Pasqua non è passata: continua...
Seconda domenica di Pasqua, in Albis 27 aprile 2014
Questa settimana proponiamo due
post nel nostro blog: quello di oggi è di Padre Augusto Drago, che già tutti
abbiamo conosciuto attraverso i suoi commenti; il secondo invece come al solito
è frutto della nostra riflessione del mercoledì sera. Speriamo di fare cosa
gradita a chi ci legge ogni settimana per la maggior gloria di Dio e per la
nostra e vostra edificazione.
Commento al vangelo di Giovanni 20,19-31 di Padre Augusto Drago
Pasqua non è
passata! Continua. Essa entra nella storia di tutti i tempi, nella nostra
storia, anche quella personale. La seconda domenica di Pasqua celebra
anche la festa della Misericordia, voluta dal Papa Giovanni Paolo II, di cui
domenica la Chiesa dichiarerà la santità davanti a tutto il mondo.
Dobbiamo capire, nel corso della
nostra riflessione, perché il Santo Padre Giovanni Paoli II scelse questa
domenica per celebrare la misericordia divina. Certo, fu spinto dalle
rivelazioni di suor Faustina: ma oltre alle rivelazioni della santa, c'è nel
testo del vangelo la ragione teologica. E la vedremo.
Il tema dominante di questa Domenica è la fede nei segni della Resurrezione. Per questo predomina il verbo "vedere" Come fu per gli apostoli e poi per l'incredulo Tommaso, si arriva alla fede per mezzo di un vedere "fisico". Ma c'è una fede più vera e più profonda, che è di quelli che hanno creduto senza vedere, non con gli occhi materiali, ma con gli occhi del cuore, quegli occhi che scrutano il mistero di Dio e se ne lasciano affascinare.
"Il primo giorno della settimana": siamo nello stesso giorno in cui Gesù è apparso alla Maddalena. Domenica scorsa, la prima domenica del mondo, si parlava di lei: "il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro”...così iniziava il Vangelo domenica scorsa il giorno di Pasqua. Si può allora pensare, in maniera toccante, che la liturgia ci fa comprendere che l'evento di Pasqua continua a tutti gli effetti con l'ottava di Pasqua e, a seguire, con tutto il tempo di Pasqua.
Se andate ora a guardare quale vangelo si leggerà il giorno di Pentecoste, vi accorgerete che è lo stesso della prima parte del Vangelo di domani. E' come dire che da Pasqua a Pentecoste sfavilla un grande arcobaleno liturgico che segna un unico grande giorno: "Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso" (Salmo 118).
Questa unità temporale ora sarà messa in rilievo in maniera molto chiara al versetto 26 del nostro brano:Otto giorni dopo...E qui abbiamo l'evento della conversione di Tommaso. Un unico medesimo incontro con il Signore risorto, quello che va da Maria di Magdala ai discepoli, e dai discepoli a Tommaso, a chi è stato battezzato la Notte di Pasqua, e noi tutti , di ieri, oggi e domani!
Gesù è Vivo ed "appare" sempre nei suoi sacramenti pasquali, soprattutto il battesimo e l'Eucaristia. Questo è reso evidente dallo stesso modo con cui Gesù si incontra con i discepoli, poi con Tommaso, dal ripetersi delle stesse identiche parole. (Vedere i versetti 19 e 26) "Essendo chiuse le porte....venne Gesù e stette in mezzo a loro". "E disse: Pace a voi" Quale pace? Gesù lo aveva già detto precedentemente ai suoi discepoli ed apostoli: "Vi lascio la pace, vi do’ la mia pace. Non come la dona il mondo io la dono a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Giovanni 14,27). La Pace di Gesù non è come quella del mondo. E' la "sua Pace": quella che è la sintesi di tutti i beni messianici: la salvezza, la guarigione, i doni dei sacramenti, il dono grandissimo della Parola... Il mondo dona invece una falsa pace: infatti la pace degli uomini, spesso serve a preparare un'altra guerra!
Gesù entra a porte chiuse. A parte l'incorporeità del nuovo modo di essere di Gesù, l'entrare a porte chiuse, significa che Gesù penetra e vuole di fatto penetrare nei cuori più chiusi, più raggomitolati in se stessi. Egli entra anche se noi teniamo le porte del nostro essere più profondo ben chiuse. Il punto è poi quello di saperlo accogliere. Il testo ci dice che i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Egli infatti si era collocato nel centro della stanza del cenacolo. Ecco dunque: occorre che quando entra nei nostri cuori e ci viene a visitare, senza che noi lo avessimo invitato, lo accogliamo e gli permettiamo di collocarsi al centro vitale della nostra vita!
