Gesù entra a Gerusalemme acclamato dalla folla tra canti di gioia
Domenica
delle Palme Anno A – 9 aprile 2017
Con
questa domenica inizia la settimana santa, settimana che chiude il
tempo di quaresima e ci chiama alla riflessione e adorazione della
passione e morte di Gesù. Contemporaneamente ci prepara a gioire per
la Risurrezione di Gesù.
Non
ci sarà un commento alla lettura del Vangelo di Matteo ma delle
riflessioni che riporto da un commento con amici in una serata di
quaresima del 2014.
Le
letture:
Il
profeta Isaia parla del comportamento del servo, di un servo che
umilmente in silenzio obbedisce, lavora, accetta la persecuzione. In
realtà Isaia anticipa le sofferenze di Gesù, servo di Jahvè,
inviato dal Padre per la salvezza dell'uomo, sua creatura
speciale.
Egli viene destato ogni mattino da una parola divina che lo raggiunge e gli apre l'orecchio, cioè lo pone ogni giorno nella situazione di colui che liberamente si fa servo di un altro e si fa forare l'orecchio quale segno di tale appartenenza. Da questo incontro con la Parola del Signore, scaturisce la sua forza per affrontare le posizioni agguerrite. L'esperienza di persecuzione non vede il servo lamentarsi con il Signore, come fanno a volte i profeti, ma piuttosto riaffermare la fedeltà nonostante tutto e tutti.
E' una persecuzione che il Servo affronta proprio perché è certo della propria innocenza e assieme dell'assistenza divina, che non gli lascerà mancare l'aiuto, anzi lo sosterrà nella prova più estrema: "Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato..." Quando subisce gli sputi in faccia, la barba strappata, non reagisce: qui si evidenzia la vicinanza di Dio al servo maltrattato e percosso che crede che Dio non lo deluderà, che custodisce la parola divina.
Egli viene destato ogni mattino da una parola divina che lo raggiunge e gli apre l'orecchio, cioè lo pone ogni giorno nella situazione di colui che liberamente si fa servo di un altro e si fa forare l'orecchio quale segno di tale appartenenza. Da questo incontro con la Parola del Signore, scaturisce la sua forza per affrontare le posizioni agguerrite. L'esperienza di persecuzione non vede il servo lamentarsi con il Signore, come fanno a volte i profeti, ma piuttosto riaffermare la fedeltà nonostante tutto e tutti.
E' una persecuzione che il Servo affronta proprio perché è certo della propria innocenza e assieme dell'assistenza divina, che non gli lascerà mancare l'aiuto, anzi lo sosterrà nella prova più estrema: "Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato..." Quando subisce gli sputi in faccia, la barba strappata, non reagisce: qui si evidenzia la vicinanza di Dio al servo maltrattato e percosso che crede che Dio non lo deluderà, che custodisce la parola divina.
Is
50,4-7
“Il
Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia
indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. 5Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro.6Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 7Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso”.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. 5Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro.6Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 7Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso”.
Fil
2,6-11
L'apostolo
Paolo in questo inno
“sembra
rispondere alla necessità di spiegare come vedere nell'uomo Gesù
crocifisso il Salvatore e il Signore, così come lo riconosce la fede
cristiana. Più che un modello Gesù Cristo in questo testo impersona
la logica che presiede il progetto salvifico di Dio e che deve
reggere anche l'agire della comunità credente. (G. Barbaglio).
In
un certo senso Paolo spiega la profezia di Isaia, profezia del Servo
obbediente.
L'inno
dunque ci presenta Gesù come l'uomo che non ha tradito il progetto
originario di Dio e con la sua obbedienza si è fatto solidale con
tutta l'umanità; per questo il Padre lo ha esaltato al di là della
morte e lo ha costituito Signore del mondo, realizzando il suo piano
di salvezza per tutti noi. Paolo ricorda così ai cristiani di
Filippi e a noi che siamo inseriti vitalmente nella vicenda di Gesù
e dunque nella logica del progetto del Padre, che diventa così anche
indicazione per il nostro
agire
concreto nella storia.
“Abbiate
in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella
condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l'essere come Dio,ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre”.
non ritenne un privilegio l'essere come Dio,ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre”.
Vangelo
secondo Matteo 26,14-27,66 (
vedi vangelo).
