“Ricordati
uomo che sei polvere e in polvere ritornerai”
Carissimi
amici, che seguite tutte le settimane i miei volenterosi commenti
alla Parola che la liturgia ci suggerisce, vi arrrivi questo mio
messaggio per il tempo liturgico che oggi primo marzo 2017
incomincia: tempo di quaresima.
Troverete
il messaggio di Papa Francesco per questo periodo di quaresima, tempo
tanto ricco per la conversione, quanto per l'attesa della nostra
salvezza di Gesù, la Pasqua di Gesù.
Da
parte mia ho deciso di meditare ogni giorno una frase, un pensiero
del messaggio di Papa Francesco: meditare, guardarmi dentro nel cuore
, nei pensieri, nelle azioni, nell'amore al prossimo: rivedere la mia
vita , il mio peccato non per piangere ma per rallegrarmi di essere
stato sempre perdonato. Godere anche in questo periodo della
misericordia divina, gioire consapevole che se un discepolo non sa
gioire,non sarà mai un buon discepolo, discepolo continuatore della
missione evangelizzatrice di Gesù.
Per
tutta la quaresima non invierò commenti alla letture della liturgia
della Parola, lasciando ad ognuno, vogliamo dire compito?, di
regolarsi e di prepararsi al meglio per festeggiare, passati i
quaranta giorni di quaresima, la risurrezione di Gesù fonte della
nostra fede e speranza, frutto della sua incarnazione, passione e
morte per amore dell'uomo.
BUONA
QUARESIMA!
MESSAGGIO
Di PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2017
La
Parola è un dono. L’altro è un dono
Cari
fratelli e sorelle,
la
Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta
sicura: la Pasqua di
Risurrezione,
la vittoria di Cristo sulla morte. E sempre questo tempo ci rivolge
un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare
a Dio «con tutto il cuore» (Gl 2,12), per non accontentarsi di una
vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è
l’amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando
pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa
attesa, manifesta la sua volontà di perdono (cfr Omelia
nella S. Messa, 8 gennaio 2016).
La
Quaresima è il momento favorevole per intensificare la vita dello
spirito attraverso i santi mezzi che la Chiesa ci offre: il digiuno,
la preghiera e l’elemosina. Alla base di tutto c’è la Parola di
Dio, che in questo tempo siamo invitati ad ascoltare e meditare con
maggiore assiduità. In particolare, qui vorrei soffermarmi sulla
parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro (cfr Lc 16,19-31).
Lasciamoci
ispirare da questa pagina così significativa, che ci offre la chiave
per comprendere come agire per raggiungere la vera felicità e la
vita eterna, esortandoci ad una sincera conversione.
1.
L’altro è un dono
La
parabola comincia presentando i due personaggi principali, ma è il
povero che viene descritto in maniera più dettagliata: egli si trova
in una condizione disperata e non ha la forza di risollevarsi, giace
alla porta del ricco e mangia le briciole che cadono dalla sua
tavola, ha piaghe in tutto il corpo e i cani vengono a leccarle (cfr
vv. 20-21).
Il
quadro dunque è cupo, e l’uomo degradato e umiliato. La scena
risulta ancora più drammatica se si considera che il povero si
chiama Lazzaro: un nome carico di promesse, che alla lettera
significa «Dio aiuta». Perciò questo personaggio non è anonimo,
ha tratti ben precisi e si presenta come un individuo a cui associare
una storia personale.
Mentre
per il ricco egli è come invisibile, per noi diventa noto e quasi
familiare, diventa
un
volto; e, come tale, un dono, una ricchezza inestimabile, un essere
voluto, amato, ricordato da Dio, anche se la sua concreta condizione
è quella di un rifiuto umano (cfr Omelia
nella S. Messa, 8 gennaio 2016).
Lazzaro
ci insegna che l’altro è un dono. La giusta relazione con le
persone consiste nel
riconoscerne
con gratitudine il valore. Anche il povero alla porta del ricco non è
un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare
vita. Il primo invito che ci fa questa parabola è quello di aprire
la porta del nostro cuore all’altro, perché ogni persona è un
dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto.
La
Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso
e riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne
incontra sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un
dono e merita accoglienza, rispetto, amore.
La
Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e
amarla, soprattutto quando è debole. Ma per poter fare questo è
necessario prendere sul serio anche quanto il Vangelo ci rivela a
proposito dell’uomo ricco.
2.
Il peccato ci acceca
La
parabola è impietosa nell’evidenziare le contraddizioni in cui si
trova il ricco (cfr v. 19). Questo personaggio, al contrario del
povero Lazzaro, non ha un nome, è qualificato solo come “ricco”.
La sua opulenza si manifesta negli abiti che indossa, di un lusso
esagerato. La porpora infatti era molto pregiata, più dell’argento
e dell’oro, e per questo era riservato alle divinità (cfr Ger
10,9) e ai re (cfr Gdc 8,26). Il bisso era un lino speciale che
contribuiva a dare al portamento un carattere quasi sacro.
