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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


domenica 29 giugno 2014

In principio uomini, infine santi!!




La gente chi dice che io sia?

Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli:
«La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?».
Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».


Commento di Padre Ermes Ronchi dalla Rivista A sua immagine

L’opinione della gente è bella e incompleta: Dicono che sei un profeta! Creatura di fuoco e di luce, come Elia o il Battista, bocca di Dio e bocca dei poveri.
Ma Gesù non è semplicemente un profeta di ieri, fosse anche il più grande.
Bisogna cercare ancora: Ma voi, chi dite che io sia?

Prima di tutto c’è un ‘ma voi’, in opposizione a ciò che dice la gente. Non accontentatevi di ciò che sentite dire. Più che offrire risposte, Gesù fornisce domande; non dà lezioni, conduce con delicatezza a cercare dentro.
È un maestro dell’esistenza, ci vuole tutti pensatori e poeti della vita. Gesù, maestro di umanità, non indottrina nessuno, stimola risposte. E così feconda nascite.
Pietro risponde: Tu sei il Figlio del Dio vivente
Sei il figlio vuol dire ‘tu porti Dio qui, fra noi. Tu fai vedere e toccare Dio. Sei il suo volto, il suo braccio, il suo progetto, la sua bocca, il suo cuore.

Provo anch’io a rispondere:
Tu sei un crocifisso amore l’unico che non inganna. Tu sei
disarmato amore, che non si impone mai, che mai è entrato nei palazzi dei potenti se non da prigioniero. Tu sei vincente amore. Pasqua è la prova che la violenza non è padrona della storia e del cuore, che l’amore è più forte. Oggi o in un terzo giorno, che forse non è per domani, forse tra molto dopo, ma che certamente verrà, perché ‘la luce è sempre
più forte del buio’ (Papa Francesco).
Tu sei indissolubile amore. Nulla mai, né vita né morte, né angeli né demoni, né fuoco né spada, nulla mai né tempo né eternità, nulla mai ci separerà dall’amore di Dio che è in Cristo.
(Rm 8, 38).

Poi i due simboli della chiave e della roccia. Pietro, e secondo la tradizione i suoi successori, sono roccia per la Chiesa nella misura in cui continuano ad annunciare: Cristo è il Figlio del Dio vivente. Sono roccia per tutta l’umanità se ripetono senza stancarsi che Dio è amore, che Cristo è vivo, come un tesoro per l’intera umanità.

Questo non è vero solo per Pietro, Gesù ripete a ogni discepolo:
Io su questa pietra viva che sei tu edificherò la mia casa. Tutti possiamo essere roccia e chiave: roccia che dà appoggio alla vita d’altri, chiave che apre le porte belle di Dio, le porte della vita intensa e generosa.

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In principio uomini, infine santi

Dal libro di M. Raymond, L'uomo che si vendicò di Dio


Testimonianza:

Non ammiro Pietro che rinnega, spergiurando, il Cristo, né la sua fede vacillante quando cammina sulle acque. Ciò nonostante, il suo rinnegamento e la sua esitazione mi sono d'aiuto nel cammino della santità. Anch'io ho vacillato e sono caduto; e se non m'è dato di piangere come Pietro, posso almeno gridare con lui: "Salvami, o Signore, se non vuoi ch'io mi perda!".
Non posso ammirare Saulo che custodisce le vesti dei lapidatori di Stefano e cavalca da Gerusalemme a Damasco, spirante minacce e stragi contro tutti i cristiani. Sotto questo aspetto, Saulo, persecutore dei discepoli di Gesù è, a sua volta, un tipo detestabile. Tuttavia Saulo, divenuto Paolo mi incoraggia. Se lui poté cambiare l'odio in amore, la mia speranza vive ancora.
Analoghe riflessioni si possono fare con molti altri, anzi, con la maggior parte de santi. La debolezza dei loro inizi mi dà la forza, la loro santità finale ispirazione. Ringrazio Iddio per Agostino peccatore trasformato in santo; per Alfonso che, all'età di ottant'anni, dice a un tizio: "Se dobbiamo parlarci, collochiamo fra noi un tavolo: non si sa mai! C'è ancora del sangue nelle mie vene!".
Ringrazio Dio per tutti quelli che da principio non furono che uomini, ma in seguito, con la loro cooperazione, lo sforzo personale e il duro lavoro divennero virtuosi e spirituali”.

