“Tanto
è il bene che mi aspetto, ch’ogni pena m’è diletto”.
Domenica
28ma del tempo ordinario Anno B : 11 ottobre 2015
Dal
vangelo secondo Mc 10,17-31
Mentre
andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in
ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo
fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse:
«Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu
conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non
rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua
madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho
osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo
su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi
quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e
vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e
se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».
Parola
del Signore!
Mariella: Gesù
è di nuovo in movimento, non viene specificata la meta ma si pensa
che ormai stia incamminandosi verso Gerusalemme ultima tappa, essendo
già stata annunciata per due volte la sua imminente passione e
morte.
Il racconto si
snoda in due parti, la prima riguarda il dialogo fra Gesù e un tale,
la seconda fra Gesù e i suoi discepoli.
Nella prima
parte, il colloquio è delimitato da un correre incontro e un
andarsene rattristato. Quel tale, protagonista del racconto, è un
ricco senza nome e senza volto, anzi, per meglio dire, di lui
ricorderemo il suo volto scuro con cui se ne andò amareggiato.
Questo personaggio corre incontro a Gesù e si getta ai suoi piedi
chiamandolo “Maestro buono”, dunque lo ritiene veramente capace
di insegnare la retta via, gli rivolge una domanda: “Che cosa devo
fare per ereditare la retta via?” possiamo immaginare che è un
credente, uno che crede nella vita futura con Dio e vuole
raggiungerla, vuole meritarla.
Per questo si
rivolge a Gesù, il quale a sua volta lo rimanda ai comandamenti e
cita alcuni di essi, in particolare quelli che si riferiscono alle
relazioni con il prossimo. I comandamenti che riguardano Dio sono
facili da praticarsi se si prescinde dai secondi. Ma solo chi si
esamina sui secondi con serietà può dire se ha osservato i primi.
Quel tale
risponde che li aveva osservati fin dalla giovinezza e Gesù lo
guarda con affetto, perché comprende che infondo è ben intenzionato
verso un cammino di santità e allora cerca di fargli capire che non
basta ad esempio non rubare, ma che bisogna essere disposti a
condividere, per questo lo invita a vendere tutti i suoi averi, darli
ai poveri, per ottenere un tesoro in cielo.
Infatti la via
della vita consiste nell’arricchirsi davanti a Dio e non
nell’accumulare tesori sulla terra!
Ma ad una
proposta così audace e radicale fatta da Gesù, quel tale rispose nò
e se ne andò con volto triste e scuro. Marco sottolinea: “aveva
troppe ricchezze” quasi che questi beni fossero come un enorme
macigno che ostacola il cammino verso la vita eterna.
Gesù allora si
guarda intorno, ritrova i suoi discepoli stretti intorno a Lui, anche
se spaventati non se ne vanno. Egli sta soffrendo per
l’allontanamento di quell’uomo, ma certo non può fare sconti
sulle esigenze della sequela, o si è disposti a perdere la vita per
donarla agli altri, o non si può essere suoi discepoli.
“Com’è
difficile entrare nel Regno di Dio!” I discepoli impauriti
aggiungono: “Ma allora chi potrà salvarsi?”
Salvarsi non è
potere dell’uomo, ma è dono gratuito di Dio, solo quando si
accoglie il Vangelo e lo si mette in pratica si cammina verso la vita
vera, sostenuti dalla forza di Dio che è in noi.
Per salvarsi
bisogna prendere le distanze dalle ricchezze, ma questo non basta,
bisogna seguire il Signore, imitarlo, vivere come Lui ha vissuto,
lasciarsi coinvolgere totalmente nel suo destino di morte e di vita.

Come all’annuncio
del Vangelo, Gesù sperimenta la contrarietà dei suoi stessi
parenti, così dovranno fare anche i discepoli. E se essi non avranno
paura, per amore del suo Vangelo, di affrontare rotture famigliari,
ostilità e perfino persecuzioni, otterranno su questa terra il
centuplo di quanto hanno lasciato. Essi infatti ritroveranno nella
comunità di fede, una vera famiglia, tanti fratelli riuniti
dall’amore di un solo Padre e questa gioia, dopo le tribolazioni
terrene, non avrà mai fine!
Questa è la sola
ed unica via della vita che Gesù indica ai suoi e aggiunge ancora
una volta che essi dovranno considerarsi ultimi e servi di tutti, per
poter essere primi nel giorno della ricompensa.