Dunque
la ricchezza di quest’uomo è eccessiva, anche perché esibita ogni
giorno, in modo abitudinario: «Ogni giorno si dava a lauti
banchetti» (v. 19). In lui si intravede drammaticamente la
corruzione del peccato, che si realizza in tre momenti successivi:
l’amore per il denaro, la vanità e la superbia (cfr Omelia nella
S. Messa, 20 settembre 2013).
Dice
l’apostolo Paolo che «l’avidità del denaro è la radice di
tutti i mali» (1 Tm 6,10). Essa è il principale motivo della
corruzione e fonte di invidie, litigi e sospetti. Il denaro può
arrivare a dominarci, così da diventare un idolo tirannico (cfr
Esort. ap. Evangelii gaudium, 55).
Invece
di essere uno strumento al nostro servizio per compiere il bene ed
esercitare la solidarietà con gli altri, il denaro può asservire
noi e il mondo intero ad una logica egoistica che non lascia spazio
all’amore e ostacola la pace.
La
parabola ci mostra poi che la cupidigia del ricco lo rende vanitoso.
La sua personalità si
realizza
nelle apparenze, nel far vedere agli altri ciò che lui può
permettersi. Ma l’apparenza
maschera
il vuoto interiore. La sua vita è prigioniera dell’esteriorità,
della dimensione più
superficiale
ed effimera dell’esistenza (cfr ibid., 62).
Il
gradino più basso di questo degrado morale è la superbia. L’uomo
ricco si veste come se fosse un re, simula il portamento di un dio,
dimenticando di essere semplicemente un mortale. Per l’uomo
corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il
proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel
suo sguardo.
Il
frutto dell’attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità:
il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua
umiliazione.
Guardando
questo personaggio, si comprende perché il Vangelo sia così netto
nel condannare l’amore per il denaro: «Nessuno può servire due
padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro,
oppure
si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete
servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24).
- La Parola è un dono
Il
Vangelo del ricco e del povero Lazzaro ci aiuta a prepararci bene
alla Pasqua che si avvicina. La liturgia del Mercoledì delle Ceneri
ci invita a vivere un’esperienza simile a quella che fa il ricco in
maniera molto drammatica. Il sacerdote, imponendo le ceneri sul capo,
ripete le parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai».
Il ricco e il povero, infatti, muoiono entrambi e la parte principale
della parabola si svolge nell’aldilà. I due personaggi scoprono
improvvisamente che «non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla
possiamo portare via» (1 Tm 6,7).
Anche
il nostro sguardo si apre all’aldilà, dove il ricco ha un lungo
dialogo con Abramo, che
chiama
«padre» (Lc 16,24.27), dimostrando di far parte del popolo di Dio.
Questo particolare rende la sua vita ancora più contraddittoria,
perché finora non si era detto nulla della sua relazione con Dio. In
effetti, nella sua vita non c’era posto per Dio, l’unico suo dio
essendo lui stesso.
Solo
tra i tormenti dell’aldilà il ricco riconosce Lazzaro e vorrebbe
che il povero alleviasse le sue sofferenze con un po’ di acqua. I
gesti richiesti a Lazzaro sono simili a quelli che avrebbe potuto
fare il ricco e che non ha mai compiuto. Abramo, tuttavia, gli
spiega: «Nella vita tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi
mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo
ai tormenti» (v. 25). Nell’aldilà si ristabilisce una certa
equità e i mali della vita vengono bilanciati dal bene.
La
parabola si protrae e così presenta un messaggio per tutti i
cristiani. Infatti il ricco, che ha dei fratelli ancora in vita,
chiede ad Abramo di mandare Lazzaro da loro per ammonirli; ma Abramo
risponde: «Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro» (v. 29). E di
fronte all’obiezione del ricco, aggiunge: «Se non ascoltano Mosè
e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai
morti» (v. 31).
In
questo modo emerge il vero problema del ricco: la radice dei suoi
mali è il non prestare ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha
portato a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo. La
Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione
nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio.
Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conseguenza il
chiudere il cuore al dono del fratello.
Cari
fratelli e sorelle,
la
Quaresima è il tempo favorevole per rinnovarsi nell’incontro con
Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo. Il
Signore – che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto ha vinto
gli inganni del Tentatore – ci indica il cammino da seguire. Lo
Spirito Santo ci guidi a compiere un vero cammino di conversione, per
riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato
che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi.
Incoraggio
tutti i fedeli ad esprimere questo rinnovamento spirituale anche
partecipando alle Campagne di Quaresima che molti organismi
ecclesiali, in diverse parti del mondo, promuovono per far crescere
la cultura dell’incontro nell’unica famiglia umana.
Preghiamo
gli uni per gli altri affinché, partecipi della vittoria di Cristo,
sappiamo aprire le nostre porte al debole e al povero. Allora potremo
vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua.
Dal
Vaticano, 18 ottobre 2016
Festa
di San Luca Evangelista
Francesco
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