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sabato 10 marzo 2018

Domenica della gioia: esultiamo, il Signore dona salvezza



Quarta domenica di quaresima – Anno B – 2018

Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui




Questa quarta domenica di quaresima la liturgia ci richiama ad assecondare la volontà divina. Incominciando dalla prima lettura possiamo percepire quanto buono è il Signore, pronto a perdonare, lento nel giudicare, paziente nel castigare, misericordioso verso chi chiede misericordia. La liturgia di questa domenica anche se fa intravedere la croce, è un richiamo alla gioia, un viaggio verso la luce: è un invito alla fede in Dio e a compiere le opere in Lui.
L’amore incondizionato di Dio in Gesù esige la risposta dell’uomo. Dio ha fatto la sua parte:” Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Salvezza vuol dire riconciliazione, riconoscenza, ringraziamento, lode.

L’esaltazione nel vangelo di Giovanni è il centro di tutta la rivelazione della salvezza: la morte in croce di Gesù è l’ora tanto attesa quanto osteggiata della Redenzione, quell’ora diventerà per ogni uomo l’attimo che cambierà la sua vita, il momento in cui per mezzo dello Spirito Santo potremo dire: “Credo in te, Gesù, mio Salvatore”.

Nella prima lettura, tratta dal secondo libro delle Cronache, ci viene raccontato che tutto il popolo di Israele si era dato ad ogni infedeltà e abominio, tanto che il Signore, nella sua immensa bontà, mandò i profeti per redimerlo, ma questi non sono serviti perché non ascoltati dal popolo. Arriva “il castigo divino”.
I nemici distrussero le mura di Gerusalemme, il tempio e tutti i palazzi eleganti . Quelli che non furono uccisi furono deportati in Babilonia e vi rimasero schiavi per 70 anni e solo quando, ispirato dallo Spirito del Signore venne Ciro re di Persia, poterono essere liberi e tornare alla propria terra.

Dal secondo libro delle Cronache 2Cr 36, 14-16.19-23

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi
[i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.

Il re [dei Caldei] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”.

Nella seconda lettura l'apostolo Paolo ci ricorda come la salvezza ci viene solo da Dio il quale ha fatto opere grandiose per noi e perché noi ce ne servissimo. Possiamo nascondere i nostri peccati, ma non possiamo dimenticare le opere buone, perché sono necessarie a noi e sono attese dagli altri, forse abbiamo persino timore di pronunciare questi termini che riteniamo sorpassati, ma quando le compiamo possiamo anche cancellare le nostre impronte purché venga messo in evidenza chi le ha ispirate.

La salvezza ci viene solo da Dio, noi siamo opera di Dio gli apparteniamo ed Egli ci ha salvato per mezzo del Cristo Gesù.

Dalla lettera dell'apostolo Paolo Ef 2,4-10

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo”.


Il brano del Vangelo segue il dialogo di Gesù con Nicodemo. Non è più un dialogo ma un monologo: difficile affermare che siano parole di Gesù rivolte ancora a Nicodemo o una riflessione dell’evangelista Giovanni, forse di tutti e due.
Questa riflessione comunque dà credito alla missione di Gesù: radicata nella storia di Israele la missione di Gesù apporta il compimento delle Scritture.

Dal vangelo secondo Giovanni Gv 3,14-21
 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio."
 
Questo brano di dell'evangelista Giovanni segue il dialogo di Gesù con Nicodemo. Non è più un dialogo ma un monologo: difficile affermare che siano parole di Gesù rivolte ancora a Nicodemo o una riflessione dell’evangelista Giovanni, forse di tutti e due.
Questa riflessione comunque dà credito alla missione di Gesù: radicata nella storia di Israele la missione di Gesù apporta il compimento delle Scritture.


Gesù ci rivela che il piano salvifico del Padre prevedeva la sua morte in croce. L’innalzamento del serpente da parte di Mosè nel deserto strappava alla morte gli ebrei infedeli, l’innalzamento sulla croce di Gesù, il Figlio dell’uomo, sarà segno di salvezza per coloro che crederanno in Lui.
L’innalzamento sulla croce coincide con l’esaltazione di Gesù, come per l’innalzamento del serpente nel deserto indicava la potenza di Dio.

Quanto vere sono le parole di Gesù riportate dall'apostolo prediletto.
Comprendiamo bene le parole di Gesù, che sono dunque un invito a guardare al Figlio dell’uomo, innalzato in croce come il serpente innalzato da Mosè: chi guarda al crocifisso, trova salvezza e vita. Questo innalzamento del Figlio dell’uomo è il segno che “Dio ha tanto amato il mondo”, questa nostra umanità, “da dargli in dono il Figlio unico”, cioè se stesso.
Lo ha donato inviandolo nel mondo, quale Figlio diventato uomo tra gli uomini, non per giudicare il mondo, ma per salvare il mondo, perché “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4); non vuole condannare il mondo ma vuole che tutti “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).



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