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B E N V E N U T O !! Lo Spirito Santo illumini la tua mente, fortifichi la tua fede.


sabato 5 marzo 2016

Oggi siamo invitati a condividere la gioia del Padre misericordioso che accoglie e fa festa.


Rallégrati, Gerusalemme,e voi tutti che l'amate, riunitevi.

Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:

saziatevi dell'abbondanza della vostra consolazione.

Domenica quarta di quaresima – ANNO C


Dal vangelo secondo Lc 15,1-3.11-32


Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:


«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: «Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo». Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso». Gli rispose il padre: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»».

PAROLA DEL SIGNORE!
L'evangelista introduce questo capitolo con una annotazione molto importante: ci ricorda che l'accoglienza dei peccatori era un comportamento abituale di Gesù, e non poteva essere altrimenti essendosi fatto uomo per salvare l'uomo: possiamo dire con convinzione moderna che Gesù ci offre l'intima natura, il perfetto esempio della Buona notizia: nel Dna di Dio c'è scritto MISERICORDIA.


Gesù accoglie i peccatori e mangia con loro e questo gli procura critiche e mormorazioni: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Peccatori e pubblicani si avvinano a Gesù per ascoltare la sua parola, farisei e scribi si avvicinano per denigrarlo. Due atteggiamenti diversi: da una lato persone semplici che, anche se peccatori, cercano Verità, dall'altra gente di “Chiesa” brontola per l'operato di Gesù. Cambiano i tempi, cambiano gli uomini ma si ripetono queste posizioni contraddittorie. Spesso coloro che ci chiamiamo giusti, perché osservanti, non accettiamo il comportamento benevolo di Dio verso i peccatori invochiamo il castigo, vorremmo un padre più severo, più giudice e meno padre.

 La Chiesa tutta chieda perdono per le deviazioni storiche del messaggio misericordioso annunciato da Gesù.
Gesù vede, ascolta, non ribatte le parole dei dottori della legge, racconta invece questa meravigliosa parabola, che tante volte abbiamo letto, commentato, ascoltato nelle prediche. Una parabola che tutti possono capire se uomini di buona volontà. Una parabola valida per tutti i tempi che ci parla della gioia di Dio, la festa di Dio.

Sono parole di Gesù:


Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza”.

C’è gioia davanti a Dio per un solo peccatore che si converte”.


Facciamo festa, poiché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita”.


Siamo chiamati, on questa quarta domenica di quaresima a concentrarci sulla gioia di Dio per la conversione del peccatore, a raccontare ciò che prova Dio, non ciò che il peccatore deve fare , niente moralismo dunque, quel moralismo predicato al posto della Parola da annunciare. Gioia per il perdono ricevuto grazie alla Pasqua di Gesù che è più vicina.
E' proprio questa la novità della rivelazione evangelica che Gesù ci ha portato e continua a portarci ogni volta che leggiamo la sua Parola: il comportamento di Dio! Il comportamento del Papà dei papà per mezzo di Gesù. Oggi siamo invitati a condividere la gioia del Padre misericordioso che accoglie e fa festa.


Al centro di questa parola che la liturgia ci propone c'è sempre la figura del Padre al centro: un padre e due figli dei quali uno “peccatore” e l'altro “giusto”.


Il Padre: ciò che lo addolora è che il figlio sia lontano, a disagio. Gioisce del ritorno del figlio e come sempre quella casa è ancora la casa del Figlio.


Il figlio minore: va lontano dal padre perché vuole organizzarsi una vita indipendente, non vuole sottostare al padre, lo stare in casa gli pesa. Si allontana e sperpera in poco tempo ciò che aveva chiesto e ottenuto facendo la bella vita


Ma è questo il suo peccato? No, non è la vita libertina condotta lontano da casa, ma il pensare alla casa del padre come una prigione, la presenza del padre come insopportabile, l'allontanamento come libertà in una sola parola: peccato di infedeltà, il peccato che rompe ogni legame, ogni alleanza, ogni affetto, l'idolatria di ieri e di oggi.


Quando arriva il momento della solitudine, sente l'umiliazione di pascolare i porci e il disagio del castigo che da solo si è inflitto. Pensa al Padre lontano. ma non esprime grandi sentimenti di pentimento; è una conversione a sé, più che al Padre, intuisce il vero proprio interesse. La fame gli fa capire che ha sbagliato nel valutare le cose; è l'inizio di un cammino, decide di tornara dal padre ritenendosi indegno del suo perdono, disposto a riconoscere il proprio errore e ad assumere tutte le conseguenze, prima fra tutte la perdita del suo rapporto di figlio. 
 


Il Figlio maggiore: mostra fedeltà al padre per il suo comportamento a fianco del padre, ma si irrita per il trattamento riservato al figlio minore, suo fratello, fratello peccatore trattato meglio di lui, fratello perdonato prima ancora del suo pentimento: é un padre che non tiene conto della sua fedeltà:

«Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha, divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso» 

Questo figlio non gode del ritorno del fratello minore, della gioia del padre; non conosce l'amore paterno, la sua compagnia è una fatica. Eppure è un figlio osservante, giusto agli occhi degli uomini. Somiglia tanto agli scribi e farisei che abbiamo visto mormorare perché Gesù accoglieva i peccatori.


C'è da pensare che il figlio maggiore non si è lasciato convincere dal Padre, non ha partecipato alla festa: la conversione del “giusto” è, a volte, più difficile di quella del peccatore. E questo ci lascia un po' di tristezza addosso...


