesù e Gesù da parte sua, non dimenticherà neppure il più piccolo atto di carità, come dare un bicchiere d’acqua.



Poi il suo insegnamento torna ai piccoli, come nel brano evangelico di domenica scorsa, il suo sguardo si pone sui semplici, sugli umili che credono in Lui, guai a scandalizzarli. Scandalizzare significa infatti ostacolare il cammino di fede dei fratelli , impedir loro di credere in Gesù. Chi agisce così fa prima di tutto un gran male a sé stesso e lo spiega con un esempio forte, ma che vuole sottolineare il danno che fa a sé stesso colui che fa del male agli altri. 


Sarebbe certo un male minore se qualcuno gli 

legasse una grossa pietra al collo facendolo 

precipitare nel mare, perderebbe sì la vita, ossia il 

corpo, ma salverebbe la sua anima.


 Il vero bene, a cui nulla dobbiamo anteporre, è la comunione con Dio e per salvaguardare questo sommo bene occorre essere disposti a tutto, costi quel che costi, fino a tagliare mano, piede, cavare l'occhio. Certo, non è la mutilazione di parti del corpo che il Signore ci chiede, ma il taglio deciso con il male e con il peccato. Un taglio che va fatto ora, senza esitare e che non possiamo rimandare ad un futuro più o meno prossimo. Solo così potremo sperare di essere veri discepoli di Cristo.











venerdì 18 settembre 2015

Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo...

Gesù., il Maestro, si identifica con le creature piccole e indifese, con tutti coloro che non ce la fanno da soli

Domenica 20ma del tempo ordinario Anno B: 20 settembre 2015



Dal vangelo secondo Mc 9,30-37

Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Parola del Signore!

Mariella: Gesù è sempre in movimento, il tempo s’è fatto breve, ora Egli sta attraversando nuovamente la Galilea, ma il suo cammino lo porta altrove, cioè verso il compimento della sua missione. La sua preoccupazione è tutta rivolta verso i suoi discepoli, vuole educarli a comprendere il significato degli avvenimenti che seguiranno. Siamo al secondo annuncio della Passione, è un annuncio passivo, non viene specificato l’autore, o per meglio dire gli agenti, sono semplicemente uomini che lo uccideranno. E’ un annuncio di morte che però apre un varco alla speranza: “….dopo tre giorni risorgerà”

Questo dire di Gesù resta però incomprensibile ai suoi discepoli, essi non capiscono, o per meglio dire non vogliono capire, hanno paura di interrogarlo, hanno timore di essere coinvolti in questa dolorosa esperienza, provano angoscia di fronte ad una previsione di morte inaspettata, restano muti ed attoniti in attesa di eventi futuri. Solo l’esperienza pasquale farà comprendere loro molte cose, li renderà disponibili e partecipi alla testimonianza che non risparmierà neppure a loro il martirio.

Ecco che nel loro peregrinare essi giungono a Cafarnao, Gesù non perde occasione per insegnar loro e s’informa su cosa stessero parlando lungo il viaggio. Ma essi tacciono, perché evidentemente avvertono l’enorme differenza ancora esistente fra il pensare del Maestro ed il loro pensiero totalmente umano.

Nelle comunità di allora, così come succede anche adesso, c’era sempre chi comandava, chi era a capo, chi era il più grande. Gesù invece vuole introdurre un concetto diverso di comunità, per Lui essere comunità significa essere uno per l’altro, essere disposti al servizio a favore degli altri. In questo contesto la sofferenza, il sacrificio di sé, la rinuncia, il calvario fino alla morte, hanno sapore di redenzione, morire a sé stessi perché altri abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.

Essere Maestro significa vivere in prima persona ciò che si annuncia, significa dare l’esempio capovolgendo tutta la scala dei valori: “…chi vuol essere primo sia ultimo di tutti…”

Il comportamento del vero discepolo di Gesù non può mai essere quello di orientare tutto su se stessi, ma l’interesse deve essere rivolto verso gli altri ..verso il più piccolo, il più bisognoso, il più povero ed indifeso, dimenticare se stessi per amare gli altri e servirli, così come ha fatto Gesù.