L'uomo che si vendicò di Dio è John Green Hanning, un americano qualunque, vissuto dal 1849 al 1908. Fino a trentasei anni trascorse una vita simile ai suoi contemporanei, dai quali si distinse soltanto per un eccessivo spirito di vendetta. Appena ventenne, per vendicarsi del padre che intendeva piegarne l'indole caparbia, bruciò il capannone del tabacco appartenente alla famiglia e fuggì nel selvaggio West, ove divenuto vero cow-boy, per nove anni conobbe l'aspra e avventurosa vita di quegli infaticabili cavalcatori delle praterie. "Per vendetta" tornò a casa. Alla vigilia del matrimonio abbandonò la fidanzata e si fece monaco. Nella Trappa il suo istinto vendicativo non divenne virtù in un sol giorno: ci vollero ventitrè anni. Lavorò sodo per raggiungere la padronanza di sè. Aspirando a riprodurre nella propria vita la mansuetudine di Cristo, dovette ricorrere con mano esperta alle redini di una volontà tenace per mettere al passo il focoso temperamento che si ritrovava. Così "si vendicò" di Dio che glielo aveva dato. E il buon Dio, cui certamente non manca il sense of humour, avrà accolto questa fratello trappista sulla soglia dell'eternità non già con il solito: "Vieni, servo buono e fedele", ma con un'ultima ripicca: "Benvenuto, mio Vesuvio americano! Ti sei "vendicato", ancora una volta, come sempre.

Ma ora è il mio turno.

giovedì 26 giugno 2014

CHI E' GESU' PER TE? PER NOI COMUNITA' CRISTIANA?


Festività dei santi Pietro e Paolo  Domenica 29 giugno 2014




«La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?»: La domanda «chi è Gesù» è continuamente posta alla Chiesa di ogni tempo, fin dalle origini..





Dal vangelo secondo Matteo 16,13-19


 Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli:

«La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?».

Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».

Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».

Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»


Mariella: La Festa dei santi Pietro e Paolo corona il mese di Giugno, dopo la Solennità di Pentecoste, della Trinità e  del Corpus Domini. Non poteva mancare nella liturgia alla fine delle celebrazioni più importanti della nostra fede il ricordo del solenne incarico a Pietro capo della Chiesa di Gesù assieme al secondo pilastro della chiesa come sommo evangelizzatore.

Essi rappresentano un'unità pur nella diversità.

 Pietro, è stata pietra di fondamento della Chiesa di Cristo e Paolo, da persecutore dei cristiani per chiamata diretta di Gesù il grande e instancabile evangelizzatore.

Essi sono profondamente diversi tra di loro: eppure, entrambi necessari, nel panorama della fede cristiana.

Uno "il capo", l'altro, l' "ultimo" tra gli apostoli, come lui stesso ama definirsi


Eppure entrambi  erano focosi, avevano qualcosa che "bruciava" loro dentro, un assillo quotidiano, una carità che non trovava pace se non nella testimonianza concreta del Vangelo in parole ed opere, che li ha portati entrambi a dare la vita per Cristo.


Il brano evangelico che abbiamo letto sopra, possiamo dividerlo in due parti:

-         la prima riguarda la professione di fede cristiana: è la fede di Pietro e dei Dodici.

-         la seconda contiene l'affidamento a Pietro della Chiesa, missione che viene condivisa, pur rispettando il mandato specifico di Pietro, dagli altri apostoli, fino a Paolo e ai loro successori.


Pietro e i suoi successori avranno  la responsabilità di trasmettere e custodire nella  Chiesa la vera identità di Cristo e del suo vangelo sotto la guida dello Spirito Santo promesso e inviato da Gesù e dal Padre.

A Pietro, è affidato il compito di essere segno visibile di unità nella fede e nella carità. Lui sarà pietra, roccia sulla quale poggerà la Chiesa lungo tutti i secoli.


Nel brano di Matteo è centrale l'interrogativo di Gesù: "Voi chi dite che io sia?" sul quale è bene soffermarsi.

Domanda traducibile anche con un risvolto più diretto che ci appartiene: "Chi sono io per voi, per te?" questa domanda esige una risposta personale e chiede che se ne valutino le conseguenze.

Dunque la domanda potrebbe essere rivolta a ciascuno di noi:  "Chi è Gesù per me? Quanto è entrato nella mia vita? Come orienta i miei pensieri, le mie decisioni, le mie scelte?"

Il vangelo suggerisce che non basta una risposta teologicamente corretta, come quella di Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente"

Una dichiarazione di questo genere deve cambiare radicalmente la vita, altrimenti resta come cembalo squillante, sterile suono di parole.

Infatti dopo la risurrezione di Gesù, Pietro non sarà più interrogato sulla fede, ma sull'amore: "Mi ami tu?" Cioè, sei sicuro di volermi affidare la tua vita? sei pronto a seguirmi lungo il cammino, sei certo di voler percorrere lo stesso calvario di dolore e morte se la sequela lo richiede?


Credere in Gesù, significa testimoniare con la propria vita perché il Signore sia conosciuto, amato, seguito da tanti altri.

Non occorre essere perfetti, occorre riconoscere Cristo come Maestro e Salvatore

È incredibile come il Signore scelga con assoluta libertà e benevolenza persone anche deboli e fragili, perfino peccatrici.

L'amore di Dio va oltre i nostri meriti e le nostre capacità: basta volerlo accogliere nella propria vita con cuore sincero.

