Oggi è PASQUA, passaggio dalla vita alla morte: proponiamo questo articolo di Padre Ermes Ronchi, certi che sia di vostro gradimento Ancora Buona Pasqua! Mariella, Anna, Giuseppe, enzo
Oggi è Pasqua di Padre
Ermes Ronchi
Oggi è Pasqua, culmine della nostra speranza e della
Settimana Santa. “Settimana autentica”, la chiama il rito ambrosiano. Autentica
perché è svelato il volto autentico di Dio e dell’uomo. Volete sapere qualcosa
di voi e di Me? – dice il Signore – Vi do un appuntamento: un uomo in croce.
Volgete lo sguardo a Colui che è posto in alto.
Prima ancora, giovedì, l’appuntamento di Dio è stato un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi.
Prima ancora, giovedì, l’appuntamento di Dio è stato un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi.
Chi è Dio? Il tuo lava piedi. In ginocchio davanti a me. Le
sue mani sui miei piedi. Davvero, come a Pietro, ci viene da dire: ma Tu sei
tutto matto. E Lui: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti
lava i piedi. Ha ragione Paolo: il cristianesimo è scandalo e follia.
E io, nella vita, di fronte all’uomo che atteggiamento ho? Quanto somigliante a quello di Dio? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? Sono il lava piedi dell’uomo? Ve la immaginate una umanità dove ognuno corre ai piedi dell’altro? La globalizzazione sì, ma degli inchini davanti all’uomo, non davanti ai potentati; dell’onore dato a ogni più debole figlio della terra.
In questa settimana autentica, l’autentico Dio è così: è bacio a chi lo tradisce.
E io, nella vita, di fronte all’uomo che atteggiamento ho? Quanto somigliante a quello di Dio? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? Sono il lava piedi dell’uomo? Ve la immaginate una umanità dove ognuno corre ai piedi dell’altro? La globalizzazione sì, ma degli inchini davanti all’uomo, non davanti ai potentati; dell’onore dato a ogni più debole figlio della terra.
In questa settimana autentica, l’autentico Dio è così: è bacio a chi lo tradisce.
Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di
nessuno, versa il proprio sangue.
Non chiede più sacrifici a me, sacrifica se stesso per me.
Non proibisce di prendere, come per l’albero del bene e del male, ma ordina:
prendi e mangia, prendete e bevete.
Dov’è la salvezza?
Quando io lo uccido e Lui mi guarda e mi ama. Quando, dalla
mia vittima, ricevo la sentenza di grazia. Dalla sua ferita aperta non esce
rabbia o rancore ma è feritoia da cui escono sangue e acqua. Sangue che è amore;
acqua che è inizio e innocenza. Il ferito che ti ama ti converte. O ti accechi
del tutto o ti umanizzi. Ne esce capovolta ogni immagine di Dio e dell’uomo.
Dio ai tuoi piedi il giovedì.
Venerdì il pathos della ferita, feritoia d’amore.
Ieri, sabato, condivisione fino agli inferi della sorte
dell’uomo.
E ora la Risurrezione, il tema più arduo e più bello di tutta la Bibbia. L’articolo di fede su cui poggia tutto l’edificio cristiano, « stantis vel cadentis Ecclesiae », con il quale la Chiesa sussiste, senza il quale si dissolve. Senza la Risurrezione non esisterebbe la Chiesa. Il ricordo, per quanto vivo, non basta a rendere viva una persona. Il ricordo di Gesù sarebbe stato sufficiente al massimo per creare una Scuola dove coltivare l’insegnamento, il pensiero, l’esempio.
E ora la Risurrezione, il tema più arduo e più bello di tutta la Bibbia. L’articolo di fede su cui poggia tutto l’edificio cristiano, « stantis vel cadentis Ecclesiae », con il quale la Chiesa sussiste, senza il quale si dissolve. Senza la Risurrezione non esisterebbe la Chiesa. Il ricordo, per quanto vivo, non basta a rendere viva una persona. Il ricordo di Gesù sarebbe stato sufficiente al massimo per creare una Scuola dove coltivare l’insegnamento, il pensiero, l’esempio.
La Chiesa è nata da una presenza.
Il cristianesimo è l’unica religione fondata sulla Risurrezione. Se Cristo non è risuscitato, l’annuncio cristiano è una scatola vuota, la fede è una cisterna senz’acqua, una conchiglia senza perla, un violino senza corde.
