Domenica delle Palme: Anno B, 29 marzo 2015
Isaia 50,4-7
"Il
Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io
ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho
opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai
flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho
sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per
questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso".
Per questa domenica in cui
ricordiamo l’ingresso trionfale di Gesù
in Gerusalemme non commenteremo il brano del Vangelo di Marco, che narra la
passione e morte di Gesù. La domenica
delle Palme introduce la settimana Santa, settimana di riflessione, di
preghiera , di revisione della nostra vita per renderla conforme al volere e
all’esempio di Gesù, per esplodere poi nel giorno della sua risurrezione nella
gioia immensa di ringraziamento per la salvezza che ci è stata donata.
Proponiamo due riflessioni , la prima del Cardinal Carlo Maria Martini,
la seconda di Papa Francesco, come aiuto alla nostra riflessione e come
preparazione ad una bella confessione
sperando fortemente nella misericordia infinta di Dio Padre.
Come vivere la settimana Santa, del Card. Carlo Maria Martini
La
benedizione delle palme, da cui questa domenica prende il nome, e la
processione che ne è seguita vogliono evocare l'ingresso in Gerusalemme di Gesù
e la folla che gli va incontro festosa e acclamante.
Forse
la nostra processione appare un po' povera rispetto a ciò che dovrebbe rievocare.
L'importante, tuttavia, non è prendere in mano le palme e gli ulivi e compiere
qualche pas-so, ma esprimere la volontà di iniziare un cammino. Questa scena
infatti, che vorrebbe essere di entusiasmo, non ha valore in sé: assume
piuttosto il suo significato nell'insieme degli eventi successivi che
culmineranno nella morte e nella risurrezione di Gesù. Contiene perciò una
domanda che è anche un invito: vuoi tu muovere i passi entrando con Gesù a Gerusalemme
fino al calvario? Vuoi vedere dove finiscono i passi del tuo Dio, vuoi essere
con lui là dove lui è? Solo così sarà tua la gioia di Pasqua.
Entriamo
dunque con la domenica delle Palme nella Settimana santa, chiamata anche
"autentica" o "grande". Grande perché, come dice san
Giovanni Crisostomo, «in essa si sono
verificati per noi beni infallibili: si è conclusa la lunga guerra, è stata
estinta la morte, cancellata la maledizione, rimossa ogni barriera, soppressa
la schiavitù del peccato. In essa il Dio della pace ha pacificato ogni cosa,
sia in cielo che in terra».
Sarà
dunque una settimana nella quale pregheremo in particolare per la pace a Gerusalemme
e ci interrogheremo pure sulle condizioni profonde per attuare una reale pace a
Gerusalemme e nel resto del mondo.
La
liturgia odierna è quindi un preludio alla Pasqua del Signore. L'entrata in
Gerusalemme dà il via all'ora storica di Cristo, l'ora verso la quale tende
tutta la sua vita, l'ora che è al centro della storia del mondo. Gesù stesso lo
dirà poco dopo ai greci che, avendo saputo della sua presenza in città,
chiedono di vederlo: «È venuta l'ora
in cui sarà glorificato il Figlio dell'uomo» (Gv 12,23). Gloria che risplenderà
quando dalla croce attirerà tutti a sé.
(Carlo Maria
MARTINI, Incontro al Signore risorto,
San Paolo, Cinisello Balsamo, 2009, 159-160).
CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME
E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Chi sono
io davanti al mio Signore?
Questa settimana incomincia con la
processione festosa con i rami di ulivo: tutto il popolo accoglie Gesù. I
bambini, i ragazzi cantano, lodano Gesù.
Ma questa settimana va avanti nel
mistero della morte di Gesù e della sua risurrezione. Abbiamo ascoltato la
Passione del Signore. Ci farà bene farci soltanto una domanda: chi sono io? Chi
sono io, davanti al mio Signore? Chi sono io, davanti a Gesù che entra in festa
in Gerusalemme? Sono capace di esprimere la mia gioia, di lodarlo? O prendo
distanza? Chi sono io, davanti a Gesù che soffre?
Abbiamo sentito tanti nomi, tanti
nomi. Il gruppo dei dirigenti, alcuni sacerdoti, alcuni farisei, alcuni maestri
della legge, che avevano deciso di ucciderlo. Aspettavano l’opportunità di
prenderlo. Sono io come uno di loro?
Abbiamo sentito anche un altro
nome: Giuda. 30 monete. Sono io come Giuda? Abbiamo sentito altri nomi: i
discepoli che non capivano niente, che si addormentavano mentre il Signore
soffriva. La mia vita è addormentata? O sono come i discepoli, che non capivano
che cosa fosse tradire Gesù? Come quell’altro discepolo che voleva risolvere
tutto con la spada: sono io come loro? Sono io come Giuda, che fa finta di
amare e bacia il Maestro per consegnarlo, per tradirlo? Sono io, traditore?
Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e cercano falsi
testimoni: sono io come loro? E quando faccio queste cose, se le faccio, credo
che con questo salvo il popolo?
Sono io come Pilato? Quando vedo
che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la mia
responsabilità e lascio condannare – o condanno io – le persone?
Sono io come quella folla che non
sapeva bene se era in una riunione religiosa, in un giudizio o in un circo, e
sceglie Barabba? Per loro è lo stesso: era più divertente, per umiliare Gesù.
Sono io come i soldati che
colpiscono il Signore, Gli sputano addosso, lo insultano, si divertono con
l’umiliazione del Signore?
Sono io come il Cireneo che tornava
dal lavoro, affaticato, ma ha avuto la buona volontà di aiutare il Signore a
portare la croce?
Sono io come quelli che passavano
davanti alla Croce e si facevano beffe di Gesù: “Era tanto coraggioso! Scenda
dalla croce, a noi crederemo in Lui!”. Farsi beffe di Gesù…
Sono io come quelle donne
coraggiose, e come la Mamma di Gesù, che erano lì, soffrivano in silenzio?
Sono io come Giuseppe, il discepolo
nascosto, che porta il corpo di Gesù con amore, per dargli sepoltura?
Sono io come le due Marie che
rimangono davanti al Sepolcro piangendo, pregando?
Sono io come quei capi che il
giorno seguente sono andati da Pilato per dire: “Guarda che questo diceva che
sarebbe risuscitato. Che non venga un altro inganno!”, e bloccano la vita,
bloccano il sepolcro per difendere la dottrina, perché la vita non venga fuori?
Dov’è il mio cuore? A quale di
queste persone io assomiglio? Che questa domanda ci accompagni durante tutta la
settimana.
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