Egli non ci lascia soli: "Io sono con voi tutti i giorni" ci ripete continuamente ogni volta che la fatica della sequela rallenta i nostri passi. Su questa certezza possiamo vivere tutta la nostra vita



Enzo: Il brano che abbiamo appena letto e ascoltato è uno dei  tanti in  cui gli evangelisti parlano dell’apostolo Pietro futuro capo della Chiesa di Gesù. E’ il discepolo più in vista, di lui si scrivono difetti e pregi, esaltazioni e umiliazioni, entusiasmi e debolezze, coraggio e paure…Perché tutto questo parlare di Lui?

Temo di non sbagliarmi nel dire che Pietro è stato volutamente forgiato da Gesù, forse per la sua spontaneità, per quel suo parlare semplice e allo stesso tempo per il suo attaccamento al Maestro di cui ben poco capiva ma a cui rimaneva fedele.

Pietro sarà il prototipo del futuro discepolo di Gesù, il futuro cristiano, l’uomo debole, peccatore, che ascolta e vuol seguire il Maestro, l’uomo che ha bisogno di essere redento, redenzione che Gesù è venuto a portare, l’uomo amato dal Padre fin dal principio della creazione, l’uomo per cui il Figlio dell’uomo si è offerto in sacrificio sulla croce. Non era venuto per i giusti ma per i peccatori.


Sì, Pietro è stato forgiato per volere di Gesù incominciando da quel “Seguimi” sulle rive del Lago Tiberiade fino al rinnegamento nella notte della passione, dal rinnegamento al mandato di successione  a capo della nascente Chiesa: “ Pasci le mie pecore”, unico discepolo che ha parlato ispirato dal Padre per affermare l’origine divina di Gesù.


Il Brano del vangelo si colloca a Cesarea di Filippo che si trova a 50 km a nord del lago di Genezaret, al confine con il territorio pagano. Gesù si trova solo con i suoi discepoli, con i quali tenta un bilancio della sua predicazione svolta finora.


Gesù cerca di appurare il grado di comprensione della folla e dei discepoli sulla sua persona. La folla è ancora ferma nelle proprie credenze nonostante i prodigi, le guarigioni, i miracoli compiuti da Gesù.

Gesù mette alla prova i suoi discepoli, forse scandalizzati  dagli ultimi eventi che non capivano, e non erano convinti ancora della sua messianicità fermi forse anche loro nelle credenze ebraiche riguardanti il messia.


E subito dopo l’interrogazione diretta: «Ma voi, chi dite che io sia?».

Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Con la complicità del Padre Pietro ha espresso verbalmente la fede dei discepoli, ed è sulla fede in Gesù che il gruppo dei discepoli avrà il suo solido fondamento: non la carne  né il sangue, l’uomo da solo, non può capire e mostrare il mistero di Dio. Pietro è dichiarato  beato perché ha beneficiato della rivelazione del Padre.


Pietro sarà la prima pietra della Chiesa di Gesù. Pietro da questo momento è indicato come  il capo, il portavoce, il guardiano di questa fede: “ Tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” gli dirà Gesù.


Pietro viene presentato come il discepolo che fa da esempio, in lui possiamo specchiarci e riconoscerci: deboli o forti, con pregi e difetti ma salvati dalla fede accettata in Gesù Maestro.


Ogni atteggiamento del discepolo deve porsi in riferimento a Cristo, la fede del discepolo deve essere semplice, schietta, attenta, fiduciosa nella bontà e misericordia del Padre.

Pietro seguirà il Maestro fino in fondo: Gesù prima di tornare al Padre ordinando a Pietro di pascere  le sue pecore aveva anche detto: “quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. E aggiunge Giovanni: “Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio”.


Questo è il discepolo di Gesù: non ci è chiesta nessuna rinuncia fine a se stessa, ma soltanto per Gesù, fonte di salvezza e di amore.


Per essere veri discepoli, bisogna fare qualcosa di radicale, di fondamentale: rinunciare a se stessi, alle proprie sicurezze, per dedicarsi, come Gesù, totalmente agli altri, come Pietro, capo della Chiesa, come Paolo per il quale vivere era essere in Cristo.

Anna: Proprio in questi giorni nella tranquillità di casa, pensavo già al lavoro di catechesi per il prossimo anno con i miei ragazzi del secondo corso di Cresima e mi domandavo  come presentare la Persona di Gesù.

Come far sentire loro la gioia dell’appartenere a Gesù , come è Bello e quale contentezza e serenità ti dà la Sua Parola, come trasmetterla.


Si , mi dicevo, devo iniziare proprio così: “Chi dite che io sia?”

Perché per conoscere qualcuno  ho bisogno di sapere chi è, da dove viene, che cosa mi dice e dove mi vuole portare, che cosa ha fatto e dove si trova se ho bisogno di fare due chiacchiere.


Stamattina leggendo il Vangelo di Domenica ho avuto la conferma: Gesù mi indirizzava nella giusta via…

Sono domande quelle di stasera del Vangelo  che  toccano il cuore nel profondo della vita di ciascuno di noi, di chi si sostiene di essere cristiano, di chi è in ricerca,  ma anche di chi è coinvolto da vicino nella realtà di Cristo, persona viva, vera, oggi ,ieri e domani. Persona viva, vera, uomo vivo, vero, uomo come noi.


