Pietro non sapeva infatti che cosa dire, perché erano
spaventati
Seconda domenica di quaresima: 1 marzo 2010
Dal Vangelo
secondo Marco 9,2-10
"Sei giorni dopo, Gesù prese con
sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro
soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti,
bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.
E apparve loro Elia con Mosè e
conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro
disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per
te, una per Mosè e una per Elia».
Non sapeva infatti che cosa
dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con
la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato:
ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi
attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte,
ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che
il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti.
Ed essi tennero fra loro la
cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti".
Parola del
Signore!
Enzo: Perché la liturgia
ci propone questo brano della trasfigurazione di Gesù in questo periodo di
quaresima?
Per rispondere a questa domanda
dobbiamo metterci nelle condizioni degli apostoli che seguivano Gesù, in modo
particolare Pietro, Giovanni e Giacomo.
E’ chiaro che i tre discepoli
non conoscevano ancora chi era veramente Gesù, erano discepoli all’ascolto e
presenti a tutto quello che Gesù diceva e faceva, aspettando il giorno di
gloria e di potenza in cui Gesù si sarebbe dimostrato il Messia liberatore di
Israele, secondo loro.
Anche noi in questo periodo di
quaresima andiamo dietro Gesù come discepoli: ascoltiamo la sua parola,
osserviamo le sue opere: forse il nostro comportamento non è completamente
conforme al mandato di Gesù e al volere del Padre. Non ci riconosciamo in
realtà credenti a tutto campo, percepiamo la bellezza della Parola, facciamo
fatica a testimoniarla. Non è forse vero che spesso costatiamo che ci è
difficile abbracciare la croce e viviamo nell’incertezza del nostro impegno, spaventati dalla fatica
nella scelta totale della persona di Gesù?
Il brano che ci accingiamo a
commentare diventa un dono, una speranza nel cammino di ogni discepolo. E’ una
risposta alla domanda centrale del vangelo di Marco: “Ma voi, chi dite che io
sia?”. Su un alto monte, il Tabor, viene rivelato il volto misterioso del
Messia. E’ un’epifania gloriosa del Cristo, dell’unto del Signore, del messia
nascosto, che non vuole che si parli di questo evento e che presto sperimenterà
l’umiliazione del servo sofferente.
Gesù fa una pausa nel suo
peregrinare, divedere tanta gente, di operare prodigi. Prima di questa pausa
aveva parlato ai suoi discepoli della sua prossima morte. I suoi non capivano
il perché della morte, nemmeno le condizioni che poneva per seguirlo, come non
capiranno dopo questo episodio cosa volesse dire Gesù con le parole “risorto
dai morti”. Tra di loro si era creata una situazione di incertezza, forse di
turbamento e perplessità sulla identità messianica di Gesù.
Dunque Gesù si permette una
pausa, conduce con sé verso “un alto monte”, Pietro, Giacomo e Giovanni. Sul monte avviene
qualcosa di straordinario,Gesù fu trasfigurato davanti a loro in una bellezza e
candore mai visti prima; E' come se Gesù venisse per un istante
"spogliato" della sua umanità. Gesù appare nello splendore e nella
Bellezza del suo essere Dio.
Assieme a Gesù apparvero Elia e Mosè che conversavano con
Gesù: il vecchio e il nuovo, tre personaggi chiamati per una missione speciale
che riguarda l’uomo e il suo destino. Sappiamo che Gesù venne a completare ciò
che era stato annunciato prima di Lui. Mosè ed Elia furono personaggi
importanti, cardini dell’Antico Testamento. Mosè il liberatore dalla schiavitù
dell’Egitto. Elia il profeta del futuro Messia.
Era bello lassù e Pietro non
sapendo cosa dire preso dallo stupore chiede
di fare tre tende e rimanere in quel luogo.
Una nube li avvolge e una voce,
la voce del Padre annuncia la figliolanza divina di Gesù e invita all’ascolto
delle sue parole. : «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
“Ascoltatelo: ”: queste parole costituiscono il centro
del brano di questa domenica.. L’ascolto è ciò che definisce il discepolo,
colui che fa tutto quello che il Maestro insegna- “Ascoltatelo!” è una parola
che è rivelazione di Dio e definisce chi siamo noi. Ascoltare vuol dire avere
fede cieca in Colui che ci parla.
I tre
testimoni conserveranno nel loro cuore il ricordo dell’esperienza del Tabor, e dopo la risurrezione di Gesù ne
parleranno come Gesù aveva detto: “ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò
che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai
morti”.
Così
Pietro scriverà ai cristiani dell’Asia Minore:
«Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del
Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole
artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua
grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a
lui questa voce dalla maestosa gloria: “Questi è il Figlio mio, l’amato, nel
quale ho posto il mio compiacimento”. Questa voce noi l’abbiamo udita
discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte» (2Pt 1,16-18).
In Pietro possiamo rispecchiarci:
il suo entusiasmo forse non somiglia anche al nostro in alcune occasioni
particolari della nostra vita nel rapporto di fede con Dio? Non abbiamo visto
Gesù trasfigurato come Pietro con i nostri occhi ma l’abbiamo sentito vivamente
dentro di noi, gustato nella serenità della nostra preghiera, nella gioia di
momenti sacramentali, e anche in incontri con i fratelli sperimentando com’è
bello stare insieme?
