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sabato 25 giugno 2016

Il vero discepolo dimentica il passato ed è proteso verso il futuro


La sequela di Gesù non sopporta rinvii, né distrazione, né uscite di sicurezza

Tredicesima domenica del T.O - Anno C

INIZIO «DEL VIAGGIO VERSO GERUSALEMME»




Dal vangelo secondo Lc 9,51-62

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Parola del Signore!


Enzo: Ritengo necessaria una premessa al brano per meglio capire il contenuto della prima parte.

Luca ha iniziato il racconto della missione pubblica di Gesù con il rifiuto degli abitanti di Nazareth, suoi paesani (Lc 4,16-30). Ora introduce il viaggio dalla Galilea, dove l'attività di Gesù si era conclusa, verso Gerusalemme dove l'attende l'“ora” che porrà fine alla sua missione:“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto”, cioè crocifisso.
Durante questo percorso doveva attraversare la Samaria, zona nemica da secoli di Israele per motivi religiosi: qui andrà incontro al rifiuto dei samaritani.

L’inimicizia fra giudei e samaritani era di lunghissima data. Sargon II aveva conquistato Samaria, capitale del Nord nel 722 a. C. Secondo il costume politico degli Assiri, egli aveva deportato gli abitanti del luogo sostituendoli con popolazioni straniere. Si parla di questo in 2 Re 17,24ss: Il re di Assiria fece venire gente da Babilonia, Chuta, Avva, Camat, e Sefarvàim: fece dimorare tutta questa gente nella regione di Samaria al posto dei figli d’Israele. Presero possesso di Samaria e abitarono nelle loro città”.
I nuovi arrivati, secondo il costume dell’epoca, accettarono il Signore, il Dio venerato da Israele, ma nello stesso tempo continuarono ad adorare i loro idoli (2 Re 17, 34-41).
L’ostilità trova dunque la sua ragione nella diversità di razza e nel sincretismo religioso. Gli avvenimenti successivi non hanno fatto altro che accrescere questa ostilità già esistente.
I giudei nel 538 a. C. tornano dall’esilio babilonese e i samaritani offrirono il loro aiuto per la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, ma Zorobabele, Giosuè e gli altri capi dei giudei risposero sdegnosamente: “Non c’è nulla tra voi e noi perché edifichiate una casa per il nostro Dio; noi soli dobbiamo edificarla per il Signore Dio d’Israele, come ci ha comandato Ciro, re di Persia” (Esdra 4,3).
Infine l’ostilità fu totale quando i samaritani costruirono un loro tempio sul monte Garizim nel 325 a. C.
Dopo questa nota storica, torniamo al racconto che l'evangelista Luca ci propone.

Gesù si incammina deciso, “mandò messaggeri davanti a sé”: si tratta di Giovanni e Giacomo. Chiedendo ai discepoli di preparare la sua venuta in un villaggio di samaritani, Gesù rompe l’ostilità giudaica nei confronti di questo popolo dal sangue misto, che aveva il Pentateuco come Sacra Scrittura, ma il culto locale del Garizim costituiva una sfida permanente per il tempio di Gerusalemme.

Il villaggio samaritano nega l'ospitalità a Gesù. I due discepoli reagiscono come se avessero ricevuto un torto personale e si sentono investiti dello stesso furore di Elia, il quale per essere riconosciuta la sua missione di uomo di Dio, aveva fatto scendere il fuoco dal cielo che aveva divorato un centinaio di uomini mandati ad arrestarlo.

Gesù non è d'accordo con questo atteggiamento e rimprovera i discepoli perché non comprendevano assolutamente nulla della sua missione e del suo insegnamento di amore verso i nemici.
I samaritani infatti rifiutano non tanto la persona di Gesù, quanto piuttosto Gerusalemme, avendo saputo che la destinazione del suo viaggio era appunto Gerusalemme.
Ricordo che Gesù parlerà bene dei samaritani, come rivelano la parabola del buon samaritano e l'episodio del lebbroso samaritano che torna a ringraziare Gesù.

Nella seconda parte del brano Luca parla invece della sequela di Gesù, come essere in sintonia con lui. Inserendo questo episodio nel contesto del cammino verso Gerusalemme, Luca fa emergere l'esigenza che il discepolo segua il maestro incondizionatamente sulla via della croce,ad imitazione del Maestro.. Al rifiuto dei samaritani seguono tre parole di Gesù sulla sequela, parole che colpiscono per la loro particolare radicalità.