Chi è Gesù per me ?

Questa domanda ha bisogno di una risposta e non bisogna far finta di nulla ….o brancolare nel buio e nelle notti profonde… sicuramente potremmo dire fiumi di parole: non  è Gesù un’idea, non è  un personaggio che mi parla da filosofo o da storico, non è un concetto morale…

Gesù oltre che uomo è il Figlio di Dio, morto e Risorto per donarci la gioia della Salvezza, perché tutti gli uomini siano salvati e possano rinascere a Vita nuova con Lui .

La Fede Cristiana è attaccamento ad una Persona, a Gesù che è la luce del mondo che è Via, Verità e Vita.

Con la luce possiamo camminare liberi senza paura,senza farci male perché riusciamo a vedere chiaro in noi stessi.

La fede cristiana è  vedere come Gesù, colloquiare con  Gesù nella preghiera,

è ascoltare e fare nostra la sua  Parola.

Essere discepoli di Gesù è  vedere, ascoltare, soccorrere, amare il fratello donando la propria vita, condividendo nella gioia, nella salute e nella malattia, spezzando il pane quotidiano. Essere cristiani vuol dire anche testimoniare  il nostro Credo e la Persona di Gesù in noi. E’ vedere Gesù, è rendere  grazie nelle Celebrazioni, è cibarsi  dell’Eucarestia, trovare la sua misericordia.

Essere cristiani vuol dire sentirsi figli dello stesso Padre e fratelli di Gesù.


Solo con questa ginnastica dell’Amore e del saper rinunciare, troveremo la vera gioia  che fa bene al cuore e all’anima; scopriremo la  era  libertà e l’incontro col Risorto.

Solo così se  resteremo attaccati  alla Vite come i tralci e potremo un giorno essere chiamati beati come Pietro perché scelti e amati dal Padre.



Papa Francesco nella catechesi di mercoledì 25 giugno 2014





Questo cammino (da cristiani) lo possiamo vivere non soltanto grazie ad altre persone, ma insieme ad altre persone. Nella Chiesa non esiste il “fai da te”, non esistono “battitori liberi”. Quante volte Papa Benedetto ha descritto la Chiesa come un “noi” ecclesiale! Talvolta capita di sentire qualcuno dire: “Io credo in Dio, credo in Gesù, ma la Chiesa non m’interessa…”. Quante volte abbiamo sentito questo? Questo non va! C’è chi ritiene di poter avere un rapporto personale, diretto, immediato con Gesù Cristo al di fuori della comunione e della mediazione della Chiesa. Sono tentazioni pericolose e dannose. Sono, come diceva il grande Paolo VI, dicotomie assurde. È vero che camminare insieme è impegnativo, e a volte può risultare faticoso: può succedere che qualche fratello o qualche sorella ci faccia problema, o ci dia scandalo… Ma il Signore ha affidato il suo messaggio di salvezza a delle persone umane, a tutti noi, a dei testimoni; ed è nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, con i loro doni e i loro limiti, che ci viene incontro e si fa riconoscere. E questo significa appartenere alla Chiesa. Ricordatevi bene: essere cristiano significa appartenenza alla Chiesa, il nome è “cristiano” il cognome è “appartenenza alla Chiesa”.



venerdì 20 giugno 2014

Hai problemi per la preghiera? eccoti una lettera per te...



LETTERA SULLA PREGHIERA
di Mons: Bruno Forte)



Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere.
Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Ora, l’amore nasce dall’incontro e vive dell’incontro con l’amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l’amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l’eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l’aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita.

Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? 
Ti rispondo: comincia a dare un po’ del tuo tempo a Dio. All’inizio, l’importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cerca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un’icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica…). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!". Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribellione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre – Madre nell’amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Come il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuore, ti tocchi l’anima, e si faccia contemplare da te anche solo di spalle.

Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Parola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vorresti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Patriarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l’esperienza della vita vissuta nell’orizzonte dell’alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.
All’inizio, potrà sembrarti che il tempo per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appuntamento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all’inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capirai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.

Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te. Allora, il tuo cuore fatto nuovo potrà cantare il cantico nuovo, e il "Magnificat" di Maria uscirà spontaneamente dalla tue labbra e sarà cantato dall’eloquenza silenziosa delle tue opere.
Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso". Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l’unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l’ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. È quella l’ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l’ora della partecipazione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d’amore, inondata dalla gioia della presenza dell’Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.

Non avere paura, dunque, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d’uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d’acqua che evapora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasmato dall’amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecondo. Lascia che la preghiera faccia crescere in te la libertà da ogni paura, il coraggio e l’audacia dell’amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle situazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.
Un dono particolare che la fedeltà nella preghiera ti darà è l’amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a vantaggio del Suo corpo, la chiesa. Pregando, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l’unità del corpo di Cristo e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell’amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l’iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.