I discepoli gioirono! Oh! Come vorrei, fratelli carissimi che anche noi potessimo gioire, ogni uomo sulla terra potesse gioire, collocando il Cristo risorto al centro della propria esistenza. Come tutto sarebbe radicalmente diverso!
La gioia! Gesù
l'aveva già promessa: Voi gioirete al vedermi!
(16,22). Questa gioia era stata già
promessa nell'Antico Testamento: "Abramo, vostro Padre, esultò nella
speranza di vedere il mio giorno: lo vide e fu pieno di Gioia" Così disse
Gesù parlando di Abramo in Giovanni 8,56.
Ma la promessa più
grande che ora si compie è il dono dello Spirito Santo. Gesù ripete
gli stessi gesti che aveva compiuto il Signore quando creò l'uomo in Genesi
2,7: Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo, soffiò nelle
sue narici un respiro di vita e l'uomo divenne un essere
vivente". Soffio, Spirito e vita: questi tre elementi li
troviamo sempre là dove il Signore infonde vita e calore in tutte le
cose. Comprendiamo allora che il medesimo Spirito che aveva dato
vita ad Adamo ora ha ridato la vita a Cristo Gesù il quale, sempre per mezzo
del medesimo Spirito, la dona agli uomini che credono in Lui!
Da qui il perdono,
o meno, dei peccati. Dalla capacità di ricevere lo Spirito e di rimanere
in Lui.
Chi rimane in Lui è
perdonato, chi non rimane in Lui il suo peccato non viene
rimesso. La potenza della Pentecoste, la forza dello Spirito
rende presente "nell'oggi" del cristiano l'azione salvifica del
Signore.
Ora entra in scena
Tommaso. Egli afferma, non crederà, se prima non "getterà,
tufferà" le sue mani e le sue dita nelle piaghe del Signore, soprattutto in
quella del costato. Non un semplice "io non credo!", ma un
deciso "io non crederò!". A tutto questo risponde Gesù otto
giorni dopo. Ripete le stesse parole di Tommaso, gli stessi verbi:
affonda le tue dita sulle mie piaghe, metti la tua mano nel mio
costato... Ed è qui, che constatiamo, che quelli che sembravano essere i
presupposti peggiori alla fede, ora si rivelano proprio veicolo di
fede.
Una fede, quella di
Tommaso, mai espressa da nessuno. Nel Vangelo Tommaso va oltre ogni
aspettativa e adorandolo Gli disse: “Mio Signore e mio Dio!”
E' la prima volta
in assoluto che Gesù venga proclamato da un discepolo o apostolo con il titolo
divino. Mio Signore e mio Dio. Gesù è Signore è Dio!
Mi vengono in mente
alcuni passaggi del libro del Cantico dei Cantici che riporto:
Mi sono addormentata, ma il mio cuore veglia
Un rumore! La voce del mio Amato che bussa alla
porta:
Aprimi sorella mia, mia amica, mia colomba, mio
tutto.
Il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di
gocce notturne.
L'amato mio ha mandato la mano nella fessura della
porta
e le mie viscere fremettero per lui.
Mi sono alzata per aprire al mio amato
e le mie mani stillavano mirra, fluiva
mirra dalle mie dita
sulla maniglia della serratura.
Ho aperto allora all'amato mio,
ma l'amato mio se n'era andato, era
scomparso...(Cantico 5,2.4.6).
Amante appassionato, Dio in persona è passato attraverso la porta del luogo dove erano riuniti i discepoli, ma trova chiusa quella di Tommaso. Ecco allora che, per forzare la nostra chiusura, come l'amato manda la mano nella fessura della porta, alla stessa maniera il Padre ha mandato il suo Figlio nel mondo.
Ecco la mano operante quella Divina Misericordia, celebrata in questa Domenica per volontà di colui che domani sarà proclamato Santo dalla Chiesa, Giovanni Paolo II. Egli ha sottolineato un aspetto teologico della lettura di questa ottava di Pasqua.
Non è forse Misericordia entrare nel cuore? Non è Misericordia dare la mano, allungarla per metterla sulle nostre ferite? Non è Misericordia darci i segni della sua Pasqua? Tutto è racchiuso nella misericordia. Dio in Gesù, è l'Amante amato e vuole essere amato, fino a mettere in gioco la sua faccia! Perciò è detto, nell'ultima beatitudine pronunciata da Gesù: "Beati quelli che crederanno senza aver visto"!
Senza aver visto con gli occhi della carne. Ma che hanno visto e vedranno con gli occhi del cuore: gli occhi di luce che sanno leggere la Sua presenza in ogni evento della vita!
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