“Tutti,
un giorno, abbiamo conosciuto una specie di fine del mondo”
Domenica
33ma del tempo ordinario- Anno B- 15 giugno 2015
Dal vangelo secondo Mc
13,24-32
le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cielisaranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.
Parola del Signore!

E' un discorso
sulla fine dei tempi che preannuncia l'avvento del Regno di Dio con
le realtà ultime del nostro mondo.
Questo messaggio è profondamente
radicato nella Bibbia e nella persona di Gesù. La bibbia annuncia
spessp l'avvento del Regno di Dio e Gesù realizza nella sua persona
e nella sua vita, per volere del Padre, la promessa di salvezza.
Egli, Gesù, verrà con grande potenza e gloria.
Il brano che a prima vista appare
come evento apocalittico disastroso in pratica il contenuto è
completamente aperto alla salvezza portata da Gesù e alla sua
presenza nel mondo, da lui amato e salvato.
Due versioni dunque nella esegesi
di quanto descritto in tutto il capitolo 13 del vangelo di Marco: una
pessimistisca e l'altra ottimistica.
La versione pessimistica vede un
quadro terribile, fosco che implica la fine dell'umanità, la fine
della storia umana, annuncia disastri.
La versione ottimistica vede
nelle parole di Marco, nel brano che stiamo commentando, solo
l'incontro degli eletti con il Salvatore, l'avverarsi delle sue
promesse. Marco vuole calmare la frenesia che vigeva tra i primi
cristiani per gli avvenimenti dell'anno 70 con la distruzione di
Gesrusalemme da parte dei romani, come se l'accaduto indicasse
imminente l'arrivo di Gesù, ricordando le sue parole: “non
passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga”.
Viene illustrata la funzione del
Figlio dell'uomo come giudice escatologico: Allora vedranno il
Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria, come
aveva annunziato il profeta Daniele (capitolo 7). Non si parla dei
nemici di Dio e del loro castigo, viene sottolineata soltanto la
raccolta degli eletti: Egli manderà gli angeli e radunerà
i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino
all'estremità del cielo.
Del
resto nelle righe che precedono Gesù invita i suoi alla prudenza, ad
essere sempre pronti e non credere ai falsi cristi e ai falsi profeti
che faranno segni e prodigi per ingannare: l'ultimo tentativo di
Satana?...

Non
è necessario per i discepoli conoscere il momento della seconda
venuta di Gesù in base a calcoli temporali, unitili e vani;è
essenziale invece la piena adesione alla parola e persona di Gesù:
le sue parole non passeranno mai. Sulle sue parole si fonda
saldamente la speranza del credente, il quale si affida alla volontà
del Padre celeste, che governa i destini del mondo.
L'atteggiamento
saggio sarà la vigilanza, l'essere sempre pronti ad accogliero, a
qualsiasi ora, con la serenità dei figli di Dio, con la gioia nella
speranza di una nuova vita.
Gesù
con la parabola del fico Gesù ci esorta a guardare avanti, il suo
ritorno deve essere atteso come il fiorire delle piante a primavera e
il sole dell'estate.
Termino
questo commento con le parole di G. Bessière:
“Tutti,
un giorno, abbiamo conosciuto una specie di fine del mondo: la
guerra, la morte di una persona cara, un'improvvisa malattia, lo
scontro con una società dura e a volte così poco umana... Sappiamo
che è stato necessario ricominciare a vivere e a credere nell'estate
guardando spuntare l'umile foglia del fico. A volte abbiamo
reinventato il mondo come se si potesse attingere luce e forza dal
futuro. Gesù non sapeva tutto. Era abbagliato dal sole di Dio,
attraverso la caligine dei giorni minacciosi che venivano verso di
lui. Diceva ai suoi amici il segreto nascosto nella precarietà del
presente. Sta qui il messaggio luminoso delle parole apocalittiche di
Gesù: oggi, qui, attraverso i successi e i fallimenti della vita,
bisogna vivere la primavera di Dio. Ostinatamente.”
Mariella:
Nel capitolo 13 del Vangelo di Marco il
discorso si focalizza sul “dopo Gesù”, Egli si congeda dagli
Apostoli, parlando del loro futuro e su quelli che saranno gli ultimi
eventi della storia. Il suo è davvero un discorso di congedo
definito apocalittico-escatologico, apocalittico viene da apocalisse
che significa rivelazione fatta immagini grandiose: è il cielo e la
terra che si scuotono. L'aggettivo escatologico deriva dal termine
escatologia che significa discorso sulla fine, si intende cioè
parlare delle ultime realtà della storia.
Nel brano letto
Gesù inizia il suo discorso con le parole: “in quei giorni..”
Ecco l'evento che orienta la storia, lanciato in un futuro
indeterminato, ma comunque certo. Egli allude alla distruzione di
Gerusalemme, ma quando avverrà non sarà la fine, non segnerà il
tempo della piena realizzazione del Regno, questo avverrà dopo e
segnerà l'entrata trionfale e definitiva di Dio nella storia degli
uomini. Non sarà frutto di eventi determinati dall'uomo, ma sarà
opera esclusiva del volere e potere divino, che porterà a termine la
storia della salvezza.
Dio entrerà in
modo definitivo nella storia e quando questo avverrà l'universo
intero si scuoterà, anche le forze e le potenze dei cieli. Dio verrà
a giudicare la terra, ma Egli desidera soprattutto salvarla
attraverso Gesù stesso, il quale attraverso la grande tribolazione
della sua morte in croce risorgerà per ricevere quella gloria che
aveva presso il Padre prima che il mondo fosse. E così rivestito di
gloria ritornerà per compiere una sua promessa: “Ritornerò e vi
prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.” Gv. 14,3

Dalle macerie di
un mondo segnato dal fallimento di una storia segnata dal peccato,
nascerà un mondo nuovo benedetto da Dio. L'apocalisse dunque segna
sempre un nuovo inizio, quello della città di Dio tra gli uomini.
Ma quando tutto
questo avverrà? Quanto tempo dovrà passare dopo la grande
tribolazione?
“Dalla pianta
del fico imparate la parabola” dice Gesù.
In questa
domenica siamo dunque invitati ad imparare dalla natura ed in
particolare dalla pianta del fico: quando il ramo diventa tenero e
spuntano le foglie, si sa che l'estate è vicina. Così il cuore,
tenero nella carità, rivela la presenza e la vicinanza del Signore.
Non sono le catastrofi o gli stravolgimenti della terra a doverci
inquietare, ma il semplice rinvigorirsi del ramo e lo spuntare delle
gemme.
Non abbiamo
necessità di scrutare il futuro, ma dobbiamo saper discernere il
presente, comprenderne il senso alla luce della Parola di Dio,
dobbiamo imparare a cogliere i segni della resurrezione e di
un'eternità che è già in atto. In poche parole dobbiamo saper
scoprire i segni di quello che sta cominciando a fiorire e non di
quello che sta seccando, che termina. Questa è la fede, una forza
capace di discernere e muovere la storia. E in quest'opera non siamo
sol,i perché sappiamo che Egli verrà, è vicino, è alle porte .
"Niente ti turbi, niente ti spaventi,
chi ha Dio nulla gli manca,
tutto passa, solo Dio resta,
solo Dio basta".
Niente ti turbi, niente ti spaventi.
Tutto passa, Dio non cambia.
La pazienza ottiene tutto.
Chi ha Dio ha tutto.
Dio solo basta.
(Teresa di Gesù)
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