Pregando, s’impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l’urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell’Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l’eternità.
Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a

  domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chiederlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desiderato. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.
(Mons. Bruno Forte)

giovedì 19 giugno 2014

Tra L'Incarnazione e l'Eucaristia, c'è un ponte di Luce che illumina interiormente il mistero dell'Amore



Festa del Corpo e Sangue del Signore:
domenica 22 giugno 2014



“La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.

Dal vangelo secondo Giovanni 6,51-58

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di
questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del
mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui
darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico:
se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete
in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera
bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche
colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come
quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in
eterno. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Parola del Signore!


Abbiamo ritenuto questa sera riflettere su un commento di Padre Augusto Drago, che volentieri offriamo anche a voi amici che ogni settimana leggete i nostri “volenterosi” commenti.

Ecco Padre Augusto:

Celebriamo domani la solennità del santissimo Corpo e Sangue del Signore.
Quindi un prolungamento del Giovedì Santo. Permettetemi, cari fratelli, che prima di
commentare la pagina del Santo Vangelo, io mi soffermi a dire una cosa che a me sembra
molto importante. Mi ricordo delle parole che un giorno il Santo Padre Paolo VI di
felicissima memoria, ebbe a dire nell'omelia della festa del Corpus Domini il 12 giugno del
1997. Le ricordo benissimo perché a quei tempi io ero a Roma.
Disse: "L'uomo è un essere che si abitua alle cose straordinarie...L'uomo si abitua, anche a
riguardo di realtà che eccedono la sua consueta capacità di comprensione: egli considera
spesso normali le cose straordinarie che accadono, perché non ci fa più caso..."

Perché ricordo queste parole?
Perché, fratelli e sorelle, abbiamo bisogno di recuperare la meraviglia, se veramente vogliamo accostarci al mistero eucaristico. Purtroppo ci siamo abituati anche a questo.
La meraviglia è la prima forma di accoglienza del mistero. Prima ancora di capire cosa significa, come opera, perché Gesù l'ha istituita, cosa produce in noi.... l'Eucarestia, prima di viverla in tutte le sue implicazioni, bisogna ogni volta, lasciare che ci sorprenda!
Bisogna meravigliarsi di ricevere la Persona stessa di Cristo. Non solo, ma con Lui anche tutta la Santissima Trinità! E con essa: l'Amore divino e la vita per l'eternità!
Bisogna MERAVIGLIARSI! Meravigliarsi di celebrare il memoriale, vale a dire, l'essere contemporanei, della passione, morte, e resurrezione del Signore!
E mi sembra proprio questa meraviglia il senso e il legame di tutte le letture di oggi,
e della bellissima sequenza scritta da san Tommaso d'Aquino: il Lauda Sion Salvatorem:
Loda o Sion (Chiesa di Dio) il tuo Salvatore...!

Ed ora andiamo al brano del Vangelo. Ci troviamo verso la fine del grande discorso di Gesù sul Pane della Vita. E' il discorso che segue il grande miracolo della moltiplicazione dei pani.
Durante tutto il discorso, Gesù ha parlato della necessità di nutrirsi del Pane della Vita.
Ora conclude il suo argomentare con l'audace affermazione che il Pane della Vita, il Pane che dà Vita, è la sua carne. "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io gli darò è la mia carne per la vita del mondo!"

La vita viene dunque, afferma Gesù, dalla sua Carne e dal suo Sangue.
"Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Lo scandalo è sommo!
La risposta di Gesù è dura. Egli non attenua la sua affermazione, e non rende il suo
linguaggio più accessibile, non fa nulla per smorzare la reazione degli ascoltatori.
Anzi, ribadisce con più forza la dichiarazione precedente, introducendola con la tipica
formula giovannea: "In verità, in verità io vi dico...".

Questo parlare di Gesù imprime alle parole il carattere di una rivelazione.
Una rivelazione solenne e decisiva. Ciò che mi colpisce in modo particolare è il fatto che Gesù non parli del suo Corpo, ma della sua Carne. Mi chiedo il perché.
E trovo la risposta nel prologo del Vangelo sempre di Giovanni: al versetto 14 è detto: "E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi!"

Con queste parole Giovanni annuncia il grande mistero della Incarnazione del Figlio del Padre. Badate bene: utilizza il termine "carne"! Anche nel nostro testo, Gesù, riferendosi a se stesso, utilizza lo stesso vocabolo. Allora tutto mi sembra chiaro: Gesù stabilisce un evidente aggancio tra l'Eucaristia (di cui si è parlato in tutto il discorso del Pane del cielo) e il mistero dell'incarnazione.

Tutto questo ha un preciso significato: Giovanni ribadisce che è attraverso l'esperienza ecclesiale eucaristica, che l'incarnazione continua tra noi ancora oggi.
La carne sacrificata del Verbo, si fa pane nutriente e comunica la vita di Cristo, del Cristo Celeste, glorificato.