Proseguendo il viaggio un tale vuole seguire Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”ma...
Ad un altro Gesù dice «Seguimi», anche qui c'è un “ma” come risposta
Un terzo dice a Gesù: “«Ti seguirò, Signore; prima però lascia che...”

Tre sono le risposte di Gesù:
  • «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». (Gesù non ha fissa dimora perché la sua missione è universale e non può fermarsi in nessun posto).
  • «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio».(Seppellire i propri morti era considerato un dovere essenziale, di fronte al quale anche le pratiche religiose passavano in seconda linea: “Chi si trova davanti a un suo parente morto è dispensato dalla recita dello schemà, dalla preghiera delle diciotto benedizioni e da tutti i precetti nominati dalla “torah”. Ma per Gesù l’annuncio del Regno viene prima di tutto, senza eccezione, viene anche prima delle legge).
  • «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». La sequela non sopporta rinvii, né distrazione, né uscite di sicurezza
Per Gesù non ci sono se o ma...
Parole dure quelle di Gesù: intimoriscono, fanno paura alla fragilità umana, sembrano parole che creeranno divisioni, malintesi forse, dinieghi, superficialità. Soltanto credendo in Lui il Salvatore che darà la vita eterna beata si potrà seguire le sue orme.
«Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Il discepolo è colui che non guarda mai indietro, né per rimpiangere quanto ha lasciato, né per compiacersi di quanto ha fatto seguendo il Cristo. È come Paolo «dimentico del passato e proteso verso il futuro» (Fil 3,13).


Mariella:
Mettersi in cammino verso Gerusalemme significa decidersi senza esitazioni ad affrontare le prove decisive della vita, anche quando queste sono dolorose e pesanti. Gesù sapeva bene che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio che lo avrebbe portato sul Calvario, eppure non ha esitazione alcuna, Egli indurisce il suo volto come pietra e s'incammina senza indugio verso la città che lo avrebbe respinto, umiliato ed ucciso, perché decisa ad annientare ogni novità ritenuta pericolosa, ogni opinione fuori dal coro. Coloro che vorranno essere i suoi discepoli dovranno seguirlo sulla stessa strada della determinazione e mitezza, del coraggio e del sacrificio.
"Seguimi” è l'invito che Gesù rivolge a tutti quelli che sono pronti a fidarsi di un Dio nelle cui vene scorre solo amore. Amore che si fa eredità, amore che diventa missione, Amore che salva nella piena libertà di pensiero e di anelito al bene.

A tutti coloro che desiderano seguirlo, il Signore ricorda una duplice esigenza:

- in primo luogo mettere in pratica la volontà di Dio, ossia mettere Lui al centro di ogni pensiero e di ogni azione sempre e in Lui amare ogni creatura che ci è dato incontrare lungo il nostro pellegrinaggio terreno.
  • In secondo luogo siamo chiamati a riconoscere in Cristo l'umanità stessa di Dio, perché solo se lo sapremo riconoscere come vero Figlio di Dio, unico ed autentico Maestro della nostra vita, potremo affidarci senza indugio alla sua sequela.
La sequela è esigente, chi decide di seguirlo deve sapere che è discepolo di un “povero” che non ha dove posare il capo, di un uomo che non ha mai avuto timore di annunciare la verità e testimoniarla con la vita, che non è stato schiavo di niente e di nessuno, ma ha saputo agire in piena libertà per raggiungere lo scopo della sua missione, non si è guardato alle spalle, non si è piegato al compromesso, non ha rinnegato la sua vera identità.

La vita dietro a Gesù non è una passeggiata, è un impegno che dura tutta la vita, che richiede molta energia, molta verità con noi stessi, molta libertà di scelta e di pensiero.
L'aratro di cui parla Gesù è un attrezzo agricolo che non si limita a smuovere il terreno, ma ne rompe le zolle, portando alla luce quello che prima era nascosto, facendo rifiorire la vita proprio là dove era solo aridità e deserto.

Non si ottiene successo e gloria, non si raccolgono consensi ed applausi, non si ha vita facile, Gesù non ha cercato nulla di tutto ciò, ha annunciato la Parola di Dio mostrando al mondo il vero volto del Padre, anche a prezzo di umiliazioni e sangue.
Chi però accetta di vivere coraggiosamente questo cammino, è sicuro di trovare oltre la sofferenza e la croce di questo mondo, la felicità della vera vita, l'abbraccio eterno con l'Amore del Padre.



Per chi vuole ancora approfondire potrà trovare un altro commento nella pagina di Padre Augusto


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