Terzo commento di Padre Augusto Drago, del prologo del vangelo di Giovanni
“IN LUI ERA LA VITA E LA VITA ERA LA LUCE DECLI
UOMINI. LA LUCE SPLENDE
NELLE TENEBRE MA LE TENEBRE NON L’HANNO VINTA” (Gv
1,4-5).
Nella riflessione
precedente ci siamo posti una domanda assolutamente fondamentale per l’uomo: chi
è “Lui” il Cristo Gesù? Giovanni
al primo versetto del Prologo al suo Vangelo ci aveva risposto: è la Parola
eterna, eternamente generata dal Padre e che con afflato affettivo sta davanti al Padre in
atteggiamento di amore.
Nei versetti seguenti Giovanni, con occhi di aquila, ci fa
scoprire altre cose di questa Parola.
“Parola” dice comunione, dialogo. Là dove c’è comunione e
dialogo c’è prima di tutto la vita,
vista non nel suo momento statico, ma dinamico, non dal punto di vista
strettamente biologico, ma nelle sue componenti affettive, intellettive e
volitive.
In Lui era, dunque, la
vita. “Era”: siamo dunque rimandati al “Principio”. Quando le realtà
create cominciano ad esistere, già la vita era nel Verbo. Quale? Quella del
Padre. Tutta la realtà del Verbo è riferita a questa vita: Egli la riceve dal Padre e la ridona al Padre in una
circolarità d’amore. Questa vita, il
Verbo a sua volta la comunica agli uomini perché anch’essi abbiano comunione
con il Padre e il Figlio: “queste cose vi diciamo perché la vostra gioia sia
piena” (I Gv 1, 4).
In Giovanni spesso ritorna questo tema della vita: “Sono venuto perché gli uomini
abbiano la vita e la abbiano in maniera piena” (Gv 10, 10); “chi crede
in me ha la vita” (Gv 3, 36); “Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo,
perché noi avessimo la vita per lui ( Verbo, Gesù Figlio di Dio)” (Gv 3,
15). Dio ci ha dato la vita eterna
e questa vita è nel
Figlio (Cf. Gv 5, 26). In tal modo siamo chiamati ad entrare nella
“circolarità” dell’amore-vita del Padre e del Figlio.
Se potessimo veramente prendere consapevolezza di questa
“chiamata” che dà le vertigini!
Ma che cos’e la vita oggi per l’uomo? Un vivere senza
orizzonti di speranza, un vivere per sé, una manipolazione, una violenza
perpetrata ai danni dei deboli, degli indifesi, dei bambini, una vita che è
negazione della vita e che, contraddittoriamente, esalta la morte. Perché
avviene tutto questo? Perché si è smarrita la via dell’amore che è il
linguaggio proprio e naturale della vita.
La vita era la luce degli
uomini:
Di questa vita
ricevuta dal Padre e donata agli uomini, poi, Giovanni fa una affermazione: “La
vita era la luce degli uomini”. La
Luce nella Bibbia è il
simbolo che trasmette ed indica la realtà di Dio: “Egli si riveste di luce
come un manto” (Sl
104, 2).
Giovanni nella sua prima Lettera decodifica, per così dire,
questo simbolo: “Dio
è luce e in lui non ci sono tenebre... Se camminiamo
nella luce, come Egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli
altri...” (1 Gv 1, 5b-7). Il simbolo decodificato stabilisce questa
“equazione”: Luce = comunione.
L’affermazione del Prologo, dunque, sembra dirci che la vita
vera si ha quando c’è comunione,
perché la vita che è nel Verbo è comunione
con il Padre. Dio è comunione!
La prima Parola pronunciata da Dio nella Bibbia si esprime
in termini di luce: « “Sia la luce”, e la luce fu» (Gen 1, 3).
Nell’interpretazione patristica queste parole vengono lette come se Dio, che è comunione (=Mistero Trinitario) si
autoeffondesse nell’ambito della creazione imprimendo ad ogni essere creato la
sua realtà di comunione perché tutto
potesse vivere in Dio e per Dio nel Suo Verbo.
La luce splende nelle
tenebre: Questa luce
è più forte delle tenebre! E nell’uomo, è dentro la realtà creata. Vincerà,
alla fine, splenderà piena, vittoriosa
contro le tenebre della divisione e del peccato e della morte. Qui
troviamo il senso della speranza che Gesù è venuto a portarci nella sua
Incarnazione. “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12). Ci possono essere
momenti in cui questa luce può essere appannata, offuscata, ridotta ad una
fiammella… tutto il senso della vita può
sembrare smarrito. Ma la luce è
Lui; usciremo dalle tenebre
quando sapremo finalmente dire: “E’ in te la sorgente della vita, alla tua
luce vediamo la luce”(SI 3,10).
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