Lasciamoci guidare dalla gioia della risurrezione!
Domenica di Pasqua, 20
aprile 2014
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si
recò al sepolcro di
mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra
era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e
dall’altro discepolo, quello che Gesù amava,
e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal
sepolcro e non sappiamo dove
l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro
discepolo e si recarono al
sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro
discepolo corse più veloce di
Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide
i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed
entrò nel sepolcro e osservò
i teli posati là, e il sudario – che era stato sul
suo capo – non posato là con i teli,
ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche
l’altro discepolo, che era giunto
per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti
non avevano ancora compreso la
Scrittura, che cioè
egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a
casa.
Parola del Signore!
Enzo: Tre personaggi: Maria di Magdala, Pietro e Giovanni.
Questo brano non ci parla esplicitamente della Risurrezione
di Gesù, ma di un sepolcro trovato vuoto.
Maria di Magdala si reca al sepolcro, forse per devozione,
per amore e riconoscenza per il Maestro: per lei avevano portato via il corpo
del Signore. Non era sola, come si potrebbe pensare, ma assieme ad altre donne:
“non sappiamo dove l’hanno posto”, riferisce a Pietro e a Giovanni.
Pietro e Giovanni vanno e vedono “i teli posati là e il sudario”. Non
conosciamo le reazioni di Pietro. L’evangelista Luca dice di Pietro che “tornò
indietro pieno di stupore, perplesso”. Giovanni, il discepolo amato, dice di se
stesso “vide e credette”.
Assistiamo così
a tre modi di reagire di fronte alla
morte di Gesù e ad un sepolcro
vuoto.
Maria di Magdala
è la prima che si avvicina al sepolcro, donna coraggiosa e fedele di fronte ad
un avvenimento assurdo e scandaloso. Lei era stata ai piedi della croce, ha
sentito la paura, l’angoscia della morte di Gesù che amava. Ora non può venerare
nemmeno il corpo di Gesù, la sua vita ora è piena di solitudine e smarrimento.
Pietro rimane
perplesso. Era stato assieme a Gesù il pescatore intraprendente, presuntuoso,
debole, rinnegatore ma contemporaneamente possiamo dire l’uomo di fiducia di
Gesù. Chiunque al posto suo avrebbe provato ciò che Pietro sentiva nel suo
cuore martoriato, deluso, forse solo dubbioso: il suo andare verso il sepolcro
era lento, pensoso, forse desideroso come in altri momenti dello sguardo
comprensivo e affettuoso di Gesù. La sua fede e la sua speranza in Gesù vengono
meno?
Giovanni, il discepolo amato sa vedere e credere. Nel
cammino verso il sepolcro corre veloce,
intuisce qualcosa di nuovo, fa riferimento alle Scritture
nel suo vangelo, i suoi occhi si aprono al Mistero di Gesù: ha visto e nel silenzio, in cuor suo crede,
spera dopo aver visto quell’”ORA” tanto citata nel suo vangelo, quell’ORA” di
passione di Gesù. La fede di Giovanni forse non è quella della Nuova Pasqua, ma
una fede nelle parole di Gesù che aveva udito e meditato, speranza nella
risurrezione: Gesù l’aveva annunciata.
Assieme a Pietro torna a casa.
Maria, colei che
ama; Pietro, il credente; il discepolo amato, colui che vede e vigila: tre modi
diversi di camminare incontro al Risorto e di testimoniarlo nella fede. Ma
tutti uniti da un unico desiderio: quello dell'incontro.
Noi abbiamo creduto senza aver visto, abbiamo creduto alla
tradizione, abbiamo creduto alle Scritture, abbiamo creduto a Colui che disse
di essere via, verità, vita, risurrezione, luce che illumina il mondo, a un Dio
che si fa uomo come noi, affermiamo di essere discepoli di Gesù. perché lo
abbiamo incontrato così anche noi.
Abbiamo anche ricevuto lo Spirito Santo come gli apostoli il
giorno della Pentecoste, ma la nostra vita cristiana possiamo considerarla
vicina a quella dei primi missionari del Vangelo?
