“Voi
stessi date loro da mangiare”.
Festa del
Corpo e sangue di Cristo -Anno C
Dal
Vangelo secondo Lc, 9,11b-17
Al
loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che
avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte,
verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e
lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio
e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Parola del Signore!
Enzo: Ho voluto riportare i versetti 10,11 per inquadrare meglio ciò che accade nel brano che la liturgia ci propone in questa domenica in cui celebriamo il Corpo e il Sangue di Gesù, Corpus Domini.
I dodici apostoli sono appena tornati dal giro missionario voluto da Gesù. Felici della loro esperienza raccontano a Gesù quanto avevano fatto, annunciato il Regno di Dio, guarito infermi, schiacciati spiriti immondi, tutto nel nome di Gesù. I dodici apostoli avevano sperimentato la potenza della Parola, ma anche la fatica.
Gesù, ascoltateli, li prende con sé e li conduce in un luogo appartato dirigendosi verso Betsaida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono, come dire, rompono le uova nel paniere. Gesù non può fare a meno che accoglierle, parlare del Regno di Dio e guarire quanti avevano bisogno di cure. Gesù e gli apostoli non hanno avuto quei momenti di riposo e per vivere insieme rapporti di fraternità, non si sono irrigiditi nelle proprie esigenze, ma hanno avuto una disponibilità incondizionata, associandosi così all'opera di Gesù.
Il tempo con Gesù passa veloce, e il giorno cominciava a declinare: gli apostoli, vedendo la situazione della gente, stanca e affamata, sollecitano Gesù a concederla perché vada a trovare cibo. Ma a Gesù non piace la proposta: “Voi stessi date loro da mangiare”.
Secondo
i discepoli la gente avrebbe dovuto comprarsi da mangiare , per Gesù,
invece, il comprare va sostituito con il condividere, sentirsi
coinvolti nel bisogno altrui, anche se si ha poco, anche se si
possiedono soltanto cinque pani e due pesci. Gesù non vuole sfamare
soltanto la gente, ma compiere “un segno”, rivelatore di come Dio
vorrebbe il mondo. Contemporaneamente l'attenzione oltre che sulla
potenza di Gesù, va posta anche sul discepolo.
Non
si tratta di una prefigurazione simbolica dell'eucaristia, ma di una
vera e profonda rivelazione di Gesù e della sua esistenza: il suo
corpo martoriato e crocifisso sarà donato per tutti, e tutti i
discepoli potranno continuare a riconoscere il Signore e a
incontralo.
L'apostolo
Paolo così ci riallaccia con la viva tradizione delle prime comunità
cristiane: 1 Corinzi 11,23-26:
“Io,
infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho
trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese
del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il
mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso
modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo
calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta
che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta infatti che mangiate
questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore,
finché egli venga!.
- - il senso
dell'offerta, del sacrificio di Colui che si fa “spezzare” la
carne e “versare” il sangue per il bene dell'umanità, di tutta
l'umanità...
- il senso dell'alleanza, nuova e ultima alleanza di Dio con l'umanità, impossibile senza l'iniziativa di Dio.
-il senso del dovere, costantemente fare memoria di tutto ciò, perché siamo stati comprati, salvati a caro prezzo
- il senso del servizio verso i fratelli.
- Infine il corpo e sangue di
Gesù sono cibo vero, soprannaturale, dono gratuito che sazia il
nostro corpo e la nostra anima di credenti.
Mariella: L'Eucaristia è la memoria del dono che Cristo fa della sua vita per il mondo: è il compimento del progetto del Padre che ha mandato il proprio Figlio nel mondo perché, assumendo la natura umana, potesse amare il mondo sino al dono totale di sé e attirandolo a sé, ricondurlo nell'unità dell'amore del Padre.
Il contesto in cui Luca colloca questo evento della moltiplicazione dei pani, riguarda la formazione degli Apostoli per la missione nel mondo. Gesù in quel tempo predicava alle folle, guariva gli ammalati, cacciava i demoni, ma da lì a poco il compito sarebbe passato ad suoi Apostoli, Egli sarebbe tornato al Padre. Per questo li educa, perché imparino da Lui che cosa significa accogliere la folla, annunciare il regno di Dio e guarire i mali dell'umanità.
Il rischio più grande che i Dodici possono correre nella loro missione è di guardare al mondo con il loro sguardo e non con quello di Gesù, di costruire il proprio regno e non quello di Dio, di predicare il Vangelo ma non metterlo in pratica, di chiudersi soprattutto in una cerchia ristretta di eletti e non aprirsi agli altri. Difatti essi invitano Gesù a congedare le folle, il loro desiderio è di appartarsi col Maestro escludendo le folle stanche ed affamate. Gesù non condivide questo loro desiderio di considerarsi eletti disinteressandosi di quel che succede agli altri, per questo educa i Dodici perché imparino da Lui che cosa significa esser suoi discepoli.
“Voi stessi
date loro da mangiare” La logica del regno di Dio è l'Amore
sempre, non la chiusura, l'egoismo, il tirarsi fuori.
"Non
abbiamo che cinque pani e due pesci... a meno che andiamo noi a
comprare". Ancora i Dodici fanno leva sulla logica umana: è
impossibile con così poco provvedere a molti, non rimane che
comprare, ma come è possibile, per così tanta gente?
"Fateli
sedere a gruppi...": la logica del regno è la comunione, la
folla che diventa un popolo ordinato. "Egli prese i cinque pani
e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e
li dava ai discepoli perché li distribuissero": i gesti che
Gesù compie, sono quelli che troviamo nell'ultima cena, nella
eucaristia. Egli ci mostra che la logica del regno di Dio non è
quella per cui ognuno pensa a se stesso: è la logica dell'Amore
gratuitamente ricevuto, gratuitamente donato.
La missione dei Dodici consiste nell'essere nel mondo coloro attraverso i quali passano i doni dell'Amore di Dio: l'Eucaristia è il sacramento nel quale il dono della vita di Cristo trasforma la nostra vita perché noi a nostra volta diventiamo un dono per il nostro mondo, che in questo modo non è più il luogo della solitudine, dell'egoismo e della morte, ma un giardino in cui fiorisce la vita.
Ma abbiamo il coraggio di abbandonare la logica della nostra razionalità calcolatrice, per seguire quella della gratuità dell'amore di Cristo?
Riflessioni
tratte da un commento di Mons. Gianfranco Poma

NB: per chi volesse approfondire potrà leggere un commento di Padre Augusto Drago al vangelo nella sua pagina