Domenica quinta di
Pasqua: 18 aprile 2014
Dal vangelo secondo Giovanni 14,1-12
Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e
abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no,
vi avrei mai detto:“Vado a prepararvi un posto”?
Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di
nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo
dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come
possiamo conoscere la via?».
Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me,
conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi
hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire:
“Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le
parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me,
compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non
altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli
compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io
vado al Padre.
Enzo: Continua
in questo capitolo il discorso iniziato da Gesù durante l’ultima cena. Le
parole di Gesù presentano una particolare e costante aria di commiato dai suoi, sono una continua rivelazione del suo essere,
della sua importanza nella storia presente e futura per chi crederà in Lui.
Assistiamo a un Gesù teologo che parla della vita futura, dell’essenza di Dio e
dell’identità di se stesso col Padre.
Gli apostoli non capiscono, sono in uno stato di profondo
turbamento per le predizioni che Gesù ha fatto: tradimento di Giuda, la sua
dipartita da questo mondo, rinnegamento di Pietro: qualcosa non quadra, si fa
presente una forte delusione e amarezza: ma non doveva essere lui il liberatore
d’Israele?
Domenica scorsa abbiamo meditato un Gesù Pastore e Porta delle pecore, come
salvezza per ogni uomo che deve passare da Lui.
Questa domenica vediamo un Gesù delle promesse ma anche
rivelatore del suo essere Dio: deve andarsene per preparare un posto per i suoi
discepoli, Lui è la via, la verità e la
vita, è una sola cosa con il Padre.
Non è facile capirne il senso per i suoi : gente semplice,
gente abituata al lavoro faticoso, gente pratica, e anche gente che si attendeva molto da Gesù
Messia, liberatore d’Israele, gente che, dopo aver lasciato tutto per seguire
Gesù, aveva posto la massima fiducia in Lui.
Ed ecco il pensiero degli impazienti e titubanti apostoli,
prima Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la
via?».
Poi Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”.
Le parole iniziali di Gesù in questo brano dovevano avere un
carattere consolatorio in vista del suo ritorno al Padre, chiede fede in lui
promettendo un posto nella casa del Padre.
Dal tema del posto si passa a quello della via: e qui Gesù fa la rivelazione centrale del
brano di domenica: Lui è la via come mediatore per arrivare al Padre; Lui è la
verità personificata, parola del Padre, è la vita per chi, seguendolo, lo
raggiunge.
«Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre
se non per mezzo di me”: tutti dobbiamo passare per la Porta secondo le
indicazioni del Pastore; riconoscere la voce del Pastore come parola del Padre;
fare parte della vita eterna da lui promessa.
“ Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio:
fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Come sono difficili queste parole:
Gesù e il Padre la stessa cosa, ma quando Gesù ce lo ha mostrato?
Il contenuto teologico è particolarmente denso, Gesù
lo sa, ma Lui deve rivelare quanto il Padre gli ha ordinato di dire a noi: il
quadro si completerà con la venuta dello Spirito santo, che farà conoscere
quanto non potevano capire gli apostoli e quanta fatica facciamo noi a stare
dietro alle parole di Gesù!
Gesù
sorprende ancora : “Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e
ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”. Cosa voleva dire
allora Gesù e oggi a noi?
Lui
se ne va e lascia ai suoi apostoli di ieri e di oggi il compito di continuare
la sua missione nella sua Chiesa.
Avevano
creduto gli apostoli allora e crediamo noi oggi di poter fare opere più grandi
di quelle operate da Gesù?...ovvero siamo tutti “uomini e donne di poca fede”?
Lo
Spirito santo illuminò la mente e la vita agli apostoli il giorno della
Pentecoste, ci faremo anche noi illuminare , sconvolgere per seguire Chi è via,
verità e vita?
Mariella: Il Signore conosce bene lo
smarrimento del cuore di chi sta per perdere la vera fonte della vita,
percepisce la loro paura, il loro senso di abbandono, il loro stordimento. I discepoli possono provare
angoscia e tristezza per la separazione dal Maestro, ma Gesù li previene
informandoli che la sua lontananza sarà solo temporanea. Il posto, di cui parla
Gesù e che egli promette, non è visibile con gli occhi della carne, ma solo con
quelli della fede: per questo Egli
li esorta: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me».
Vuole così immergerli nei pensieri dello spirito, farli salire
in alto, vuole aprir loro gli occhi dell'anima. E perché possano conoscere la
strada del cielo, si propone come la «via, la verità e la vita» testimoniando
con il suo esempio, la Parola che ha pronunciato.
Per giungere al Padre quindi ,bisogna passare attraverso il
Figlio. Nessuno può arrivare a Dio con le sole proprie forze, né può servirsi
di altri mediatori. Come nessuno può andare verso il Cristo se non gli è concesso dal Padre così nessuno
può giungere al Padre senza la mediazione di Gesù.
La fede è veramente l'unica forza per superare gli
inevitabili turbamenti della vita. Possiamo superare le difficoltà,
appoggiandoci non su di noi, ma esclusivamente sulla sua potenza
Gesù dice che va a preparare un posto nella casa del Padre.
Non dobbiamo pensare che il Signore vada in cielo a
preparare un posto, come si va in un albergo a riservare una stanza ma che
grazie a lui possiamo essere vicini a Dio, possiamo incontrarlo e contemplarne
il volto.