Noi uomini e donne, giovani, discepoli di Gesù quante volte facciamo la morale, giudichiamo gli altri, chi ci è vicino, pur sapendo che abbiamo un unico Giudice che si rivelerà tale solo alla fine della nostra vita e che finché il nostro cuore batte Lui spera sempre e chi spera ama e dona amore?




Mariella: Diamo uno sguardo al comportamento dei personaggi che Gesù ci pronone in questo brano di vangelo, in questa domenica quarta di quaresima: tre personaggi che possiamo identificare con Dio Padre misericordioso nel padre benestante, e di due figli che possiamo identificare con l'umanità.

Ci sono poi altre figure di minore importanza che non hanno un ruolo attivo, ma che sono venuti per ascoltare le parole di Gesù: pubblicani, peccatori, farisei e scribi.

Esaminiamo il figlio minore.
Chiedere l’eredità prima della morte del padre da parte di un figlio è un grave comportamento che evidenzia come il padre non conti nulla per lui. Lo dà già per morto. Il padre accoglie la richiesta del figlio e non sembra indignato: lo lascia nella sua libertà.   La parte di eredità che spetta al figlio minore è di un terzo dei beni, mentre al figlio maggiore, il primogenito, per legge spettavano i due terzi.

Il figlio vende i beni, li tramuta in denaro e se ne va in un paese lontano. In questo paese è sopravvenuta una carestia, il ragazzo riesce a trovare un lavoro inammissibile e il colmo della degradazione per un ebreo: pascolare maiali che erano ritenuti animali immondi (Lv 11,7)



Il testo ci dice che ciò nonostante, neppure con questo lavoro il giovane riesce ad avere il necessario per vivere e patisce la fame.

Mangerebbe anche solo il cibo dei porci, ma non gli viene dato neppure quello. Giunto a questo punto egli rientra in se stesso. Ricorda come i dipendenti nella casa del Padre avessero cibo in abbondanza. Decide perciò di mettersi in cammino, di percorrere all’inverso la strada della libertà che aveva scelto all’inizio,  tornare alla casa del padre, chiedendo non di essere riconosciuto come figlio, ma di poter lavorare come servo, perché comprende che la sua casa è nella casa del padre, che la vera libertà sta nell’essere in quella casa.    Rifiutando l’amore del padre, allontanandosi dalla casa paterna per rivendicare la sua autonomia ha compiuto il peccato di orgoglio di Adamo nel giardino, quando ha rinnegato l’amore del Creatore per impossessarsi di una falsa libertà.


Il padre gli corre incontro, prova tenerezza, è una tenerezza che zampilla dal punto più profondo del suo essere misericordia. Lo abbraccia e lo bacia con una delicatezza indescrivibile.    Il figlio avrebbe voluto inginocchiarsi, forse perché temeva un padre giustiziere, ma l’abbraccio e il bacio glielo impediscono.

Allora il figlio confessa la sua colpa, ma il padre non lo lascia neanche finire la frase, chiama un servo e gli ordina di portare la veste migliore, gli fa mettere l’anello al dito, segno del riconoscimento della sua dignità di figlio, i sandali ai piedi scalzi che portavano gli uomini liberi e non schiavi.   E poi c’è subito il banchetto con il vitello grasso.

Gesù propone spesso nelle sue parabole il banchetto come segno escatologico; in cielo mangeremo insieme.

Il figlio maggiore torna stanco dai campi e sente il suono delle musiche e della festa. Decide di non entrare e si informa da un servo, s'indigna e non vuole partecipare alla festa, espressione di una religiosità che non conosce: la misericordia e le esigenze dell’amore. Si lamenta con il padre che, a suo dire, non lo ha mai trattato così bene come sta facendo ora col figlio minore.
Non ha ricevuto nulla “ di più “ per la sua fedeltà e per il suo continuo impegno nel lavoro. Non è il padre che lui vuole, anzi, a dire il vero, non lo ha mai accettato avendo con lui solo un rapporto di “servilismo senza un rapporto filiale“.

Il padre cerca in tutti i modi di convincerlo che non è come lui e gli chiede di partecipare alla sua gioia per la nuova vita del fratello.


Non sappiamo se il figlio maggiore abbia poi accolto le parole piene di amore del padre…….. La parabola rimane……..aperta



 Ogni parabola non è rivolta solo alle persone di quel tempo, ma la Parola di Dio interpella me, te, noi, oggi.



Da un commento di Padre Augusto Drago (conclusione)

Fratelli e sorelle, quello che la Liturgia ci propone è la parabola che di gran lunga ha avuto

maggiore eco nel mondo della letteratura e dell'arte.

A tutti, figli maggiori e minori, Gesù stasera dice a noi:

Grande è l'Amore del Padre per tutti i suoi figli, quindi anche per noi.

Perché allora stare così freddi, ingrati, egoisti, sicuri di noi stessi?

Come mai il nostro cuore non gioisce di tanta ricchezza ed abbondanza d'amore?

Siamo chiamati a trasalire di gioia per essere stati perduti e poi trovati.

Forse non ne siamo del tutto capaci perchè non abbiamo mai sentita la lontananza dal

Signore, dal Padre, come l'hanno sentita i grandi santi convertiti.

Forse anche perché la nostra vita cristiana si trascina alla meno peggio, come tutti, senza

sussulti e rimpianti.

Una vita cristiana "normale"!No! fratelli e sorelle!

Il racconto si arresta bruscamente.

Il figlio maggiore deve ora decidere se partecipare alla festa.

Che cosa farà?

L'esito rimane aperto e, di conseguenza, questa domanda diventa nostra!

Come risponderemo? Andremo alla festa o no?















































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