Sono anche rivelati due punti inediti del mistero eucaristico: l'unione durevole dei discepoli con Gesù, ed il dinamismo di amore che unisce il Figlio al Padre.
I discepoli sono riuniti dentro questo meraviglioso dinamismo. Gesù, in estrema sintesi vuole dire che la dinamica è data da questi valori: fede, eucaristia, incarnazione e vita. La fede in Lui.

L'Eucaristia, vita di Lui donata a noi.
Incarnazione, mistero d'amore che l'Eucarestia continua nel tempo.
Vita, è la Vita eterna che nell'Incarnazione trova la sua scaturigine e che proprio
nell'Eucaristia è anticipata e pregustata. Questo è il mistero!
Tra L'Incarnazione e l'Eucaristia, c'è un ponte di Luce che illumina interiormente il mistero dell'Amore, che pulsa, vive ed arde nel cuore di chi sa recepirlo!

"In verità in Verità io vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell'Uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita... " Parole chiare, inequivocaboli.
L'incarnazione è il preludio dell'Eucaristia! L'Eucaristia è l'Incarnazione che continua nella vita del credente.

E per che cosa si è incarnato il Verbo? Dice il simbolo della nostra fede:
"Per noi uomini e per la nostra salvezza..."
Ora dunque, perché il Verbo fattosi carne, fa diventare Eucaristia la sua stessa carne?
La risposta è identica, ma approfondita: perché nell'Eucarestia già, pregustando e mangiando la Carne di Cristo, pre-sentiamo la Vita della Gloria.
Così infatti san Tommaso chiama l'Eucarestia: "pegno della gloria futura!"
Essa è il pregustamento di ciò che un giorno saremo e di ciò che già Gesù, il Verbo fatto carne, già è. Grande mistero!

Abbiamo compreso tutto questo, quando ci accostiamo ad assumere le sacre Specie del Pane e del Vino? Ci siamo già abituati, assuefatti?
Molti cristiani sentono il bisogno di fare la santa "Comunione" tutti i giorni. Bellissimo. Ma come vorrei che fosse fatta senza il devozionismo, ma con sempre crescente desiderio e con dolce e nostalgica meraviglia che dilata gli orizzonti del Cuore, verso l'infinito di Dio, e verso la grandezza della creazione e dell'umanità intera.
L'Eucaristia è anche, da questo punto di vista, la "coppa della sintesi" come la chiamava sant'Ireneo. In essa c'è infatti la sintesi di tutti i misteri di Dio e della nostra salvezza. I Misteri dell'Amore.
Essa è una primizia. Se la sapessimo gustare, al di là della nostra abitudinarietà, sapremmo che essa è la primizia delle cose celesti. E se le primizie sono così belle e promettenti, cosa sarà mai l'intero raccolto? Stupore! Meraviglia! Ne siamo ancora capaci?



Mariella:
Prima di iniziare la lunga serie delle domeniche del tempo ordinario, la Liturgia ci offre una sosta per celebrare la Solennità del "Santissimo Corpo e Sangue di Cristo", ma non è una fermata di riposo: si ri chiede uno sforzo per ammirare un grandissimo mistero.L’attenzione è tutta incentrata su un aspetto essenziale della nostra fede, il sacramento dell'Eucaristia, istituito da Gesù durante l'Ultima cena e che si rinnova in ogni celebrazione  nelle assemblee cristiane .Gesù, prima di lasciare definitivamente i suoi Apostoli, offrirà loro il viatico per proseguire il cammino.

Alcune domeniche fa nel Vangelo era contenuta questa promessa:  "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
Oggi Gesù ci fa prendere coscienza della sua reale presenza in mezzo a noi, anzi in noi, grazie al dono preziosissimo del suo Corpo e del suo Sangue.
Nutrirsi del suo stesso corpo per rimanere in Lui, per avere con lui la più alta e radicale forma di comunione.
Una unione tanto più straordinaria quanto più riflettiamo sull’enorme differenza fra noi e il Figlio di Dio.

Certamente ognuno di noi si chiede se è degno di ricevere un dono così grande! Possiamo tranquillamente dire che nessuno è degno, ma Gesù ci dice in ogni Eucaristia: "Prendete e mangiatene tutti", perché sa che tutti ne abbiamo bisogno e Lui si dona a tutti come pane spezzato per una sempre nuova ed eterna alleanza.

Gesù  ci apre orizzonti di eternità:  “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue non avrete in voi la vita!”  Gesù desidera semplicemente assimilarci a sé, unirci in modo indissolubile che lega il Padre al Figlio.

Gesù vuole esprimerci il suo immenso ed eterno amore che lo porta a farsi pane per nutrire e dare la vita a quanti lo accolgono come Salvatore.
Gesù vive per il Padre e c'invita a vivere noi stessi per Lui. Il Padre è sempre vicino a Gesù ed è sempre pronto ad ascoltarlo e aiutarlo. Se noi sapremo nutrirci di Lui pregarlo ed ascoltarlo come Lui fa col Padre, vivremo la comunione trinitaria, quel meraviglioso circuito d’amore che coinvolge tutti quelli che si riconoscono figli di uno stesso Padre.