Anche a noi Gesù forse questa sera vuole sussurrare al nostro
cuore: “Non sia turbato il vostro cuore!” Molte cose forse ci sono state negate
nella nostra esistenza, molte cose ci inquietano e ci fanno stare male, molti
dubbi possono insinuarsi nella nostra mente. Tuttavia, nelle nostre vite c'è
una presenza che ci permette di superare tutte le mancanze e le assenze
C'è nel nostro intimo una gioia diversa che ci permette di
accettare ogni dolore o perdita, è la
silenziosa presenza del Salvatore, che non ci lascia mai soli, anche quando
sembra non intervenire nel cammino della storia di ciascuno di noi.
La nostra beatitudine sta proprio nell'essere con Cristo.
Solo dalla fede nella Parola di Gesù può nascere la vera speranza nei cuori.
Solo da essa matura la gioia, la pace, la carità, la misericordia, il perdono e
la compassione.
C'è poi un'interpretazione diversa di questo brano, più
legata all'insieme di letture che sentiremo domenica, in particolare quando il
Signore pronuncia queste parole: "Nella casa del Padre mio vi sono molti
posti..." Queste parole di Gesù, ci richiamano prima di tutto al posto
dove ogni cristiano è stato collocato nell'ambito della Chiesa.
La Casa del Padre è la Chiesa: qui ognuno ha una sua
mansione, un suo compito, un suo ministero!
Qui Gesù ci ha preparato un posto dove servire ed essere pronti a dare la
nostra testimonianza, anche fino alla morte se fosse necessario.
Una Chiesa nella quale si debbono riferire le parole stesse
di Gesù: "chi crede in me compirà
le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste". Una Chiesa
chiamata ad essere immagine stessa di Cristo che libera, risana, consola,
perdona, apre gli occhi ai ciechi e fa udire i sordi di cuore.
Molti miracoli si sono compiuti in questi secoli nel nome di
Cristo e per mezzo delle Spirito Santo!
Molti miracoli frutto dell'Amore misericordioso che Cristo
stesso è venuto a seminare nel cuore di quanti hanno deciso di seguirlo.
Ma purtroppo dobbiamo anche constatare che molto spesso ci
manca il senso della vera Pasqua che è un ritrovarsi nel posto che il Signore
ci ha riservato per essere distributori di gioia, di speranza e di pace.
Signore Gesù: a questa Chiesa di oggi, a ciascuno di noi,
ripeti le parole antiche e sempre nuove che dicesti quella sera ai tuoi
sconfortati apostoli: "Non abbiate paura, non sia turbato il vostro
cuore...!"
Donaci di credere a queste tue benedette e sante parole.
Siamo travolti dal turbine di tante cose che ci allontanano da te e da noi
stessi, dalla stessa nostra vita. L'inquietudine delle assurdità che facciamo
accadere nella nostra vita solo perché abbiamo smarrito il posto nella Casa del
Padre tuo!
Aiutaci a ritrovarlo, per ritrovare Te e con Te la nostra
vera Pasqua di rinnovata speranza e di novità assolutamente insperate! Amen
Queste ultime riflessioni ed in particolare la preghiera
finale sono tratte da una meditazione di Padre Augusto Drago che ho creduto
bene riportare in questo contesto.
Commento di Padre Ermes
Ronchi, tratto dalla rivista A SUA IMMAGINE del 17 maggio 2014
“Abbiate fede in me,
io sono la via, la verità e la vita”.
Tre parole immense. Che nessuna spiegazione può esaurire.
Io sono la via: la strada per arrivare a casa, a Dio, al
cuore, agli altri. Una via davanti alla quale non si erge un muro o uno
sbarramento, ma orizzonti aperti. Sono la strada che non si smarrisce ma va
verso la storia più ambiziosa del mondo, il sogno più grandioso mai sognato, la
conquista – per tutti – di amore e libertà, di bellezza e di comunione: con
Dio, con il cosmo, con l’uomo.
Io sono la verità: non in una dottrina, né in un libro, né
in una legge migliore delle altre, ma in un ‘io’ sta la verità, in Gesù, venuto
a mostrarci il vero volto dell’uomo e il volto d’amore del Padre. La verità
sono occhi e mani che ardono! (Ch. Bobin). Così è Gesù: accende occhi e mani.
La sua è una vita che si muove libera, regale e amorevole tra le creature. Il
cristianesimo non è un sistema di pensiero o di riti, ma una storia e una vita
(F. Mauriac).
Io sono la vita. Che hai a che fare con me, Gesù? La
risposta è una pretesa perfino eccessiva, perfino sconcertante: io faccio
vivere. Parole enormi, davanti alle quali provo vertigine. La mia vita si
spiega con la vita di Dio. Nella mia esistenza più Dio equivale a più io. Più
Vangelo entra nella mia vita più io sono vivo. Nel cuore, nella mente, nel
corpo. E si oppone alla pulsione di morte, alla distruttività che nutriamo
dentro di noi con le nostre paure, alla sterilità di una vita inutile.
Infine interviene Filippo: “Mostraci il Padre, e ci basta”.
È bello che gli apostoli chiedano, che vogliano capire, come noi. Filippo, chi
ha visto me ha visto il Padre. Guardi Gesù, guardi come vive, come ama, come
accoglie, come muore e capisci Dio. E si dilata la vita.
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