La
Redenzione si avvicina! Rallegriamoci arriva la luce!
La liturgia di questa domenica, chiamata domenica della letizia, invita a rallegrarci, a gioire. La ragione profonda di questa gioia è il Vangelo, è Gesù stesso, accanto a noi come luce e salvezza. Ha scritto papa Francesco: "La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia". La nostra tristezza diventerà gioia
Rallégrati,
Gerusalemme,
e
voi tutti che l’amate, riunitevi.
Esultate
e gioite, voi che eravate nella tristezza:
saziatevi
dell’abbondanza.
Nella
prima lettura tratta dal profeta Samuele si anticipa profeticamente
quello che Gesù rivelerà compiutamente: il Signore non guarda le
apparenze, ma guarda il cuore. Israele ha voluto a tutti i costi un
re per rispondere in modo efficiente ai vari attacchi armati dei
popoli vicini.
Nella
lettera agli Efesini l'apostolo Paolo afferma che con il
battesimo, in seguito alla conversione, generata in noi dalla Parola
del Vangelo, il cristiano è divenuto luce in Cristo Luce.
Nel
Vangelo di oggi Gesù guarisce un uomo cieco dalla nascita. La
domanda che il Signore Gesù rivolge a colui che era stato cieco
costituisce il culmine del racconto: "Tu credi nel Figlio
dell'uomo?". Quell'uomo riconosce il segno operato da Gesù
e passa dalla luce degli occhi alla luce della fede: "Credo,
Signore!"
“Le
tre letture pongono il problema del discernimento.
Si tratta del difficile discernimento
di
Samuele per scegliere colui che Dio ha eletto tra i figli di Iesse.
Per discernere occorre
guardare
come Dio stesso guarda, nella coscienza che se «l’uomo vede
l’apparenza,
ma
il Signore vede il cuore» (1 Sam 16,7), o, come recita l'antica
versione siriaca: «l'uomo
guarda
con gli occhi, il Signore guarda con il cuore». Nella seconda
lettura il discernimento
è
richiesto al battezzato che, nella situazione in cui è «luce nel
Signore», è chiamato
a
discernere ciò che è gradito a Dio (Ef 5,10-11). Il brano
evangelico si apre con il diverso
sguardo
di Gesù e dei discepoli su un cieco, e prosegue con il percorso che
porta il
cieco
guarito a discernere la vera qualità di Gesù e a confessare la fede
in lui, mentre altri
protagonisti
dell'episodio si chiudono a tale discernimento e restano nella cecità
spirituale”(cfr. Gv 9,39-41).(Lectio domenicale, fonte
Emanuel Jesus Garcia, Catechista 2.0)
1
Samuele 16,1.4.6-7.10-13
Il primo re fu un beniaminita alto e bello di nome Saul. Il potere gli diede presto alla testa, ed egli cominciò a trasgredire le istruzioni di Dio. Per la sua disobbedienza il figlio Gionata non ereditò il trono. Al suo posto Dio ordinò a Samuele di ungere Davide nuovo re d'Israele.
Samuele
con l'aiuto della parola di Dio sceglierà il più piccolo dei sette
figli di Iesse, Davide, come re di Israele. Gesù
è il discendente di Davide, il germoglio che spunta dal tronco di
Iesse, su cui, secondo Isaia, si posa lo Spirito del Signore. Dio
sceglie la piccolezza, per fare cose grandi, “perché nessuno, dirà
poi l'apostolo Paolo, “possa gloriarsi davanti a Dio” (1Cor
1,28).
In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato.
Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».
Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto.
Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.
Dalla lettera di Paolo apostolo agli Efesini 5, 8-14
Con
il battesimo, in seguito alla conversione, generata in noi dalla
Parola del Vangelo, il cristiano è divenuto luce in Cristo Luce.
Questa la sua nuova realtà.
La
luce è Cristo, solo Lui. Non ci sono altre luci nel mondo, né
piccole, né grandi. Quanti partecipano della luce lo fanno perché
sono inseriti vitalmente in Cristo Gesù. Non basta essere stati
immersi nel battesimo per essere luce nel Signore. Il battesimo ci ha
costituiti luce, figli della luce, ma in Cristo Gesù.Si è luce nel Signore se si rimane in Cristo. Se non si è in Cristo, neanche si può essere luce nel Signore. Ma come si rimane ancorati vitalmente al Signore?
La risposta di Paolo è perentoria: si rimane ancorati nel Signore attraverso il comportamento, l’azione, le opere che si fanno.