Dio comunica la sua vita in una relazione che non è soltanto intellettuale o spirituale, ma in una relazione che implica tutto ciò che costituisce la persona, tutto ciò che costituisce il cuore dell'esistenza, delle relazioni, delle attività più vitali

Vivere l'Eucarestia significa vivere una adesione a Lui con tutto il nostro essere, tutta la nostra esperienza quotidiana di vita comunitaria
Questo deve spingerci a riflettere su come ci lasciamo trasformare dal Corpo e dal Sangue di Cristo e quanto siamo responsabili nel trasmettere agli altri la nostra totale appartenenza a Cristo!
Non possiamo percepire il sacramento Eucaristico come un gesto abitudinario, la sua straordinarietà è indubbiamente da vivere nel massimo coinvolgimento di vita.

Enzo: Le parole di Gesù, diceva Padre Augusto, hanno il carattere di una rivelazione. Una rivelazione solenne e decisiva.. Gesù aggancia il mistero dell’Incarnazione al mistero dell’Eucaristia.
Questa rivelazione è la chiave per capire le parole di Gesù, il suo grande dono, il suo testamento.

Mentre Gesù era il pane disceso dal cielo, cioè donato dal Padre, attraverso l’innalzamento sulla croce e alla sua gloriosa risurrezione e ascensione al Padre offrirà se stesso come alimento per la vita eterna.
                                                                                           
 L’evangelista Giovanni non cita come gli altri le parole di Gesù nel dare il pane e il vino ai suoi discepoli, Questo è il mio corpoQuesto è il mio sangue…” ma evidenzia la dimensione divina di Gesù e la sua capacità di essere presente in mezzo a noi per sempre, attraverso un’altra via rispetto alla sua presenza puramente fisica e materiale.

Gesù precisa ulteriormente il tema del “pane della vita” (“Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue”) suscitando una reazione costernata nel suo uditorio, che considerava fonte di impurità rituale ogni contatto con il sangue e con un corpo ferito o morto.

 Come Nicodemo si immaginò la rinascita in un senso puramente fisico e la Samaritana al pozzo pensò in un primo momento soltanto all’acqua naturale, così anche qui alcuni giudei interpretano alla lettera il riferimento di Cristo alla sua carne., e i suoi discepoli troveranno “dure queste parole”. Ma capiranno bene tutto con l’avvento dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste.

Ma mi  viene da chiedere: è giunta anche fino a noi la Pentecoste? Siamo capaci di vivere con gioia Gesù che si offre come nostro cibo? Siamo pronti con Lui in noi a proclamarlo nelle piazze, testimoniarlo ed ascoltare magari la gioia dei fratelli che si uniscono a noi per lodare, ringraziare Il Dio che  ci custodisce e meraviglia?

Propongo per una maggiore comprensione una scia che  il mistero del Corpo di Gesù ha lasciato nel tempo nella cristianità. E’ la tradizione che parla, un vissuto cristiano che può dare anche a noi, se in modo diverso a ciascuno, un motivo in più per vivere questo mistero d’amore con convinzione.

Denominazioni date alla celebrazione del Corpo e sangue di Gesù riportate dal Catechismo della Chiesa Cattolica:

Eucaristia: la parola vuol dire ringraziamento. Noi  rendiamo grazie a Dio per il grande evento della Redenzione.

Cena del Signore,  perché si tratta del memoriale della Cena che il Signore ha consumato con i suoi discepoli la vigilia della sua passione  “Mistero della Fede! Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione,. nell'attesa della tua venuta”.

Frazione del pane, perché questo rito, tipico della cena ebraica, è stato utilizzato da Gesù quando benediceva e distribuiva il pane come capo della mensa, soprattutto durante l'ultima Cena. Da questo gesto i discepoli lo riconosceranno dopo la sua risurrezione, e con tale espressione i primi cristiani designeranno le loro assemblee eucaristiche.

Assemblea eucaristica in quanto l'Eucaristia viene celebrata nell'assemblea dei fedeli, espressione visibile della Chiesa.

 Memoriale: ricordiamo la passione, morte e risurrezione del Signore.

Santo sacrificio, perché attualizza l'unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l'offerta della Chiesa o ancora santo sacrificio della Messa, « sacrificio di lode » (Eb 13,15), sacrificio spirituale, sacrificio puro e santo, poiché porta a compimento e supera tutti i sacrifici dell'Antica Alleanza.

Santa e divina liturgia, perché tutta la liturgia della Chiesa trova il suo centro e la sua più densa espressione nella celebrazione di questo sacramento; è nello stesso senso che lo si chiama pure celebrazione dei santi misteri.

Santissimo Sacramento, in quanto costituisce il sacramento dei sacramenti. Con questo nome si indicano le specie eucaristiche conservate nel tabernacolo.