Benedetto XVI così ci esortava nell’omelia del sabato santo
del 2012: “Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata
nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della
risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo giorno di Dio, che
vale per tutti noi”.
Gesù è per noi risurrezione e luce: la nuova Pasqua
inaugurata da Gesù con la sua morte e risurrezione, passaggio dalla morte alla
vita, suggerisce un messaggio di gioia
per quanti desiderano vivere. Nel risorto ognuno trova motivazione e forza,
letizia perché Dio è il nuovo orientamento dopo il buio del peccato, la
speranza per chi ancora è vittima del male.
Gesù risorto è la vita piena per chi crede in Lui anche
nella sofferenza, nelle privazioni, nel dolore, nelle ingiurie, nelle
persecuzioni. Gesù risorto è la novità di Dio, è la vita perenne, eterna e
beata.
Lasciamoci guidare dalla gioia della risurrezione: Gesù è
vivo! La gioia della Pasqua ci renda aperti e sensibili verso quelli che
soffrono, pensando che anche Gesù passò attraverso la sofferenza e che da
questa ci è arrivata la salvezza. La Pasqua è inseparabile dalla settimana
santa.
“Gesù Cristo, tu sei
vivo, la morte non ti ha costretto in suo potere!
L’annuncio di questa
notizia incredibile ci sconvolge.
Tu apri un varco dove
tutto sembrava chiuso.
Con il tuo Spirito,
soffi sulla nostra rassegnazione e la nostra amarezza.
Abbatti le divisioni
tra gli esseri umani.
Ridoni dignità ai più
poveri.
Ci invii nel mondo
per portare la speranza di una nuova vita”. (frère Alois, Taizé)
Grazie Gesù!
Mariella:
Come sappiamo la veglia pasquale è contraddistinta dal buio iniziale
contrapposto alla luce che via via viene sempre più accesa. E’ un rito
antichissimo e molto significativo, proviamo a riflettere sul suo significato.
La luce di Pasqua illumina la
realtà dolorosa e buia della croce, è una luce che può e deve raggiungere ogni
cuore che si apre alla realtà misteriosa di un Dio fatto carne e morto sulla
croce.
Il Cristo grondante di sangue
esanime del Venerdì Santo si manifesta nella gloria gioiosa del Risorto.
La conclusione di quella storia
carica di incomprensibile dolore, non è la sofferenza e morte. Cristo,
crocifisso è risorto, Egli è promessa di vita, di speranza, di giustizia e di
amore per tutta l'umanità.
Il volto di Dio, che Gesù rivela
nella sua passione e morte, è quello di un Dio silenzioso, ma che tuttavia
parla, ci parla nel silenzio della nostra condizione umana, una realtà
limitata, dolorosa, peccaminosa, fragile.
La Croce è il luogo dove Dio
soffre perché ama, un Dio che si dona totalmente a noi fino ad accoglierci in
sé.
Attraverso la morte, il Figlio,
Cristo Gesù, entra pienamente nel dolore
dell'uomo, nella sua povertà, nella sua tristezza, nella sua solitudine, nella
sua oscurità.
Il Padre ha scelto di offrire il
Figlio perché l'umanità potesse conoscere un Amore che è al di sopra di ogni
altro amore, un Amore che si rivela nell'umiltà della Croce, per far comprendere
all'uomo quanto è bello e santo l'Amore vero, quello che salva dalle tenebre,
che redime dal peccato, che libera dalla morte.
Il Padre infatti non ha lasciato
il Figlio nel sepolcro: Gesù, ha trionfato sulla morte. Il Cristo morto cede il
posto al Dio vivente!
Lo Spirito "consegnato"
da Gesù nell'ora della Croce, è il Consolatore, effuso su ogni carne per essere
il Consolatore di tutti i crocefissi della storia.
Dio si rivela tra le sofferenze
dell'umanità, non lo troveremo mai negli splendori falsi ed illusori di questo
mondo, non lo troveremo mai nel lusso sfrenato, nella cupidigia, non abiterà
mai in cuori aridi ed egoisti.