Mariella:
Siamo giunti
alla domenica delle Palme, in cui si celebra l'ingresso trionfale di
Gesù in
Gerusalemme,
ma anche domenica in cui la liturgia ci invita a contemplare la
Passione del Signore.
Siamo
davanti al mistero della Croce, Gesù avrebbe potuto sfuggire a
quell'orribile violenza e
sofferenza,
eppure non lo ha fatto.
Avevamo
visto come anche lui temesse quell'ora, perché era fuggito in
Galilea sapendo che i giudei volevano lapidarlo.
Ma
appena seppe della morte di Lazzaro, tornò in Giudea superando la
paura e mettendo a repentaglio la propria vita, pur di fare la
volontà del Padre.
Nella
sua vita Gesù non aveva mai dimenticato la sua missione, non si era
mai sottratto al suo dovere di figlio, non aveva mai trattenuto nulla
per sé, aveva speso tutto per il bene degli altri, per la salvezza
dell'umanità che accorreva a Lui per sentirLo, toccarlo, chiederGli
aiuto: Gesù donava oltre alla salute la fede.
L'ora
più difficile era giunta, non era certo un momento facile per Gesù.
Egli però decise di entrare a Gerusalemme anche se questo gli
sarebbe costato la morte. Ne era ben consapevole. Più volte l'aveva
detto, scandalizzando anche i più vicini a lui.
Nel
tempio lo ripete a tutti i presenti, sotto forma di parabola: "Se
il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece
muore, produce molto frutto".
Non
gli era bastato venire sulla terra per insegnare, servire, guarire,
perdonare e restituire dignità a quanti l'avevano perduta. Non era
venuto sulla terra per "rimanere solo", ma per portare
"molto frutto".
E
l'unica via per portare frutto, ossia per raccogliere i dispersi Gesù
la descrive così: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la
sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna".
Certo
questo discorso può apparire incomprensibile a molti, infondo tutti
amiamo conservare la vita, custodirla, preservarla, risparmiarla
dalla fatica; nessuno è portato a spenderla senza misura come invece
sembra suggerire Gesù, il quale ha vissuto tutta la sua vita amando
gli uomini più di se stesso.
La
morte in croce rappresenta l'ora in cui questo amore si manifesta
nella sua pienezza: è certamente il punto più alto d'amore che il
Figlio dell’uomo ha potuto esprimere. E come resistere ad un amore
così grande al punto di dare tutta la vita fino a morire in croce?
Ecco
perché Gesù può dire: "Quando sarò innalzato da terra
attrarrò tutti a me!" Con la sua morte Egli veramente può
dimostrare a tutti gli uomini di ogni tempo che l'amore vince l'odio,
vince la morte, vince la divisione.
Gesù
attira a sé per condurci al Padre, non siamo figli del nulla, siamo
opera di Dio, da Lui veniamo, a Lui torniamo per mezzo di Gesù che
ci ha riaperto le porte del Regno.
Esserne
consapevoli è la nostra unica salvezza, è la grazia che chiediamo
in questi giorni per ciascuno di noi e per tutte le comunità
cristiane.
E’
la grazia che chiediamo anche per il mondo perché gli uomini,
guardando quel volto crocifisso, si commuovano e possano scoprire che
l'amore è più forte di ogni presunta forza umana, di ogni potere
violento
A
quel volto insanguinato, umiliato, incoronato di spine, dobbiamo la
redenzione dei nostri peccati e la salvezza eterna.
Se
il peccato è stato un atto di sfiducia in Dio e ci ha allontanato
per sempre da Lui, il suo opposto è un atto d'amore e di fiducia
totale, senza compromessi, con il quale Gesù ci riconcilia per
l'eternità. Possiamo non renderGli grazie?
Ci
viene anche spontaneo ricordare i tanti martiri cristiani, quanti
laici o religiosi, da duemila anni a questa parte, hanno messo a
repentaglio la propria vita, pur di testimoniare con coerenza e
coraggiosa fermezza la loro fede in Cristo, eroi non per caso, ma per
amore!
Si
potrebbe anche negare l'esistenza di Dio, ma nessuno può negare che
Cristo ha avuto milioni di discepoli, che nel corso dei secoli
l'hanno seguito proprio sulla strada più difficile che ci sia:
quella della Croce.