Poi Gesù prende un bimbo e abbracciandolo lo pone in mezzo all’assemblea, gesto forte, perché all’epoca i bimbi non contavano nulla nella società, erano insignificanti. Il Maestro dunque si identifica con queste creature piccole ed indifese, con chi non ha valore, accogliendo loro accogliamo il Signore, questo è un grande insegnamento che non può lasciarci indifferenti!


Enzo: Gesù e i suoi discepoli attraversano la Galilea, è un viaggio riservato senza folla a seguito, per volontà di Gesù. Infatti Gesù confida ai suoi ciò che gli accadrà fra non molto. Sa che non capiranno le sue parole, ma è una preparazione, un colloquio privato con i discepoli, un insegnamento che Marco inculca anche alla sua comunità, una regola di vita.

Poveri discepoli! non capivano e avevano paura della verità se avessero chiesto spiegazioni... In questo modo offuscavano la loro mente confermando la loro fede in un messia politico, battagliero, trionfatore sugli oppressori del popolo ebreo, una reazione deludente.

Gesù insegna che “Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno”, consegnato per iniziativa del Padre per attuare il suo disegno di salvezza.

Poi la contropposizione tra l'annunzio dell'annientamenteto del Figlio dell'uomo e la sa risurrezione: discorso incomprensibile per i discepoli. Il progetto salvifico di Dio, attraverso la sofferenza del Figlio, costituiva un paradosso che trascendeva la previsione di ogni uomo: “ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”.
Giustamente Marco annota e in qualche modo giustifica i discepoli: “Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo”.
La loro fantasia non si ferma qui: discutono come politici in attesa di una poltrona, di un posto al governo, anzi di chi sarebbe stato il prediletto ad accupare il primo posto accanto al futuro Re, unto del Signore, il Cristo.

A Cafarnao c'è la resa dei conti: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?».
Sembra che Gesù fosse Lui a guidare e indicare la strada, mentre i suoi discepoli, dietro di lui forse distanziati, discutevano. “Ed essi tacevano” annota l'evangelista. Non si era ancora stabilita la confidenza con l'amico Gesù: il rispetto umano è sempre diffidente, ha paura di scoprire la propria vera identità , non vuole essere giudicato. I discepoli si aspettavano che Gesù inaugurasse da un momento all'altro il regno messianico (che essi vedevano erroneamente anticipato dai miracoli da Lui compiuti), nel quale pensavano di essere favoriti con un posto di prestigio.

Ed ecco la grande lezione di Gesù che andrà capita soltanto alla luce della Passione annunciata in questo brano per la seconda volta. «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti».Una grande lezione di umiltà e del servizio verso coloro che nella società sono indifesi, emarginati, raffigurati dai più piccoli.
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.

Il tenero atteggiamento di Gesù che “abbraccia” i bambini è un dettaglio esclusivo di Marco, l'evangelista più attento a rilevare i tratti umani di Gesù che denotano il suo grande amore per l'uomo e la sua unità col Padre: “chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”.

Sarà compito dei discepoli farsi carico di “questi bambini”, di coloro che la società non si occupa, come Lui si è fatto carico di tutta l'umanità debole e fragile.

A proposti dei bambini e Gesù riporto un commento sul vangelo di domenica di Padre Ermes Ronchi che ho letto sulla rivista A SUA IMMAGINE , commento molto tenero e molto efficace:

Prese un bambino, lo pose in mezzo, lo abbracciò e disse: chi accoglie uno di questi bambini accoglie me”. È il modo incredibile di Gesù di gestire le relazioni: non rimprovera i suoi, non
li giudica, pensa invece a una strategia per educarli ancora. E lo fa con un gesto inedito: un abbraccio e un bambino.
Tutto il Vangelo in un abbraccio, un gesto che apre un’intera rivelazione: Dio è così. Al centro della fede un abbraccio. Tenero, caloroso. Al punto da far dire ad un grande uomo spirituale: Dio è un bacio (Benedetto Calati).
E Papa Francesco, a più riprese: ‘Gesù è il racconto della tenerezza di Dio’, un Dio che mette al centro della scena non se stesso, ma i piccoli, quelli che non ce la fanno da soli...
...Quando diremo a uno almeno dei piccoli, dei disperati: ti prendo dentro la mia vita.
E ti abbraccio. Allora, stringendolo a te, capirai che stai stringendo fra le tue braccia il tuo Dio”.