Egli è il Salvatore, Colui che non
ha disdegnato di assumere la nostra condizione umana più povera e umile, più
dolorosa e disprezzata, per indicarci la via che conduce al Padre, per
riscattarci dai nostri sepolcri di miseria e di morte, per illuminarci nelle
oscurità peccaminose dei nostri cuori.
Egli è il Consolatore della
passione del mondo: in questo modo, l'uomo è in grado di aprirsi all'amore
infinito che gli è stato donato, ma senza il dono dello Spirito Santo, non
riusciremmo a sfiorare questi misteri e non potremmo assaporare il dono
dell'eternità.
Il Risorto, ora, è in grado di
dare all'umanità una nuova identità. il Signore entra nella nostra vita: il
Risorto unisce la nostra vita con la sua. Diveniamo una cosa sola con Lui e fra
di noi: siamo chiesa, cioè comunione nell'unica fede, perché Dio vive in noi.
Alziamoci di buon mattino il
giorno di Pasqua, immaginiamo di essere nei panni di Maria di Magdala e quelle
prime donne che videro la pietra rovesciata ed il sepolcro vuoto; di Simon Pietro e dell'altro discepolo, che
colti da stupore, si accorsero che le bende erano appoggiate a terra.
Forse anche noi colti dall'emozione
riusciremo a percepire l'invito di Gesù rivolto ai discepoli:”Non temete;
andate ad annunciare ai miei fratelli che sono risorto”.
Vivremo, attraverso la liturgia
Pasquale, il segno della Croce e la speranza della risurrezione per la quale
dobbiamo sforzarci di vivere.
Se viviamo in questo modo, saremo
testimoni della gloria di Cristo che ha vinto il mondo, saremo testimoni di una
Luce che restituisce senso alla vita più vuota e a quella più schiacciata dal
dolore.
Quando tutto sembra perduto, quando
la notte della vita sembra buia, quando nella mente non resta che un solo
pensiero: "ormai non c'è più nulla da fare!", quando il cuore è
schiacciato dalla pesante pietra del dolore e non trova la forza di amare, ecco
che una Luce, quella Luce si accende e rompe l'oscurità, una mano asciuga le
tue lacrime: la pietra del dolore rotola via lasciando spazio alla speranza.
E sarà Pasqua di Resurrezione
Auguro a tutti occhi di Pasqua che riescano a vedere nel presente fino al futuro.
RispondiEliminaNel presente che è morte, che è colpa, che è divisione, che è l’uomo senza Dio, che è un Dio lontano e astratto, che è un io solitario, privo di un tu, ci sono ferite.
Tutto questo lo vediamo con i nostri occhi di carne, con gli occhi del mondo e della sua sapienza.
Gli occhi di Pasqua, quelli che sono passati attraverso l'incontro con il crocifisso risorto, vedono tutto ciò, ma vedono anche oltre, il loro sguardo è più penetrante.
Gli occhi di Pasqua, come gli occhi del vero artista, non sono occhi sognanti, sono occhi più acuti, che vedono il nuovo e il bello che sta dentro e sotto un involucro logoro e sformato, vedono l’ amore sotto lo schermo dell' indifferenza.
È l’esperienza dei discepoli di Emmaus:
” Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista “ (Lc 24, 31).
Gli occhi dei discepoli si aprono alla presenza del Risorto, e lo riconoscono, senza però arrivare a vederlo in quanto Risorto.
È un riconoscimento che passa non attraverso gli occhi di carne, ma attraverso un moto profondo di tutta la persona, il cuore che arde.
I discepoli ritrovano il coraggio e la passione perduta e si rimettono in cammino verso la comunità che avevano abbandonato.
Il Risorto ha tirato fuori da loro stessi il futuro che era rinchiuso sotto il peso della tristezza e dello scoraggiamento.
E per questo la direzione del loro cammino cambia: da cammino di fuga e di rimpianto del passato diventa cammino di incontro dell’altro e di annuncio della novità scoperta.
In breve, noi vediamo il futuro solo se riconosciamo il Risorto nel nostro presente.
(p. Saverio Cannistrà, Generale dei Carmelitani Scalzi)