Questo
Cristo che tanti hanno combattuto, osteggiato, deriso ed ucciso,
altri l'hanno seguito, l'hanno amato, l'hanno ospitato nel loro cuore
e l'hanno accompagnato fin sul calvario
In
questa settimana è bene che troviamo tempo ogni giorno per leggere e
meditare una parte della passione, per poter comprendere i pensieri,
i sentimenti e l'amore di Gesù. È un momento di grazia per ciascuno
di noi.
Enzo: La
Domenica delle Palme è il giorno ricordato come “l’entrata
trionfale” di Gesù a Gerusalemme, una settimana prima della Sua
resurrezione.
450-500
anni prima il profeta Zaccaria aveva profetizzato: “Esulta
grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia, o figlia di
Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te; Egli è giusto e vittorioso,
umile, in groppa a un asino, sopra un puledro, il piccolo
dell'asina”, (Zaccaria 9:9).
La
profezia si realizza, Matteo 21: 7-9. «Osanna al Figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto
dei cieli!»”.
Gesù
aveva occultato la sua dignità messianica, aveva proibito ai
discepoli di parlarne; ora, entrando a Gerusalemme come re mansueto e
pacifico, conforme alle predizioni delle Scritture, ne dà un chiaro
segno ai giudei. Egli prese possesso simbolicamente della Città
santa, entrò nel tempio e lo purificò, scacciando i profanatori.
Questa
Domenica “delle Palme”, per noi cristiani è davvero importante:
ci fa rivivere gli ultimi momenti della vita di Gesù. Accogliamo con
gioia il nostro Re che abbiamo conosciuto e amato, è giusto che
gioiamo: Gesù è il dono meraviglioso del Padre. Le sue sofferenze
sono la nostra salvezza: la nostra gioia è ringraziamento alla
promessa e volontà del Padre.
Il
nostro tempo è sempre tempo di salvezza, ma chi è Gesù per ognuno
di noi? Lo riconosciamo come Re della nostra vita? Lo amiamo come
nostro amico speciale?
“Vogliamo
muovere i nostri passi entrando con Gesù a Gerusalemme fino al
Calvario?
Vogliamo
vedere dove finiscono i passi del nostro Dio, vogliamo essere con Lui
là dove Lui è?
Solo
così sarà la nostra gioia della Pasqua”. (Maria S.)
Siamo
coscienti che solo Lui dona salvezza, pace, amore, oppure cerchiamo
altrove tutto ciò?
Noi,
come la folla a Gerusalemme, agitiamo festosamente quei rami d’ulivo,
avvertiamo che la soluzione vera ai problemi nella nostra esistenza,
al senso profondo delle nostre inquietudini, dei nostri dubbi, viene
offerta solo dal Vangelo di Gesù.
Il
Dio che è venuto a rivelarci Gesù è un Dio che non usa la forza,
il potere, non è venuto per sottometterci al suo volere, ma usa la
debolezza dell'Amore, ci lascia liberi di scegliere Lui o chiunque
altro. Come il padre misericordioso ci lascia andare, liberi di fare
la nostra vita lontano da lui, ma tiene sempre lo sguardo fisso sulla
strada sperando di vederci tornare per poterci riabbracciare senza
chiederci niente, pronto a fare festa per noi in questa Pasqua di
Risurrezione.
Giuseppe, il
nostro poeta
Cantare
con gioia
Cantare
festosi del Signore l’arrivo,
cantare
con gioia la gloria del Padre.
Cantare,
cantare con gioia.
E’
l’inno del bene,
trionfa
sul male,
glorifica
l’Uomo.
Cantare,
cantare con gioia.
Una
festa di bimbi,
che,
garruli corrono
incontro
a quell’Uomo.
Cantare,
cantare con gioia.
Felici
essi corrono
a
dire di sì,
e
vedono, sentono,
capiscono,
loro,
ma
i grandi non so.
Cantare,
cantare con gioia.
Il
tempo ora corre,
destino
feroce,
che
corre veloce.
Cantare
non più
or
presto
il pianto che arriva,
il
buio che incombe
nel
ciel burrascoso
Cantare
non più,
pregare
rimane
a
chi ama Gesù.
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