Questi
insegnamenti ora li rivolge a ciascuno di noi, vogliamo anche noi
andarcene con volto scuro e rattristato? Oppure li accoglieremo con
la gioia propria dei veri cristiani?
Enzo:
Molto bella questa pagina di Marco e contemporaneamente molto dura e
sconcertante; bella per chi segue il Maestro con tutto il cuore,
sconcertante per chi crede sempre ai beni di questo mondo, incerta
per il credente che pensa di essere nel giusto per avere osservato
le regole, le leggi.
L'evangelista
Marco con l'episodio dell'uomo ricco, rimasto senza nome, e per
Matteo era un giovane, ci comunica il pensiero di Gesù sulla
ricchezza, sui ricchi, e ci ripropone il tema della sequela, del
discepolato.

“Gesù
fissò lo sguardo su di lui, lo amò”.
Per nessono degli
apostoli è stata usata questa frase dagli evangelisti: tutti lo
seguirono “subito” senza farsi domande perché avevano visto in
Gesù il liberatore del popolo ebreo, non si accorsero dell'amore di
Gesù per loro, ma sperarono in un futuro migliore. Sappiamo che
spesso si mostrarono titubanti, ignoranti e per ultimo abbandonarono
il Maestro.
Quando Gesù
chiama e prende l'iniziativa vuol dire che vuol fare qualcosa di
meraviglioso a chi lo seguirà. Ogni chiamata di Gesù implica la sua
iniziativa, non siamo noi a scegliere! L'urgenza nel seguirlo, il
distacco dai beni e dagli affetti, richiede un sì deciso
La
sequela, lo abbiamo letto, è qualcosa di più della semplice
osservanza della legge: “Ma
a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò
rattristato, possedeva infatti molti beni”.
Sia il giusto che il peccatore hanno un
distacco da fare, e Gesù lo propone in maniera radicale, e
l'adesione deve essere premurosa, veloce, per sempre.
Levi, l'esattore
delle tasse,il peccatore perché amico dei romani, accttò l'invito;
il giovane ricco, uomo giusto, lo rifiutò.
Gesù ripropone
in questo episodio anche il concetto della ricchezza, il problema
della ricchezza, esponendo un severo giudizio sui ricchi, lasciando
perplessi i presenti: “Quanto è difficile, per quelli
che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”
La dura richiesta
di Gesù e soprattutto il suo severo giudizio sulla ricchezza ("è
più facile che un cammello passi per la cruna di un ago...")
suscitano nel discepolo perplessità e interrogativi.
Anzitutto
perplessità: di fronte alla proposta cristiana il discepolo si
smarrisce, è sfiduciato: se è così, chi si può salvarsi?
La risposta di
Gesù potrebbe sembrare evasiva, in realtà raggiunge il nocciolo del
problema: tutto è possibile a Dio, ed è soltantto questione di fede
e di fiducia. Bisogna aver fede, disponibilità: questo è l'ambiente
adatto perché la potenza di Dio si attui.
Attenti alla voce
e allo sguardo di Gesù che rassicurano e danno fiducia nonostante le
inevitabili difficoltà, togliendo ogni dubbio promettendo
l'assistenda divina: “Impossibile agli uomini, ma non
a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”.
Ai discepoli che
con la voce di Pietro speravano ricompense, alla paura del discepolo
che immagina la sequela come una strada impossibile, difficoltosa,
come un prezzo alto da pagare Gesù stupisce con la sua risposta
profonda: la vita eterna e il centuplo nel tempo presente.
E non è una proposta o promessa per infondere ottimismo: Gesù si
affretta a precisare: “in mezzo a persecuzioni”.
Seguire Gesù
richiede sacrifici ma non è una strada di morte, non è povertà ma
ricchezza, non è perdita ma guadagno, è gioia non tristezza.
“La
gioia, che riempiva il cuore di S. Francesco, è nata dallo stupore
con il quale nella semplicità e nell’innocenza del suo animo
contemplava tutta la realtà e gli eventi; ma specialmente nasceva
dalla speranza che alimentava nel cuore e mosso dalla quale
esclamava:
“Tanto è il bene che mi aspetto, ch’ogni pena m’è
diletto”.