Ma come Pietro ci è capitato
anche di perdere quell’entusiasmo, di non capire più , di non seguire più
quella strada che ci sembrava buona, di non riconoscere Gesù o addirittura
dimenticarlo…siamo stati incostanti, sfiduciati dinanzi ai problemi della
sofferenza e del dolore o attratti dalla bellezza e lusinghe della vita del
mondo…
Ecco il richiamo alla
Trasfigurazione in questa seconda domenica di quaresima: camminare verso la
Pasqua con entusiasmo, con gioia, da veri discepoli coscienti della propria fede
in Gesù, sofferente, risorto.
Ancora una volta l’evangelista
Marco ci mostra chi è Gesù: il figlio diletto del Padre, in cui tutti noi dobbiamo credere, ascoltare,
annunciarlo con la nostra testimonianza.
Mariella: Domenica prossima, seconda di quaresima, continuiamo il
nostro cammino verso il mistero pasquale, nel mistero di un Dio che ha tanto
amato l’uomo da donare perfino suo Figlio per la salvezza del mondo. Ce
lo ricorda anche san Paolo nel piccolo brano tratto dalla lettera ai
Romani che sarà letto come seconda lettura: “Egli, che non ha risparmiato il
proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni
cosa insieme a Lui?” .
Ed in questo immenso Amore
c’inoltriamo oggi leggendo il brano della Trasfigurazione, che è anticipazione
della Gloria del Risorto. Questo brano è al centro del Vangelo di Marco: siamo
nel cuore della rivelazione evangelica e nel punto più delicato del cammino che
i discepoli di tutti i tempi sono chiamati a compiere. Un cammino che ci porta
a comprendere come la vita non sia solo gioia e luce, ma passi attraverso il
dolore la morte ed il buio di una tomba.
Possiamo tranquillamente affermare
che questa esperienza teofanica, ossia questa manifestazione del Signore in
vesti splendenti e candide, per nulla sovrapponibili a visioni terrene, questo
assaggio di Paradiso, ci aiuta a sopportare meglio la prova della crocifissione
ed arrivare alla gioia della Resurrezione.
La descrizione di Marco è come
sempre essenziale ed incisiva, l’immagine è suggestiva e coinvolgente, mira a
farci rivivere in prima persona l’esperienza vissuta dai tre discepoli: Pietro,
Giacomo, Giovanni ed è di una ricchezza indicibile. Soffermiamoci un attimo
sull’espressione:
"fu trasfigurato":
Gesù è oggetto di un'azione trasformante da parte di Dio, una trasformazione di
luce, di splendore sovrumano.
"E apparve loro Elia con Mosè
che conversavano con Gesù": ciò che interessa non è quel che fra di loro
viene detto, ma la visione di Elia e Mosè che sono già nella gloria di Dio, che
conversano con Gesù. Pietro non può trattenere la gioia che gli esce dal
cuore, ora finalmente mette a tacere i suoi dubbi e le sue preoccupazioni,
infatti sei giorni prima si era ribellato al sapere quanto il Maestro avrebbe
dovuto soffrire ed era stato severamente rimproverato dallo stesso Cristo con
le parole: : "Vai dietro a me, Satana. Tu mi sei di scandalo".
"E' bello per noi stare qui:
facciamo tre tende.". Pietro intende coinvolgere anche gli altri. Ha visto
la Bellezza: vuole fermarla,come se potesse essere catturata, trattenuta solo
per loro: non ha capito ancora che tutto è dono. Ha paura che Gesù fallisca,
che venga meno. Pietro vuole fare qualcosa per Gesù, in realtà è perché lui ha
paura. Non ha ancora capito che non sarebbe stata la robusta tenda costruita da
mano d’uomo a trattenere la gioia degli apostoli tutta per loro, quanto
piuttosto una sfumata nube che li avvolse con la sua ombra, dalla quale giunse
a loro una voce sicura, quella del Padre: “ Questi è il Figlio mio, l’amato,
ascoltatelo!” a liberarli definitivamente dalla paura e ricondurli alla gioia.
Marco conclude:
"Guardando attorno, non videro più nessuno, se non Gesù, solo, con
loro". E Gesù, che essi sono chiamati ad ascoltare, egli ordina loro il
silenzio prima che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi
continuavano a chiedersi che cosa volesse dire
“risorgere dai morti”
.
Quaresima significa dunque salire
“sul monte Tabor”, guardare in alto per tendere alla grandezza del nostro Dio,
per ascoltare la sua Parola d’Amore, per contemplare le cose del cielo, per
godere il sapore di eternità a cui non siamo abituati, assuefarci alla pace
e gioia di Dio. Ma quaresima significa anche e soprattutto salire “il
Golgota, l’altro monte” quello della sofferenza e della croce, quello
dell’abbandono totale a Dio, certi che non verrà mai meno il suo amore di
Padre. E’ questa salita che ci permette di giungere alla pienezza della vita.
sulla via della croce, potrà giungere
con Lui alla gloria luminosa della
resurrezione.