Molto bella questa esperienza se vissuta come Gesù l'ha predicata e manifestata con il suo esempio.


venerdì 11 settembre 2015

Chi è Gesù? è la risposta che l'evangelista Marco si appresta a manifestare....

«La gente, chi dice che io sia?»

Domenica 24ma del tempo ordinario Anno B: 13 settembre 2015



Dal vangelo secondo Mc 8,27-35

“Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.”




Parola del Signore!



Enzo: Chi è Gesù? Questo brano incomincia a rispondere all'interrogativo che l'evangelista Marco si era proposto di chiarire fin dall'inizio del suo vangelo. E' il punto culminante dei capitoli 1-8 perché adesso Gesù si rivela ai suoi discepoli che lo riconoscono come Messia. Gesù introduce il tema del Messia sofferente, tema che verrà poi sviluppato nei capitoli successivi. Da un lato il riconoscimento dei discepoli che confessano la messianicità di Gesù, come salvatore del popolo eletto, dall'altra Gesù cerca di correggere la loro concezione di messia: Gesù è il Figlio dell'uomo incamminato verso la croce.
Da questo brano in poi Marco tratterà il tema della croce colto da varie angolature e mostrato nelle sue diverse conseguenze.

Tornando al brano è Gesù che introduce l'incontro con una domanda ai suoi discepoli:«La gente, chi dice che io sia?» La gente, coloro che sono fuori dalla cerchia di Gesù, coloro che lo seguivano per i prodigi, e guarigioni...in contrapposizione ai discepoli fedeli a Lui. Varie sono le risposte: voci di corridoio, di piazza, che dicono tanto ma non confermano nulla.

La seconda domanda:Ma voi, chi dite che io sia?”. Domanda diretta, personale, a coloro ai quali fu confidato il segreto del Regno di Dio,
Non credo che la risposta di Pietro sia stata pronta, ma che sia arrivata dopo dei momenti di silenzio da parte di tutti i discepoli:Tu sei il Cristo”, l'atteso liberatore, l'unto di Dio. E' un atto di fede nella messianicità, non nella divinità di Gesù. Gesù accetta la confessione messianica di Pietro ma vi aggiunge immediatamente un'importante correzione dopo aver imposto loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
Marco insegna così che Gesù è il Messia annunciato, ripete più la fede della Chiesa che quella del primo apostolo: prima tappa.

E Gesù corregge in parte la convinzione della sua messianicità rivelata da Pietro:
“Cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente”.

Le parole di Gesù cadono sui discepoli come un fulmine a ciel sereno:Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo”.
Non aveva naturalmente capito nulla, meritando il rimprovero di Gesù:Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”, parole rivolte anche ai discepoli ai quali volse lo sguardo. 
Satana! Pietro agiva, seppure inconsciamente, come Satana, l'avversario di Gesù: Gesù lo richiama a porsi al suo seguito sulla via della Croce.

L'intenzione di Marco è quella di far sentire al lettore l'approssimarsi della passione che in Gesù si farà sempre più lucida e nel suo vangelo sempre più evidente.
Per ultimo Gesù completa la sua lezione ordinando prima ai suoi di non parlare e invitando la gente a farsi avanti perché il suo discorso non era finito: ciò che dirà è rivolto a tutti coloro che crederanno in Lui e che vorranno essere veramente suoi discepoli.
“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”.

E' una sentenza di Gesù che solo dopo la sua risurrezione e la venuta dello Spirito Santo sarà capita e che Marco riporta convinto della sua fede e quella della chiesa di allora in Gesù, figlio di Dio.