Mi tornano in
mente le altre parole di Gesù che abbiamo commentato domenica
scorsa:
”chi
non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà
in esso”.
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Nei commenti potrai trovare il commento di Papa Francesco all'angelus in Piazza San Pietro.
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Nei commenti potrai trovare il commento di Papa Francesco all'angelus in Piazza San Pietro.
RispondiEliminaCari fratelli e sorelle, buongiorno.
Il Vangelo di oggi, tratto dal cap. 10 di Marco, è articolato in tre scene, scandite da tre sguardi di Gesù.
La prima scena presenta l’incontro tra il Maestro e un tale che – secondo il passo parallelo di Matteo – viene identificato come “giovane”. L’incontro di Gesù con un giovane. Costui corre verso Gesù, si inginocchia e lo chiama «Maestro buono». Quindi gli chiede: «Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?», cioè la felicità. (v. 17). “Vita eterna” non è solo la vita dell’aldilà, ma è la vita piena, compiuta, senza limiti. Che cosa dobbiamo fare per raggiungerla? La risposta di Gesù riassume i comandamenti che si riferiscono all’amore verso il prossimo. Al riguardo quel giovane non ha nulla da rimproverarsi; ma evidentemente l’osservanza dei precetti non gli basta, non soddisfa il suo desiderio di pienezza. E Gesù intuisce questo desiderio che il giovane porta nel cuore; perciò la sua risposta si traduce in uno sguardo intenso pieno di tenerezza e di affetto. Così dice il Vangelo: «fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (v. 21). Si accorse che era un bravo ragazzo… Ma Gesù capisce anche qual è il punto debole del suo interlocutore, e gli fa una proposta concreta: dare tutti i suoi beni ai poveri e seguirlo. Quel giovane però ha il cuore diviso tra due padroni: Dio e il denaro, e se ne va triste. Questo dimostra che non possono convivere la fede e l’attaccamento alle ricchezze. Così, alla fine, lo slancio iniziale del giovane si smorza nella infelicità di una sequela naufragata.
Nella seconda scena l’evangelista inquadra gli occhi di Gesù, e stavolta si tratta di uno sguardo pensoso, di avvertimento: «Volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!» (v. 23). Allo stupore dei discepoli, che si domandano: «E chi può essere salvato?» (v. 26), Gesù risponde con uno sguardo di incoraggiamento – è il terzo sguardo – e dice: la salvezza è, sì, «impossibile agli uomini, ma non a Dio!» (v. 27). Se ci affidiamo al Signore, possiamo superare tutti gli ostacoli che ci impediscono di seguirlo nel cammino della fede. Affidarsi al Signore. Lui ci darà la forza, Lui ci dà la salvezza, Lui ci accompagna nel cammino.
E così siamo arrivati alla terza scena, quella della solenne dichiarazione di Gesù: In verità vi dico: chi lascia tutto per seguirmi avrà la vita eterna nel futuro e il centuplo già nel presente (cfr vv. 29-30). Questo “centuplo” è fatto dalle cose prima possedute e poi lasciate, ma che si ritrovano moltiplicate all’infinito. Ci si priva dei beni e si riceve in cambio il godimento del vero bene; ci si libera dalla schiavitù delle cose e si guadagna la libertà del servizio per amore; si rinuncia al possesso e si ricava la gioia del dono. Quello che Gesù diceva: “Si è più beati nel dare che nel ricevere” (cfr At 20,35).
Il giovane non si è lasciato conquistare dallo sguardo di amore di Gesù, e così non ha potuto cambiare. Solo accogliendo con umile gratitudine l’amore del Signore ci liberiamo dalla seduzione degli idoli e dalla cecità delle nostre illusioni. Il denaro, il piacere, il successo abbagliano, ma poi deludono: promettono vita, ma procurano morte. Il Signore ci chiede di distaccarci da queste false ricchezze per entrare nella vita vera, la vita piena, autentica, luminosa. E io domando a voi, giovani, ragazzi e ragazze, che siete adesso in piazza: “Avete sentito lo sguardo di Gesù su di voi? Che cosa volete rispondergli? Preferite lasciare questa piazza con la gioia che ci dà Gesù o con la tristezza nel cuore che la mondanità ci offre?”…
La Vergine Maria ci aiuti ad aprire il nostro cuore all’amore di Gesù, allo sguardo di Gesù, il solo che può appagare la nostra sete di felicità.