Non sono i pensieri, le idee, i buoni propositi, le dichiarazioni di intenzioni, neanche la conoscenza della verità che ci fa essere figli della luce.
Siamo stati fatti figli della luce nel battesimo, cresciamo come figli della luce negli altri sacramenti. Viviamo però come figli della luce, se compiamo le opere della luce.
“Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».
In
quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi
discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi
genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha
peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate
le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha
mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può
agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto
questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il
fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella
piscina di Sìloe», che significa “Inviato”.
Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora
i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un
mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere
l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No,
ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora
gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?».
Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me
lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e
làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la
vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?».
I
genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e
che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli
abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha
l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori,
perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già
stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse
espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha
l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia».
Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non
sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio
non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua
volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai
sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se
costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli
replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo
cacciarono fuori.
Gesù
seppe che l’avevano cacciato fuori; quando
lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?».
Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?».
Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?».
Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?».
Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
La
redenzione si avvicina, arriva la Luce.
Il
contenuto teologico del racconto è interamente incentrato sul
mistero della persona di Gesù, che causava un giudizio di condanna
per coloro che non credevano nella sua parola e l’illuminazione di
coloro che l’accoglievano con fede. La vera cecità non era quella
del cieco guarito, ma l’incredulità dei giudei e dei farisei,
persuasi di possedere la verità persistendo nel rifiuto dell’Inviato
di Dio.
Gesù
si presenta come “la luce del mondo”. Egli era stato mandato dal
Padre per irradiare la luce della “verità”. Finché durava la
sua vita terrena (“finché è giorno”), doveva compiere le opere
del Padre insieme con i suoi discepoli, coinvolti nella sua missione:
“Bisogna che noi operiamo le opere di Colui che mi ha mandato…”.
Non
lo fa forse anche oggi Gesù assimilandoci a Lui nella sua opera?
La
sua presenza nel mondo rappresentava un giorno luminoso: le sue gesta
manifestavano il disegno salvifico di Dio.
La
“notte” si riferisce alla fine della sua vita, determinata dal
rifiuto di Gesù-Luce da parte dei capi dei giudei increduli,
avviluppati dalle tenebre di morte.
Questo
brano ci consente di immedesimarci con il cieco nato. Se noi non
siamo più ciechi è solo perché siamo stati gratuitamente
illuminati da Gesù, la luce vera che illumina ogni uomo. Siamo,
dobbiamo essere luce nel nostro ambiente elevando i nostri cuori
verso Dio che ci guida dallo stato di disagio (peccato), causato
dalle tenebre, allo splendore della luce e della fede (misericordia).
Ciò comporta prima la consapevolezza della propria cecità e poi
l'accettazione del dono della fede, significata dalla luce di Cristo
che ci rende figli della Luce. Siamo sulla scia della volontà del
Padre?
Il
dialogo che segue tra Gesù e il cieco nato, la volontà espressa da
coloro che che non credevano alle parole di Gesù vanno interpretate
con con quel dono di discernimento da figli della luce: non
sono i pensieri, le idee, i buoni propositi, le dichiarazioni di
intenzioni, neanche la conoscenza della verità che ci fa essere
figli della luce.
«Lo
hai visto: è colui che parla con te». Come il cieco
rispondiamo: «Credo, Signore!», tu sei la Parola del Padre.
Noi
non abbiamo conosciuto Gesù di persona, sappiamo che vive nel nostro
cuore, dobbiamo fare lo sforzo di conoscere meglio la Parola per, (ma
senza assillo) ,adeguare il vivere al credere, la morte alla vita,
il peccato al perdono misericordioso di Dio, la paura alla gioia, la
gioia , tanta gioia in vista della felicità eterna. Gesù parlerà
con noi!
“Forse
potrà accadere anche a noi di non essere compresi come accadde a
quel cieco, che dopo aver riacquistato la vista, non viene creduto e
suscita perplessità tra coloro che da tempo lo conoscevano.
Ma
proprio mentre gli altri lo cacciano, Gesù non lo abbandona, lo
cerca e parla ancora con lui. Gli domanda: “Tu, credi nel Figlio
dell’uomo?” e l'uomo risponde: “E chi è, Signore, perché io
creda in lui?”
Gesù
afferma: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. E
prostrandosi dinnanzi il cieco grida:”Credo, Signore!” Vogliamo
fare anche un po' nostra questa certezza?” (Mariella)
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