I credenti saranno esposti a persecuzioni e oltraggi. Per bocca di Gesù sono esortati a non vergognarsi di Lui, staccandosi dal suo amore, ma a sopportare le sofferenze e accettare anche il martirio.

Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”.

Difficile questo linguaggio ancora oggi! Gesù continua a chiederci: chi sono io per te?

Mariella: Gesù è in cammino verso i villaggi di Cesarea di Filippo, fuori dal dominio di Erode e dall'influsso dei farisei, bisognoso di capire la posizione dei suoi discepoli prima di intraprendere il doloroso cammino verso Gerusalemme, ossia verso la morte.

Gesù ormai era più che conosciuto, la sua fama si era diffusa per tutta la Galilea, a differenza della gente di Nazareth che pensava di sapere già tutto di Gesù perché conosceva sua madre ed i suoi fratelli, qui abbiamo gente che è in atteggiamento di ricerca, alcuni lo confondevano con Giovanni il Battista perché aveva pressapoco la stessa età e predicava come lui la penitenza. Per molti era un profeta, egli parlava in nome di Dio e confermava quello che diceva con i miracoli compiuti. Ma Gesù stringe il cerchio sui suoi discepoli: “Ma voi chi dite che io sia?” Ed ecco Pietro rispondere a nome di tutti: “Tu sei il Cristo!”

Poche parole ma chiare, un vero atto di fede. Finalmente gli occhi dei discepoli incominciano ad intravedere qualcosa del mistero di Gesù. Ma il loro cammino di conoscenza sarà ancora lungo e dovrà maturare alla luce della Passione e Resurrezione. Gesù ordina severamente di non parlare di Lui con alcuno, infatti non era giunto ancora il momento di annunciarlo come il Messia, per poterlo annunciare bisognava percorrere la silenziosa e dolorosa sequela fino al Calvario, per giungere alla rivelazione attraverso la sua Resurrezione.

Ed ecco che incomincia ad insegnar loro che dovrà soffrire molto, essere rifiutato, condannato, ucciso, ma che la morte non avrà l'ultima parola su di lui.

Gesù dunque vive la speranza di chi confida nel Signore ed è questa speranza che vuole comunicare a Pietro, così come la vuol comunicare a ciascuno di noi. Pietro non riesce ancora a comprendere ed accettare quanto il Maestro annuncia, la sua è una visione totalmente terrena, pensa secondo gli uomini e non secondo Dio, dovrà rivedere molte posizioni mettendosi alla sequela, seguendo la strada tracciata dal Maestro.

Gesù non impone nulla che non abbia vissuto lui per primo, parla apertamente esponendo con chiarezza le esigenze della sequela. Quali sono le condizioni indispensabili per essere veri discepoli? Rinnegare se stessi, rinunciare a tutto ciò che ci allontana da Dio, accogliere la sofferenza come dono, ossia immergersi nel mistero della morte di Cristo, finanche a perdere la vita se ci fosse richiesto.

Certo per riconoscere Gesù come unico Signore della vita ci vuole coraggio e determinazione il coraggio di essere diverso dagli altri, il coraggio di saper lottare per la causa del Vangelo, il coraggio di rinunciare alle tentazioni di questo mondo, il coraggio di testimoniare con coerenza la Parola con le opere.

Ancora una volta l'evangelista Marco ci invita a riflettere su chi è Gesù, chi è oggi Gesù per gli altri, ma soprattutto chi è per me che son qui a leggere e meditare questa pagina di Vangelo.
Chi è per me, che ogni giorno vivo una vita che mi è stata donata e che alla fine dei giorni dovrò restituire.

Chi è Gesù per me che ogni giorno soffro per mille motivi personali, lotto per offrire qualcosa di buono al mondo e spero di non vivere invano, fiducioso che tutto ciò che ho seminato nel corso della mia esistenza, ha un senso ed un fine.

Marco è il più sintetico degli evangelisti, egli mira l'essenziale, punta al cuore del mistero e ci sollecita sempre ad una scelta, vogliamo stare con Gesù anche se può apparire faticoso e perdente dal punto di vista umano?  Oppure vogliamo seguire la via larga che ci propone il mondo, fatta di comodità e di piacere, vissuta nella superficialità e nell'illusione che tutto questo possa bastarci?




sabato 5 settembre 2015

«Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»


"Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi".