Comunione, perché, mediante questo sacramento, ci uniamo a Cristo, il quale ci rende partecipi del suo Corpo e del suo Sangue per formare un solo corpo, un solo spirito con i fratelli presenti e con tutti i discepoli di Gesù nel mondo intero.

 Santa Messa, perché è la liturgia, nella quale si è compiuto il mistero della salvezza e si conclude con il saluto e l'invio dei fedeli affinché compiano la volontà di Dio nella vita quotidiana, siano testimoni del sacramento che hanno celebrato.

Forse ogni riferimento ci dirà qualcosa a cui non saremo capaci di rinunciare: lo voglia Gesù per il nostro bene.

 “O sacramento di pietà, o segno di unità, o vincolo di carità! Chi vuol vivere, ha dove vivere, ha donde attingere la vita. Si accosti, creda, sarà incorporato, sarà vivificato” Sant’Agostino

Mariella: Non possiamo percepire il sacramento Eucaristico come un gesto abitudinario, la sua straordinarietà è indubbiamente da vivere nel massimo coinvolgimento di vita....


lunedì 16 giugno 2014

Santissima Trinità : papa Francesco e don Tonino Bello





Oggi è la Domenica della Santissima Trinità
di Papa Francesco

La luce del tempo pasquale e della Pentecoste rinnova ogni anno in noi la gioia e lo stupore della fede: riconosciamo che Dio non è qualcosa di vago, il nostro Dio non è un Dio “spray”, è concreto, non è un astratto, ma ha un nome: «Dio è amore».

Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare, a donarci agli altri come Gesù si è donato a noi, e cammina con noi. Gesù cammina con noi nella strada della vita.

La Santissima Trinità non è il prodotto di ragionamenti umani; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall’alto di una cattedra, ma camminando con l’umanità. E’ proprio Gesù che ci ha rivelato il Padre e che ci ha promesso lo Spirito Santo. Dio ha camminato con il suo popolo nella storia del popolo d’Israele e Gesù ha camminato sempre con noi e ci ha promesso lo Spirito Santo che è fuoco, che ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, che dentro di noi ci guida, ci dà delle buone idee e delle buone ispirazioni.

Oggi lodiamo Dio non per un particolare mistero, ma per Lui stesso, «per la sua gloria immensa», come dice l’inno liturgico. Lo lodiamo e lo ringraziamo perché è Amore, e perché ci chiama ad entrare nell’abbraccio della sua comunione, che è la vita eterna.

Affidiamo la nostra lode alle mani della Vergine Maria. Lei, la più umile tra le creature, grazie a Cristo è già arrivata alla meta del pellegrinaggio terreno: è già nella gloria della Trinità. Per questo Maria nostra Madre, la Madonna, risplende per noi come segno di sicura speranza.
E’ la Madre della speranza; nel nostro cammino, nella nostra strada, Lei è la Madre della speranza. E’ la Madre anche che ci consola, la Madre della consolazione e la Madre che ci accompagna nel cammino. Adesso preghiamo la Madonna tutti insieme, a nostra Madre che ci accompagna nel cammino.

(PAPA FRANCESCO, Angelus, Piazza San Pietro, Solennità della Santissima Trinità, Domenica, 26 maggio 2013)

La Santissima Trinità,  di don Tonino Bello


Il Signore benedica tutti i vostri progetti, miei cari fratelli. Il Signore vi dia la gioia di vivere anche l'esperienza parrocchiale in termini di famiglia. Prendiamo come modello la Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito che si amano, in cui la luce gira dall'uno all'altro, l'amore, la vita, il sangue è sempre lo stesso rigeneratore dal Padre al Figlio allo Spirito, e si vogliono bene.

Il Padre il Figlio e lo Spirito hanno spezzato questo circuito un giorno e hanno voluto inserire pure noi, fratelli di Gesù. Tutti quanti noi.
Quindi invece che tre lampade, ci siamo tutti quanti noi in questo circuito per cui e la parrocchia e le vostre famiglie prendano a modello la Santissima Trinità.

Difatti la vostra famiglia dovrebbe essere l'icona della Trinità. La parrocchia, la chiesa dovrebbe essere l'icona della Trinità.
Signore, fammi finire di parlare, ma soprattutto configgi nella mente di tutti questi miei fratelli il bisogno di vivere questa esperienza grande, unica che adesso stiamo sperimentando in modo frammentario, diviso, doloroso, quello della comunione, perché la comunione reca dolore anche, tant'è che quando si spezza, tu ne soffri.

Quando si rompe un'amicizia, si piange. Quando si rompe una famiglia, ci sono i segni della distruzione.
La comunione adesso è dolorosa, è costosa, è faticosa anche quella più bella, anche quella fra madre e figlio; è contaminata dalla sofferenza. Un giorno, Signore, questa comunione la vivremo in pienezza. Saremo tutt'uno con te.

Ti preghiamo, Signore, su questa terra così arida, fa' che tutti noi possiamo già spargere la semente di quella comunione irreversibile, che un giorno vivremo con te.
(Don Tonino Bello)