Il cristianesimo è l’unica religione fondata sulla Risurrezione. Se Cristo non è risuscitato, l’annuncio cristiano è una scatola vuota, la fede è una cisterna senz’acqua, una conchiglia senza perla, un violino senza corde.
La Risurrezione non è un’invenzione dei discepoli. Sarebbe
stato mille volte più facile, più convincente, fondare il cristianesimo sulla
vita di Gesù, tutta dedita al prossimo, alla guarigione, all’incoraggiamento,
al perdono dei peccati, a togliere barriere e pregiudizi. Una vita buona, bella
e felice, da proporre.
Sarebbe stato molto più facile fondare il cristianesimo
sull’insegnamento di Gesù, sul discorso della Montagna, sui discorsi d’addio,
vette del pensiero umano e religioso che bastano a nutrire una vita. E
persino fondarlo sulla Passione, su quel suo modo di raccontare Dio, di porsi
davanti al potere religioso di Caifa, al potere politico di Pilato, e di
metterli a nudo. Sul suo modo di morire perdonando.
La Risurrezione come
fondamento della religione cristiana non è una scelta degli apostoli, è un
fatto che si è imposto. La sera di Pasqua un grido sale a Gerusalemme: «Il
Signore è veramente risuscitato!» (Luca 24,34).
Veramente: e non apparentemente, come se fosse presente attraverso il ricordo e la nostalgia; come se la Risurrezione fosse qualcosa accaduto dentro i discepoli e le donne, e non a Gesù.
Veramente: e non apparentemente, come se fosse presente attraverso il ricordo e la nostalgia; come se la Risurrezione fosse qualcosa accaduto dentro i discepoli e le donne, e non a Gesù.
Veramente: e non probabilmente, come se la cosa non fosse
sicura ma plausibile, una ipotesi che può spiegare il corpo assente dal
sepolcro. Veramente: e non simbolicamente, come se la Pasqua indicasse le
energie del cosmo e dell’uomo che si sprigionano e portano la certezza che la
vita vince sulla morte. L’autentico Dio in questa settimana autentica: Dio non
è mai se stesso come quando fa risorgere. La Risurrezione è «la tangente di Dio
che sfiora il nostro mondo mortale» (Karl Barth). Siamo presi per il polso da
Gesù (nelle icone orientali della Risurrezione Cristo afferra Adamo per il
polso, là dove si sente pulsare la vita e battere il cuore), trascinati in alto
dal Risorgente in eterno: chi vive in Lui, chi è in Lui compreso, è preso da
Lui nel suo risorgere.
Cristo non è semplicemente il Risorto: egli è la Risurrezione stessa. L’ha detto a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita» (Giovanni 11,25). In quest’ordine preciso: prima la risurrezione e poi la vita. Ci saremmo aspettati il contrario, invece prima viene la risurrezione, da tutte le nostre tombe, dal nostro respiro insufficiente, dalla vita chiusa e bloccata, dal cuore spento, dal gelo delle relazioni.
Cristo non è semplicemente il Risorto: egli è la Risurrezione stessa. L’ha detto a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita» (Giovanni 11,25). In quest’ordine preciso: prima la risurrezione e poi la vita. Ci saremmo aspettati il contrario, invece prima viene la risurrezione, da tutte le nostre tombe, dal nostro respiro insufficiente, dalla vita chiusa e bloccata, dal cuore spento, dal gelo delle relazioni.
Prima la risurrezione
di noi, né caldi né freddi, né buoni né cattivi – «di noi, i morti vivi»,
scriveva Charles Peguy –, poi la vita piena nel sole, la vita che meriterà
finalmente il nome di vita. La Risurrezione non riposerà finché non sia
spezzata la tomba dell’ultima anima, e le sue forze, come cantava Mario Luzi,
non arrivino all’ultimo ramo della creazione:
«Tu, tutto in tutti,
il mondo intero
carne risorta
per la Tua carne,
crocefisso amore».
Commenti L’avvenire 8 aprile 2012
«Pasqua sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi,l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi, e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo del terremoto che contrassegnò la prima Pasqua di Cristo.
RispondiEliminaChe la Pasqua sia per tutti una memoria spirituale eversiva. Solo allora questa allucinante vallata di tombe che è la terra, si muterà in serbatoio di speranze». (Don Tonino Bello)