Domenica 23ma del tempo ordinario Anno B: 6 settembre 2015



Dal vangelo secondo Mc 7,31-37

Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano.
Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!».
E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parola del Signore!


Enzo: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Con questa frase che l’evangelista Marco mette in bocca alla gente vuole stupire ancora chi legge, attrarli verso il Maestro dimostrando che i gesti di Gesù operano ciò che simboleggiano, sono sacramentali: lo schiudersi delle orecchie dell’uomo e lo scioglimento della sua lingua. Del resto è quello che si prefigge nello scrivere il suo vangelo.

Ma questa volta con la frase, già citata all’inizio di questo commento, Marco vuole impressionare, chiede adesione al Figlio di Dio senza ombra di dubbio: come la folla che, non ascoltando la proibizione di Gesù di non dire a nessuno ciò che aveva appena fatto, “più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano”.
Da notare che la guarigione del sordomuto, narrata solo in Marco, è localizzata in territorio pagano (la Decapoli), dove tuttavia sembra essere già giunta la fama di Gesù taumaturgo.

Proclamavano
: vuol dire annunciare, dare credibilità, credere, testimoniare Colui “che ha fatto bene ogni cosa”.

Fa udire i sordi e fa parlare i muti!»: Marco pone in rilievo la lezione teologica della guarigione,
l’era della salvezza messianica, l’avverarsi della profezia di Isaia 35,5-6:

“Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
E si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà con gioia la lingua del muto”.

In fine da non trascurare prima del miracolo il modo di fare di Gesù: “guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!».
Gesù si mette in contatto col Padre, prega per chiedere conferma a quanto si accingeva a fare e poi, emettendo un sospiro forse di compassione, manifestando la sua partecipazione alle sofferenze umane, ridà la parola e l’udito al povero sordomuto. Bell’esempio per noi: la preghiera che guarisce!

E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. Queste parole sono un capolavoro di Marco: quel “subito” fa intendere un significato di conversione interiore: gli orecchi «si aprono», il cuore e la mente dell'uomo sono quindi aperti ad accogliere la Parola del Signore; la lingua «si scioglie», l'uomo è quindi liberato dai legami del male che lo tenevano prigioniero.

Mi piace concludere questo commento con la testimonianza della folla e con la parola di Gesù “Apriti!”.
Apriti, dice oggi anche a noi Gesù, suoi discepoli, forse dormienti, sordi all’ascolto della sua Parola, discepoli ma non testimoni, non più capaci di manifestare quello che abbiamo creduto perché “ha fatto bene ogni cosa”. Ricordiamo che vuole che siamo la luce del mondo e sale della terra! Non siamo più pagani ma per libera scelta e grazia divina discepoli.
 Beda il venerabile, monaco e storico inglese, settimo secolo d.c così parla nel suo commento:

"Il sordomuto è colui che non apre le orecchie per ascoltare la parola di Dio, né apre la bocca per pronunziarla. E` necessario perciò che coloro i quali, per lunga abitudine, hanno già appreso a pronunziare e ascoltare le parole divine, siano loro a presentare al Signore, perché li risani, quelli che non possono farlo per l`umana debolezza; cosí egli potrà salvarli con la grazia che la sua mano trasmette".

Mariella: Il protagonista del vangelo odierno è un sordomuto: ossia un infermo impedito nelle sue possibilità uditive e comunicative: egli non riesce a parlare perché non è in grado di sentire, dunque una barriera che lo isola nel proprio mondo interiore e rende impossibile ogni forma di comunicazione e di conseguenza impedisce ogni forma di comunione.

