La gente chi dice che io
sia?
Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò
ai suoi discepoli:
«La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?».
Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri
Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».
Commento di Padre Ermes Ronchi dalla Rivista A sua
immagine
L’opinione della gente è bella e incompleta: Dicono che sei
un profeta! Creatura di fuoco e di luce, come Elia o il Battista, bocca di Dio
e bocca dei poveri.
Ma Gesù non è semplicemente un profeta di ieri, fosse anche
il più grande.
Bisogna cercare ancora: Ma voi, chi dite che io sia?
Prima di tutto c’è un ‘ma voi’, in opposizione a ciò che
dice la gente. Non accontentatevi di ciò che sentite dire. Più che offrire
risposte, Gesù fornisce domande; non dà lezioni, conduce con delicatezza a
cercare dentro.
È un maestro dell’esistenza, ci vuole tutti pensatori e
poeti della vita. Gesù, maestro di umanità, non indottrina nessuno, stimola
risposte. E così feconda nascite.
Pietro risponde: Tu sei il Figlio del Dio vivente
Sei il figlio vuol dire ‘tu porti Dio qui, fra noi. Tu fai
vedere e toccare Dio. Sei il suo volto, il suo braccio, il suo progetto, la sua
bocca, il suo cuore.
Provo anch’io a rispondere:
Tu sei un crocifisso amore l’unico che non inganna. Tu sei
disarmato amore, che non si impone mai, che mai è entrato
nei palazzi dei potenti se non da prigioniero. Tu sei vincente amore. Pasqua è
la prova che la violenza non è padrona della storia e del cuore, che l’amore è
più forte. Oggi o in un terzo giorno, che forse non è per domani, forse tra
molto dopo, ma che certamente verrà, perché ‘la luce è sempre
più forte del buio’ (Papa Francesco).
Tu sei indissolubile amore. Nulla mai, né vita né morte, né
angeli né demoni, né fuoco né spada, nulla mai né tempo né eternità, nulla mai
ci separerà dall’amore di Dio che è in Cristo.
(Rm 8, 38).
Poi i due simboli della chiave e della roccia. Pietro, e
secondo la tradizione i suoi successori, sono roccia per la Chiesa nella misura
in cui continuano ad annunciare: Cristo è il Figlio del Dio vivente. Sono
roccia per tutta l’umanità se ripetono senza stancarsi che Dio è amore, che
Cristo è vivo, come un tesoro per l’intera umanità.
Questo non è vero solo per Pietro, Gesù ripete a ogni
discepolo:
Io su questa pietra viva che sei tu edificherò la mia casa.
Tutti possiamo essere roccia e chiave: roccia che dà appoggio alla vita
d’altri, chiave che apre le porte belle di Dio, le porte della vita intensa e
generosa.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
In principio uomini, infine santi
Dal libro di M. Raymond, L'uomo che si vendicò di Dio
Testimonianza:
“Non ammiro Pietro che rinnega, spergiurando, il Cristo, né la sua fede vacillante quando cammina sulle acque. Ciò nonostante, il suo rinnegamento e la sua esitazione mi sono d'aiuto nel cammino della santità. Anch'io ho vacillato e sono caduto; e se non m'è dato di piangere come Pietro, posso almeno gridare con lui: "Salvami, o Signore, se non vuoi ch'io mi perda!".
Non posso ammirare Saulo che custodisce le vesti dei lapidatori di Stefano e cavalca da Gerusalemme a Damasco, spirante minacce e stragi contro tutti i cristiani. Sotto questo aspetto, Saulo, persecutore dei discepoli di Gesù è, a sua volta, un tipo detestabile. Tuttavia Saulo, divenuto Paolo mi incoraggia. Se lui poté cambiare l'odio in amore, la mia speranza vive ancora.
Analoghe riflessioni si possono fare con molti altri, anzi, con la maggior parte de santi. La debolezza dei loro inizi mi dà la forza, la loro santità finale ispirazione. Ringrazio Iddio per Agostino peccatore trasformato in santo; per Alfonso che, all'età di ottant'anni, dice a un tizio: "Se dobbiamo parlarci, collochiamo fra noi un tavolo: non si sa mai! C'è ancora del sangue nelle mie vene!".
Ringrazio Dio per tutti quelli che da principio non furono che uomini, ma in seguito, con la loro cooperazione, lo sforzo personale e il duro lavoro divennero virtuosi e spirituali”.
L'uomo che si vendicò di Dio è
John Green Hanning, un americano qualunque, vissuto dal 1849 al 1908. Fino a
trentasei anni trascorse una vita simile ai suoi contemporanei, dai quali si
distinse soltanto per un eccessivo spirito di vendetta. Appena ventenne, per
vendicarsi del padre che intendeva piegarne l'indole caparbia, bruciò il
capannone del tabacco appartenente alla famiglia e fuggì nel selvaggio West,
ove divenuto vero cow-boy, per nove anni conobbe l'aspra e avventurosa vita di
quegli infaticabili cavalcatori delle praterie. "Per vendetta" tornò
a casa. Alla vigilia del matrimonio abbandonò la fidanzata e si fece monaco.
Nella Trappa il suo istinto vendicativo non divenne virtù in un sol giorno: ci
vollero ventitrè anni. Lavorò sodo per raggiungere la padronanza di sè.
Aspirando a riprodurre nella propria vita la mansuetudine di Cristo, dovette
ricorrere con mano esperta alle redini di una volontà tenace per mettere al
passo il focoso temperamento che si ritrovava. Così "si vendicò" di
Dio che glielo aveva dato. E il buon Dio, cui certamente non manca il sense of
humour, avrà accolto questa fratello trappista sulla soglia dell'eternità non
già con il solito: "Vieni, servo buono e fedele", ma con un'ultima
ripicca: "Benvenuto, mio Vesuvio americano! Ti sei "vendicato",
ancora una volta, come sempre.
Ma ora è
il mio turno.
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