In questo brano evangelico, Gesù vuole incontrare i pagani, essi infatti sono sordi nei confronti della rivelazione di Dio. E' dunque un pagano quest'uomo, probabilmente sordo dalla nascita e pertanto incapace di articolare parole. Sono gli altri che lo portano da Gesù pregandolo di imporgli la mano.
A questo punto non possiamo che riflettere su questo pregare, ovvero intercedere per uno che non ha la possibilità di chiedere nulla, che non ha risorse proprie per comunicare. Questo è sicuramente un atto di grande umanità e tanto abbiamo da imparare anche noi, sempre chiusi nella nostra indifferenza!
Forse che anche oggi non ci troviamo di fronte ad un'umanità sordomuta, incapace di ascoltare la Parola di Dio e di metterla in pratica? Non è dunque anche nostro compito portare a Gesù quanti sono incapaci di accogliere la salvezza che viene da Dio?

Gesù "Lo prese in disparte, lontano dalla folla...": i particolari sono tutti significativi. Egli non vuole spettacolarizzazione, vuole semplicemente ricondurre la persona alla sua integrità. Vuole restituire a quell'uomo la capacità di accogliere la Parola e viverla nel profondo "E subito si aprirono i suoi orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava rettamente”.

E raccomandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava più essi lo proclamavano". Gesù non vuole essere un guaritore, i gesti che compie sono segni della presenza del regno di Dio nel mondo, segni dell'Amore di Dio verso l'uomo, specialmente quello più fragile e debole.

Sarà la sua risurrezione il segno della forza di Dio che vince la morte. E' alla luce della risurrezione che Gesù vuole che vengano interpretati i suoi segni, altrimenti sarebbero solamente illusione di un benessere fuggevole, di una ingannevole felicità, di una misteriosa magia. Questo Gesù assolutamente non lo vuole, Egli è venuto non per guarire i corpi, ma per guarire anime, per restituirle alla dignità di figli, per assicurare una vita che non avrà più fine.

La conclusione del brano è molto significativa "...e pieni di stupore dicevano: Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti'". E' lo stupore dell'uomo di fronte alle meraviglie compiute dal Signore, uno stupore che esplode in canti di gioia e di ringraziamento, è lo stupore di chi aprendo gli occhi, gli orecchi, il cuore, di fronte alla rivelazione della verità non può restare in silenzio, ma deve comunicare agli altri ciò che ha visto, udito, assaporato.

C'è da chiedersi: ma noi sappiamo, oggi, stupirci di ciò che Dio fa per noi e di viverlo?
La meditazione di questo brano evangelico deve condurci a scorgere i segni di Dio nelle nostre vicende quotidiane. Difatti, Gesù con la parola "apriti", invita anche ciascuno ad iniziare un dialogo con Lui. Come il sordomuto ha accettato l'offerta gratuita del Signore, e per questo è stato svegliato dal torpore che gli impediva di ascoltare e comunicare, così anche noi dobbiamo fare spazio nel nostro cuore alla sua potenza guaritrice.
Dall'accoglienza, sensibilità e docilità che noi avremo verso la sua Parola dipende la nostra salvezza, viceversa, chi si chiude all'ascolto si costruisce la propria rovina.

Con il Sacramento del Battesimo siamo stati rivestiti dallo stesso Spirito di fortezza che ci ha liberati dalla macchia del peccato originale. Anche a noi è stato detto "Effatà", cioè apriti! e con un gesto sulle labbra siamo stati invitati a convertire questo ascolto nella possibilità di annuncio. Per questo ogni cristiano, in forza del Sacramento del Battesimo, è diventato capace di ascolto, di attenzione e di conseguente annuncio. la Parola di Dio non perde mai la sua efficacia, tuttavia se noi ci mostreremo refrattari all'ascolto ed all'annuncio, non potrà mai portare i frutti per cui viene mandata.

Gesù "ha fatto bene ogni cosa; ha fatto udire i sordi e parlare i muti" come aveva fatto con il sordomuto del brano evangelico di oggi, la nostra coerenza e la nostra buona volontà nel collaborare fedelmente, dovrebbero far sì che nulla di ciò che è stato fatto bene si guasti o si perda.

Rendimi consapevole, Signore, della mia sordità e apri il mio orecchio, ogni giorno, perché possa accogliere con cuore rinnovato la tua parola di vita, anche quando può risultarmi scomoda.